Politica

La Macedonia preoccupa l'Europa e la NATO

28/06/2001 -  Anonymous User

Dopo i gravi incidenti accaduti lunedì scorso alla sede del Parlamento di Skopje la situazione ha raggiunto una tensione altissima. Stati Uniti e Gran Bretagna hanno autorizzato il personale non essenziale delle ambasciate ad abbandonare il paese. Ieri le forze di sicurezza macedoni sono entrate nel villaggio di Aracinovo, dopo che i guerriglieri albanesi l'avevano abbandonato nei giorni scorsi. Le truppe macedoni sono state seguite da osservatori internazionali e alcuni reporter, come previsto dagli accordi sulla smilitarizzazione di Aracinovo. Il villaggio dopo tre giorni di intensi bombardamenti è ridotto piuttosto male. Case sventrate e animali morti per le strade. Immagini dei combattimenti vengono trasmesse dalle televisioni che, dopo mesi di silenzio e dopo gli incidenti al Parlamento di Skopje, finalmente si sono accorte che è in atto (già dalla fine del mese di gennaio) una guerra.Le possibilità di soluzione sono legate ad un filo. Nella giornata di oggi è atteso a Skopje il neo eletto rappresentate europeo, l'ex ministro francese della difesa Francois Leotard.
Tuttavia l'uscita in pubblico di Leotard, come riferisce l'Ansa, è già stata macchiata da una sorta di equivoco. Leotard avrebbe dichiarato in un primo momento di considerare la partecipazione dell'Esercito di Liberazione albanese alle trattative, però il governo di Skopje aveva replicato immediatamente che se tali dichiarazioni fossero confermate, "Leotard non sarebbe ben visto". Ciò probabilmente ha indotto l'ex ministro francese a rimangiarsi qualche ora dopo quanto aveva detto escludendo qualsiasi dialogo politico con l'UCK e ad affermare che "i guerriglieri albanesi non avranno posto al tavolo della trattativa, che dovrà invece essere portata avanti solo con i legittimi rappresentanti dei partiti".
Una accordo sulla soluzione della crisi è atteso anche dalla NATO per poter far intervenire una task force di 3.000 uomini chiesta dal presidente Trajkovski per il disarmo dei guerriglieri. L'operazione della NATO, denominata "Essential harvest", secondo quanto dichiarato, non avrà compiti di interposizione, ma solo di raccolta delle armi dei guerriglieri, ed entrerà in azione solo se, e quando, verrà raggiunto un accordo tra il governo di Skopje e i leader degli estremisti albanesi. Il presidente americano George Bush, dopo aver approvato un decreto che impedisce a cittadini americani di finanziare gli attivisti albanesi di Macedonia e pone delle restrizioni alle visite degli stessi negli USA, ha dichiarato che non esclude un invio di truppe americane nella ex Repubblica jugoslava.
È scaduta, nel frattempo, alla mezzanotte di ieri sera la tregua che l'UCK aveva dichiarato il 15 giugno scorso al fine di facilitare il dialogo tra le parti in conflitto. Anche se l'impressione è che la tregua sia stata violata più volte, l'Esercito di Liberazione Nazionale ha dichiarato di aver aperto il fuoco "per autodifesa".
Sono in molti a temere un attacco diretto alla capitale Skopje. L'UCK, tramite colui che viene chiamato comandante Hoxha, ha fatto sapere di essere già all'interno della città con due battaglioni di civili che sono "pronti a compiere azioni per difendere la nostra gente". Lo scoppio di una guerra civile in Macedonia è - come ha affermato il coordinatore del Patto di Stabilità, Bodo Hombach - "sospeso a un filo".

Articolo

28/06/2001 -  Anonymous User

I leader dei tre partiti di opposizione del Paramento serbo, Branislav Ivkovic (SPS), Vojislav Seselj (SRS) e Borislav Pelevic (SSJ) hanno firmato, ieri, durante una conferenza stampa, nella stanza dei giornalisti del parlamento repubblicano l'Accordo dei tre partiti sulla richiesta per indire nuove elezioni su tutti i livelli (federale e repubblicano).
Alla conferenza stampa i leader dei tre partiti si sono impegnati a lasciare il lavoro parlamentare fino a quando non verrà presa una decisione sulla costituzionalità del Decreto del governo federale, riguardo la collaborazione del Tribunale dell'Aja. Pelevic ha inoltrato un appello al presidente Jugoslavo affinché annulli il decreto, mentre Seselj ha sottolineato che l'SRS non tollererà il capriccio del potere.
Ai giornalisti è stato distribuito il testo della richiesta per indire la prossima sessione del Consiglio dei cittadini del Parlamento federale, con un unico punto in agenda: la Proposta della legge sull'abolizione del decreto sulla collaborazione con il Tribunale dell'Aja.

Articolo

28/06/2001 -  Anonymous User

Il presidente del Partito popolare socialista (SNP) del Montenegro, Predrag Bulatovic ha annunciato che il Comitato principale di questo partito, durante la seduta che probabilmente avrà luogo lunedì, deciderà se il primo ministro federale Zoran Zizic e altri sei membri del Governo federale che provengono dal SNP consegneranno le dimissioni. L'SNP offrirà comunque l'appoggio alla DOS per un governo di minoranza.
Nella dichiarazione per la TV montenegrina la sera dell'altro ieri, Bulatovic non ha formalmente detto che il Comitato principale accetterà la restituzione del mandato da parte del primo ministro e dei ministri federali, ma ha sottolineato che tale decisione "arrotonderà la posizione politica" che l'SNP ha avuto dall'inizio riguardo la collaborazione con il Tribunale dell'Aja, e che il Comitato principale si incontrerà con la difficile questione su quali sono le ragioni per non accettare le dimissioni.

Articolo

27/06/2001 -  Anonymous User

VOA: allora cominciamo. Buonasera sig. Nano, buonasera sig. Berisha.
Nano: Buonasera sig. Elez, buonasera dottore.
Berisha: Buonasera.
VOA: Sig. Nano, in quanto partito al potere, ritenete di aver adottato tutti i provvedimenti necessari ad un corretto processo elettorale? Avete creato per gli altri partiti politici le condizioni per una concorrenza uguale?
Nano: penso che questo problema sia stato risolto. Abbiamo dato a tutti un'opportunità per un libero, corretto processo elettorale. Questa volta abbiamo il vantaggio del Codice Elettorale che si adegua agli standard europei. Abbiamo delle istituzioni e una credibile gestione delle elezioni, che non sono oggetto di contestazioni, abbiamo un registro con le liste degli elettori, realizzato con il contributo di tutti, inclusa l'opposizione, e penso che avremo un normale e tranquillo processo elettorale.
VOA: Dottor Berisha, quale sono le sue preoccupazioni per il processo elettorale e qual è il suo ruolo per garantire un normale processo elettorale? Siete stati accusati di voler creare problemi?
Berisha: i maggiori problemi delle elezioni di oggi sono: innanzi tutto, l'articolo 66 del codice elettorale, (denunciato anche dagli osservatori internazionali e da 10 partiti politici); stilato e difeso solo dai socialisti, che vogliono rubare il voto dei candidati indipendenti e turbare la rappresentatività dei voti dei cittadini albanesi, violando un principio molto importante. Mi auguro che la Commissione Elettorale trovi la forza per decidere oggi e per salvare il processo elettorale. Secondo, le liste sono un vero caos, e voglio ripetere quanto ho già detto alla comunità internazionale: nella circoscrizione 84, a Pogradec sono state registrate dodicimila persone, che non risiedono in questa zona, ma per la maggior parte sono militanti del PS. Io vi assicuro che stiamo facendo di tutto per risolvere questa anomalia, in modo che gli albanesi abbiano un corretto e libero processo elettorale.
VOA: sig. Nano, se confrontata al '97, l'Albania ha fatto dei progressi ma affronta ancora seri problemi, che secondo i vostri avversari, sono il risultato del mal governo socialista. La trasparenza con il pubblico non è stata assoluta e qualificante. Perché pensate che gli albanesi debbano darvi un secondo mandato di quattro anni?
Nano: Io penso che la trasparenza sia sempre esistita, non soltanto adesso in campagna elettorale. Dovunque vada, prima o dopo il dottore, i cittadini comprendono che noi abbiamo trovato un'inflazione al 43% e l'abbiamo ridotta al 4%. Abbiamo aumentato gli stipendi del 100% e le pensioni del 60%. Abbiamo assunto circa 150mila persone, abbiamo speso circa 1.5 miliardi di dollari per coprire il debito pubblico lasciatoci da Berisha, abbiamo costruito 150 km di autostrade e superstrade e abbiamo riparato 1500 km di strade rurali. Il problema è che, per quanto dice Berisha, vedo che è preparato a perdere le elezioni.
VOA: sig. Berisha, l'Albania sta affrontando ancora i problemi della crisi del '97. Come potete convincere gli elettori che il PD merita di ritornare al potere? Perché pensate che la vostra alternativa e quella di "Unione per la Vittoria" siano le migliori?
Berisha: penso che la nostra alternativa sia senz'altro la migliore. Oggi la disoccupazione in Albania è del 50%, su due albanesi uno è disoccupato: noi abbiamo un piano straordinario per l'occupazione degli albanesi. Penso che la riduzione delle tasse, che sono state raddoppiate, darà maggiore spazio e incentivi alla libera impresa in Albania. Noi abbiamo un programma che mira alla lotta alla povertà. Oggi l'Albania è uno tra i tre o quattro paesi più poveri del mondo, il cui reddito è un dollaro pro-capite, secondo la Banca Mondiale. Pretendere di aver aumentato gli stipendi e le pensioni è soltanto un' illusione. Per la verità i prezzi sono aumentati del 150%. Il nostro programma garantisce agli agricoltori l'esenzione dalle tasse, e i prodotti agricoli saranno protetti dal contrabbando. Nel nostro programma economico prevediamo la ristrutturazione dello Stato, degli investimenti stranieri. Noi non arricchiremo gli albanesi, saranno loro da soli ad arricchirsi, se noi riusciremo a lottare contro la povertà. Essi stanno aspettando con ansia il 24 giugno per esprimere il loro verdetto.
VOA: sig. Nano, lei e il sig. Berisha siete le due figure principali della politica albanese. I vostri avversari vi accusano di essere i fautori della tensione politica. Come si difende lei personalmente da queste accuse?
Nano: io non credo che a me sia rimasto altro da aggiungere sul mio ruolo di moderatore della politica albanese, sul mio ruolo nella moderazione delle tensioni tra la maggioranza e l'opposizione, anche quando ero in prigione a causa di Berisha, sul mio ruolo nella democratizzazione del PS e nella costruzione di una coalizione progressista orientata ai valori euroatlantici, a ciò che l'opinione pubblica dei Balcani e internazionale riconosce. I miei inviti e le possibilità di collaborazione non hanno ricevuto risposta, infatti i posti dell'opposizione nelle tavole di lavoro nazionali per l'integrazione euroatlantica sono rimasti vacanti fino ad oggi. Siamo decisi, anche dopo il 24 giugno quando Berisha sarà di nuovo all'opposizione, a continuare a lavorare con lui perché è veramente una delle maggiori personalità del paese.
VOA: Proseguiamo con la stessa domanda sig. Berisha, si dice che lei e Nano stiate tenendo in ostaggio l'Albania essendo il maggiore ostacolo ad una svolta. Di lei personalmente si dice che siate un politico che ama le proteste estreme e non accetta oppure non rispetta le forme istituzionali? Come risponde alle accuse e come dobbiamo intendere l'appello ad un "nuovo inizio"?
Berisha: sarò molto breve poiché ho stabilito una regola, una mia decisione, in questa campagna: di occuparmi del mio programma e non dei miei avversari. Nel caso in cui essi vogliano leggere in stile cinese dieci oppure quindici punti contro Berisha, io rido nel sentirli e mi occupo del mio programma. Per quanto riguarda la questione che Nano ha menzionato, non ha fatto bene a ricordare la prigione perché il perdono è sacro. Io ho perdonato il compagno Fatos Nano e l'ho perdonato davvero....
Nano: dopo quattro anni, compagno Sali
VOA: Proseguiamo con un'altra domanda. Sig. Nano, l'Albania è considerato un paese ad alto rischio per gli investimenti stranieri. Addirittura si dice che diversi clan e gruppi del crimine organizzato siano riusciti a controllare diversi settori dell'economia e più del 60% delle attività economiche sono illegali e irregolari. Come pensate di risolvere questi problemi?
Nano: ho capito. Noi siamo impegnati a collaborare con le istituzioni finanziarie internazionali e con le istituzioni specializzate dell'UE, dei governi occidentali che operano in Albania, al fine di realizzare quei programmi che permettano al paese, all'economia, alle istituzioni, all'amministrazione pubblica, di raggiungere i criteri richiesti per l'adesione all'Accordo dell'Associazione-Stabilizzazione e poi per realizzare le condizioni per l'integrazione europea. Queste attività sono pubbliche, trasparenti ed efficaci, tanto che sono aumentati gli investimenti stranieri. Solo nel corso del 2000 sono stati investiti 200 milioni di dollari. Per il 2001 si prevedono circa 240 milioni di dollari in investimenti stranieri, e circa un miliardo di dollari sono stati stanziati per interventi sulle finanze pubbliche nei prossimi quattro anni. Da questo punto di vista la guerra contro la corruzione sta dando dei risultati, la guerra contro i traffici illegali altrettanto. Ormai il progresso in tutti i campi ha indotto l'UE al Consiglio di Goteborg a sostenere l'avvio dei negoziati per l'Accordo dell'Associazione e Stabilizzazione.
VOA: le leggi per la lotta al crimine organizzato e la corruzione ormai esistono. Se il suo partito prende il potere quali sono i provvedimenti che intraprendete? Pensate che avrete la volontà di risolvere questi problemi?
Berisha: senza dubbio che la corruzione è il cancro vero di una società. La guerra contro la corruzione è una delle nostre priorità. Durante i quattro anni del nostro governo abbiamo lottato contro la corruzione, una guerra forte, abbiamo condannato i colpevoli, licenziato ministri e vice ministri, governatori e deputati del PD. Il Partito socialista ha sfruttato le privatizzazioni per pagare i debiti dei suoi governanti, e non c'è stato nessun investimento straniero. Il dicastero che affideremmo all'opposizione è il controllo dello stato.
VOA: sig. Nano, le previsioni indicano che i piccoli partiti non riusciranno ad ottenere buone percentuali nelle elezioni del 24 giugno. Quindi o il PS o il PD domineranno. Se il suo partito vince che cosa farete per intraprendere e per assicurare un nuovo inizio, perché anche l'opposizione sia inclusa nel governo del paese e non ne rimanga esclusa?
Nano: io riinvito Berisha, che se dopo il 24 giugno continuerà ad essere all'opposizione, continuerà lo stesso ad avere il Controllo sullo Stato, a collaborare con più amor patrio alla realizzazione di una strategia nazionale di alternanza, che permetta il passaggio di potere senza grosse fratture, per il progresso del paese.
VOA: sig. Berisha, la stessa domanda anche per lei?
Berisha: prima di tutto ci sarà un governo di dieci partiti. Oggi ho dichiarato che nel governo ci saranno anche il PAD, il PDU, e il partito democristiano. Questa divisione del potere implicherà un ridimensionamento della posizione dell'opposizione. Dai contatti con Bruxelles e Goteborg io ho constatato che loro non hanno dato a questo governo il privilegio della firma per tre motivi principali: il traffico degli schiavi del sesso, nel quale sono implicati direttamente dei governanti albanesi, la corruzione e le elezioni amministrative. Siccome in quattro anni questi compagni non ne hanno realizzato le condizioni, le speranze sono davvero poche, ma io non voglio occuparmi di questo, loro se ne stanno andando via...Io garantisco ai cittadini albanesi che noi realizzeremo tutte le condizioni e che il due gennaio l'Albania firmerà l'apertura dei negoziati.

Articolo

27/06/2001 -  Anonymous User

Il rapporto analizza l'Esercito di Liberazione Nazionale, i guerriglieri albanesi che combattono in Macedonia contro l'esercito regolare. In esso, secondo il rapporto, starebbero almeno cinque tipi di combattenti: ex-combattenti dell'UCK, gia' veterani delle guerre in ex-Jugoslavia contro i Serbi in Croazia e Bosnia, opportunisti che puntano a raggiungere posizioni di potere tramite la guerriglia, albanesi kosovari e macedoni che perseguono tramite la guerra la loro visione panalbanese, giovani albanesi ingenui e romantici che considerano giustificato combattere dato il fallimento del governo nell'affrontare qualsiasi politica di riforma per il progresso della minoranza albanese, mercenari stranieri. L'Esercito di Liberazione Nazionale sarebbe, proprio come i suoi componenti dimostrano, un misto di interessi mafiosi e di potere, ingenuo romanticismo nazionalista e violento irredentismo panalbanese.

Il governo di unita' nazionale e' il secondo focus del rapporto dell'ICG. Tale governo si dibatte nella contraddizione fra la dura risposta militare e la necessita' di essere prudenti per non creare martiri civili a tutto favore della guerriglia, la quale comunque continua a guadagnare consensi nella pericolosa situazione di stallo politico e militare.

La proposta del mediatore dell'OSCE, l'ambasciatore americano Frowick, e' ampiamente analizzata dal rapporto e viene considerata un'ottima base di partenza da parte dei ricercatori dell'ICG. Essa si articola nei seguenti punti: immediata cessazione del fuoco e amnistia per i combattenti dell'NLA, alcune misure di confidence-building volte al riconoscimento dell'albanese come lingua ufficiale della Repubblica, accesso all'istruzione superiore e una maggiore rappresentanza albanese nelle istituzioni dello stato. Alla fine di questo processo i maggiori leader dell'NLA, pur non riconosciuti all'inizio delle trattative come interlocutori ufficiali, sarebbero integrati con piena dignita' nella vita politca del paese. La proposta di Frowick e' stata spazzata via dalle polemiche seguite alla pubblicazione di una foto fra il 23 e il 25 maggio su tutti i maggiori media macedoni, che ritraeva i due leader albanesi del DPA e del PDP Xhaferri e Imeri (i due maggiori partiti albanesi ora insieme nel governo di unita' nazionale) assieme al leader politico dell'NLA Ahmeti a Prizren in Kosovo, nell'atto di firmare una Dichiarazione dei leader albanesi di Macedonia per la pace e i processi di riforma nella Repubblica di Macedonia, che riprendeva i punti principali del piano Frowick. Le polemiche scatenate dai leader macedoni slavi che hanno accusato Xhaferri e Imeri di attentare all'integrita' territoriale del paese dal momento che si erano incontrati con uno dei leader dell'NLA, hanno destituito di valore la proposta Frowick, che a quel punto non ha piu' avuto nemmeno il supporto degli USA e dell'Europa, che secondo ICG non avrebbero il coraggio di prendersi le proprie responsabilita' in Macedonia.
A complicare la situazione ci sarebbe anche una "Hidden Agenda", del primo ministro Georgievski, il quale non avrebbe nessuna intenzione di arrivare a riforme costituzionali per accordare maggiori diritti agli Albanesi e starebbe aspettando solo nuove elezioni da indire nel settembre di quest'anno. Alcune dichiarazioni di Georgievski sono state molto ambigue fra maggio e giugno. Egli infatti si e' dichiarato risolutamente contrario al progetto dell'Accademia delle Scienze di Skopje che riguarderebbe uno scambio di territori e popolazione tra l'Albania e la Macedonia, in modo che vengano cedute all'Albania alcune aeree della Macedonia abitate dalla popolazione albanese e viceversa. Nello stesso tempo pero' lo stesso Georgievski non avrebbe lesinato commenti molto approfonditi in varie interviste sul piano stesso ed in piu' occasioni, tramite varie dichiarazioni, avrebbe fatto intendere di essere d'accordo col principio della spartizione etnica del paese. Secondo l'ICG avrebbe "suggerito pubblicamente per la prima volta che la popolazione albanese e' piu' di un terzo di quella totale piuttosto che il quarto stabilito dal censimento del 1994. Egli ha fatto cosi' leva sulla molto profonda paura dei macedoni slavi per la quale gli Albanesi li starebbero sopravanzando in termini di natalita' facendoli diventare la nuova minoranza del paese". Per l'ICG non c'e' dubbio che il gioco di Georgievski sia quello di incolpare i socialdemocratici - anch'essi al governo e favorevoli alle riforme - di ogni cedimento nei confronti degli Albanesi; ed e' chiaro che per cedimento intende le riforme costituzionali previste come punto principale di ogni processo di pace. Ormai si puo' quindi definire senza speranza l'esperimento del governo di unita' nazionale dal momento che ogni partito ha idee completamente diverse sul significato di processo di pace ed ognuno pensa a come meglio attrezzarsi per le nuove elezioni politiche.

Il rapporto si sofferma anche sulla dimensione regionale del conflitto macedone. I recenti avvenimenti hanno visto un sempre piu' stretto rapporto di allenanza fra Serbia e Macedonia, unite dal problema dell'irredentismo albanese nella valle di Presevo e nel nord della Macedonia. Tale alleanza sta preoccupando non poco la Bulgaria che storicamente era sempre stato l'alleato dei Macedoni in chiave anti-serba a partire dalle Guerre Balcaniche del 1912-1913. La Grecia invece e' preoccupata per il prolungarsi della crisi che metterebbe a rischio i cospicui investimenti fatti per la costruzione del Corridoio 10 da Salonicco a Belgrado. Inoltre la Grecia ha sempre aperto con la Macedonia il contenzioso sul nome, che ancora sembra non arrivato a soluzione. ICG sottolinea inoltre come il non ancora definito status del Kosovo sia la causa principale dell'instabilita' in tutta l'area balcanica e quindi invita la comunita' internazionale, in particolare il G8, a trovare un accordo politico finale sulla provincia.

Riportiamo per intero le conclusioni del rapporto:

The country faces an insurgency that is largely domestic, which means that thefighters know the terrain, are committed to their cause and, without a political solution, are likely to fight on despite losses. The Macedonian military andmuch of the public believe a victory was won in Tetovo at the end of March 2001. Yet the guerrillas were undefeated. Without a political solution, the NLAcan reprise the Tetovo or Kumanovo scenario elsewhere in the western part of the country.
The international community wants to avoid establishing another protectorate.They want to see reform but are unwilling to accept full responsibility for the problem. The international troika of Patten, Solana and Robertson rightlypushed the Macedonians and Albanians to form a national unity government; but the political momentum has stopped. The Macedonians could not get to the negotiating table by themselves, and itappears unlikely that they will be able to shape the reform agenda on their own. The shortsighted approach to reform means that the EU and NATO will haveexpended all their political muscle for an inert national unity government that accomplishes little else than holding early elections. As seen from Macedonia,the United States has been absent from the high level political negotiations. The Bush Administration¹s avoidance of new U.S. commitments in the Balkans has left the Europeans in charge of negotiations. Ethnic Macedonians and Albanians both fear that the Europeans are incapable of delivering any sustained political, economic and military assistance. The European Union and the United States must undertake much strongeraction to prevent the destruction of Macedonia. Macedonians and Albanians alike have exercised enormous restraint in ignoring the calls for war. The smalland inadequate Macedonian Army cannot defeat well-supported and well-funded guerrilla insurgents who are bent on destroying the country. Indeed, itsclumsy operations are more likely to recruit new members to the NLA than the opposite, while also incurring losses among its own ranks that will raise ethnictensions, as has happened three times already in Bitola. At time of writing, NATO has ruled out direct military intervention in Macedonia to stabilise the situation, at least in the absence of a political settlement, butpressure is rising - which ICG strongly supports - for NATO assistance at least in monitoring the disarmament of the NLA guerrillas as part of such anagreement. NATO teams have been shuttling in and out of the capital for the past two weeks. Both neighbouring Greece and nearby Turkey have called onallied governments to consider immediately deploying international peacekeeping troops inside Macedonia. Whatever its present reluctance, only NATO can guarantee Macedonia¹s securityafter a political settlement is achieved, as it also does that of Bosnia and Kosovo. NATO should stand prepared to play an active military role in support ofthe Macedonian security forces against further rebel activity, if the situation so demands and the Macedonian government so requests. Even before a political settlement is reached, NATO must prevent the NLA andother ethnic Albanian extremists from operating freely in Kosovo, and it must provide better training assistance if the Macedonian army is to be more effectivein preventing the NLA from operating freely inside Macedonia. The Macedonian army and police have received training, intelligence information and weaponsfrom Alliance members. This assistance should be systemised as part of a
longer-term guarantee. NATO has set up a new structure (NATO Coordination and Cooperation Centreor NCCO) in the region to better facilitate the exchange of information and coordinate military and bilateral support to Macedonia. KFOR troops havetightened border security between Macedonia and Kosovo but the long porous border with Kosovo has not been sealed airtight. Many Macedonians and Albanians (and probably a few Europeans) believe thatU.S. disengagement from the region has contributed to the crisis. As one Macedonian leader put it, ³The United States always has a black and whiteapproach, but it is so much easier to deal with them after they have made a decision. The Europeans are too flexible this is the Balkans, we know how toplay with them and use their national interests to our advantage. The NLA has put key Albanian grievances front and centre on the agenda. They have stimulated serious engagement by the international community to resolveissues that had been previously rhetorical and passive. The NLA in absolute political terms may achieve in a few months what the two Albanian parties could not deliver in ten years. Their goal, however, appears to be ethnic separationwithin Macedonia. The importance of implementing critical reforms is to dissuade the Albanians in Macedonia from joining the NLA and to stop themfrom dreaming about a new Greater Western Macedonia. The NLA will not disappear, and the only way to stop them from gaining a permanent foothold in the country is stop them from setting the country¹spolitical agenda. This does not require the unity government to make a place for
the rebels at the table. But it does mean that the elected Albanian leaders in thegovernment must be able to have contact with the rebels and represent their concerns. It will also mean NATO contact with the NLA. When the military crisis ends, important changes will have occurred inMacedonia. It is important to remember that all the citizens of Macedonia must be involved in the radical political changes that will be necessary to preserve theunique and multiethnic character of the country. Many of the reforms, such as amending the constitution, decentralising the government and officialrecognition of the Albanian language can be achieved. The way in which these changes are introduced will determine their acceptance.
Skopje/Brussels, 20 June 2001

Vedi anche:

Diachiarazione politica e ultimatum militare

Articolo

27/06/2001 -  Anonymous User

Il rapporto descrive la situazione attuale dell'Albania, con particolare attenzione alle relazioni con i paesi vicini dei Balcani: Kosovo, Montenegro, Macedonia e Grecia. La recente ondata di combattimenti nella Valle di Presevo e in Macedonia ha danneggiato la reputazione di tutti gli Albanesi ed ha ancora una volta alimentato lo spettro della Grande Albania. Conseguentemente il governo albanese si e' impegnato con ogni mezzo nel sottolineare di non appoggiare assolutamente i ribelli albanesi e di desiderare il mantenimento dell'integrita' territoriale della Macedonia. A questo proposito Tirana ha richiesto l'assistenza della NATO per il controllo del confine fra Albania e Macedonia, e ha rivolto un appello per una soluzione politica, tramite il dialogo, della crisi.
Il governo di Tirana a guida socialista ha il difficile compito di convincere la comunita' internazionale di non alimentare in nessun modo l'irredentismo panalbanese e nello stesso tempo di non essere visto dagli stessi Albanesi come un governo che mette a rischio gli interessi nazionali nell'area balcanica. Alla fine del 2000 il premier Ilir Meta ha condotto una storica visita in Kosovo per promuovere lo sviluppo degli interessi socio-economici nella provincia e per rafforzare i legami fra Tirana e la leadership albanese del Kosovo. Nel Gennaio 2001 sono state inoltre ripristinate le relazioni diplomatiche fra l'Albania e la Repubblica Federale di Jugoslavia. Questa mossa e' stata criticata da molti albanesi kosovari come prematura; infatti ha rafforzato la loro percezione secondo la quale l'impegno del governo di Tirana per la cosiddetta "questione nazionale" sia debole.

Questo rapporto si concentra in particolare sulle relazioni con la Grecia e sulla delicata posizione della minoranza greca - l'unica minoranza sinigificativa in Albania. I tentativi della Grecia di disegnare un ruolo di ponte fra i due paesi per la minoranza greca si stanno dimostrando molto problematici. Alcuni albanesi sono preoccupati che la Grecia utilizzi la minoranza per dare incremento all'ellenizzazione del sud dell'Albania, mentre alcuni elementi all'interno della minoranza accusano Tirana di ignorare le istanze della minoranza, cercando di appropriarsi delle terre della minoranza, e tentando di forzarle a diventare albanesi.
La politica interna e' dominata dai preparativi per le imminenti elezioni del 24 giugno. Il Partito Socialista al governo si trova ad affrontare le pericolose lacerazioni all'interno della sua coalizione, e il maggiore partito di opposizione, il Partito Democratico, sta cercando di reinventare se stesso per sopravvivere. Mentre la sicurezza interna e' stata notevolmente migliorata, il crimine organizzato internazionale e' notevolmente peggiorato negli ultimi anni. E' diventato infatti molto piu' sofisticato e difficile da identificare, e dunque l'Albania ha bisogno di una maggiore assistenza internazionale per combatterlo.


a cura di Claudio Bazzocchi
© ICS - Osservatorio sui Balcani

Articolo

27/06/2001 -  Anonymous User

Pubblichiamo un commento di Ernesto Bafile, coordinatore ICS per l'Albania a Tirana, sulla situazione nel paese, due giorni dopo la tornata elettorale del 24 giugno scorso.

Il "paraesercito macedone" intima agli albanesi di andarsene: ecco il comunicato

26/06/2001 -  Anonymous User

MACEDONIA PARAESERCITO 2000 ORDINA: Ordiniamo a tutti gli schipetari termine peggiorativo per albanese - N.d.T. che hanno oggetti in vendita-sono negozianti qui e intorno al mercato Kvantaski, di andarsene entro tre giorni, mentre per gli schipetari di Aracinovo il termine è di 24 ore. Dopo tale termine, tutti i negozi verranno bruciati e se qualcuno cercherà di proteggerli, verrà anch'egli ucciso senza preavviso. Informiamo gli schipetari della Repubblica di Macedonia che per ogni ufficiale di polizia o soldato ucciso, 100 schipetari che non hanno la cittadinanza o che hanno preso la cittadinanza dopo il 1994 verranno uccisi. Per ogni ufficiale di polizia o soldato reso disabile, verranno uccisi 50 schipetari. Per ogni ufficiale di polizia o soldato verranno uccisi 10 schipetari, senza tenere conto del loro genere o della loro età. Informiamo gli schipetari che non hanno la cittadinanza o la hanno ottenuta dopo il 1994 che devono abbandonare la Macedonia prima del 25 giugno di quest'anno, a mezzanotte. Dopo tale termine, cominceremo con la pulizia -- "La notte più lunga", offerta da Macedonia Paraesercito 2000. Ordiniamo a ogni macedone, turco, Roma, Torbes, Bosgnacco e agli altri di non effettuare compere nei negozi albanesi mentre la guerra è in corso, perché con tali azioni viene fornito direttamente supporto ai narcogangster terroristi schipetari. In caso contrario, tutti i negozi di coloro che commerciano con gli schipetari verranno bruciati. Ordiniamo a tutti di affiggere questo opuscolo sui propri negozi al fine di consentire un'informazione di massa. Le abitazioni che riceveranno questo opuscolo e non lo mostreranno in un luogo visibile saranno potenziali obiettivi, indipendentemente da chi sono i loro proprietari.
L'opuscolo recava un sigillo di gomma rossa con l'immagine di un leone e la scritta M P 2000 intorno al sigillo.

© HUMAN RIGHTS WATCH;

L'accordo raggiunto in Macedonia non piace a tutti

26/06/2001 -  Luka Zanoni

Secondo quanto riportano le agenzie, sembrerebbe che proprio l'accordo, stretto tra i rappresentanti internazionali (NATO e UE) e i guerriglieri dell'UCK per la smilitarizzazione di Aracinovo, sia stato la miccia che ha scatenato l'assalto al parlamento di Skopje la notte scorsa Il governo macedone che inizialmente non si era dimostrato disponibile ad accettare l'accordo per il ritiro delle truppe dell'Esercito di Liberazione Nazionale dal villaggio di Aracinovo, ha dovuto infine cedere alla pressioni internazionali che minacciavano di bloccare il flusso di aiuti.
Occore però aggiungere che alcuni indizi, come la distribuzione di volantini minacciosi ad opera del macedone Paraesecrito 2000, così come la presenza di uomini in uniforme che hanno marciato sul parlamento, lascia pensare che si sia trattato di un'azione pianificata da tempo. Il folto numero di riservisti e agenti delle forze di polizia, armati e in uniforme, ai quali si sono uniti in seguito i civili, ha assaltato la sede del parlamento di Skopje. La protesta, iniziata durante la prima seduta degli incontri tra partiti albanesi e macedoni per cercare di trovare un'intesa politica che ponga fine alla crisi in corso da almeno quattro mesi, è sfociata con atti di violenza da parte dei manifestanti. Divelte le transenne la folla ha fatto irruzione nell'edificio del parlamento e grazie alla pressoché assenza del servizio d'ordine, i dimostranti hanno iniziato a saccheggiare alcuni uffici dell'edificio, quando i politici presenti se ne erano ormai andati dalla porta di servizio.
Il culmine della protesta nazionalista macedone è stato poi raggiunto quando i dimostranti entrati nel parlamento hanno strappato la bandiera macedone che è stata sostituita con il vecchio vessillo nazionale con il sole a sedici raggi, proibito dal 1993 al termine di un lungo contenzioso con la Grecia. I manifestanti tra urla e spari hanno infine esortato il presidente macedone e il capo del governo a presentarsi di fronte alla folla per "dare spiegazioni sull'accordo con i terroristi albanesi".
Civili macedoni avevano inoltre bloccato il convoglio di 15 autobus con il simbolo dell'UN e alcuni camion della compagnia americana "Brown and Root" con i quali più di cento tra guerriglieri albanesi armati e civili hanno lasciato Arcinovo. Il convoglio è riuscito a passare solo dopo che alcuni militari statunitensi hanno sparato in aria alcuni colpi di fucile.

Si aggrava la crisi macedone

26/06/2001 -  Luka Zanoni

La crisi macedone si acuisce di giorno in giorno. Dalla seduta di ieri del vertice europeo dei ministri degli esteri a Lussemburgo non è uscito un granché. Da parte macedone era presente solo il ministro degli esteri Ilenka Mitreva, mentre ci si aspettava la presenza del premier di governo o del presidente Trajkovski. La Mitreva ha dichiarato che passi avanti si stanno facendo, nonostante le critiche e le riserve della presidentessa di turno per la UE Anna Lindh.
La parte albanese era presente col vice rappresentante dell'Uck per l'Europa, Florin Ramadani, che ha dichiarato "Noi vogliamo la Nato in tutto il territorio macedone, ma senza creare zone cuscinetto che dividano le due comunità". Più volte, sostiene Ramadani, l'UCK ha esortato le forze di sicurezza macedoni a cessare il fuoco, ma - aggiunge il rappresentante - l'esecutivo di Skopje "ha preferito usare il modello Milosevic".
L'insoddisfazione dei ministri della UE è stata espressa nella minaccia di cessazione degli aiuti finanziari alla Macedonia. Si parla di circa 80 milioni di euro, dei quali 30 sono già stati stanziati. La preoccupazione dei quindici ministri è motivata dall'impiego degli aiuti finanziari come approvvigionamenti militari. Gli aiuti erano stati stanziati dopo la firma dell'Accordo di associazione e stabilizzazione con la UE, da parte della Macedonia, primo paese balcanico a sottoscrivere tale tipo di accordo.
In conclusione, i ministri europei addossano una pesante responsabilità a tutti i leader politici del paese ed invocano il rispetto dell'accordo sulla smilitarizzazione di Aracinovo e sul ritiro delle truppe dell'UCK, ciò inoltre "deve essere seguito rapidamente da un cessate il fuoco per l'intero paese e da ulteriori progressi nelle misure di rafforzamento della fiducia". Tutto ciò verrà fatto con la presenza di mediatori internazionali e a tal proposito è stato nominato l'ex ministro della difesa francese Francois Leotard come rappresentante permanente dell'UE a Skopje, sotto le direttive di Javier Solana.

Il bilancio dell'attacco macedone

25/06/2001 -  Anonymous User

Al termine di un week-end che ha visto duri scontri tra le forze macedoni e l'Esercito di Liberazione Nazionale (UCK), nei quali sono stati impiegati dall'esercito macedone, alcuni elicotteri, armi pesanti e per la prima volta aerei da ricognizione (si è trattato di "caccia Suhoi-25" come confermato dal portavoce dell'esercito Blagoja Markovski), e che ha lasciato sul campo alcune vittime e parecchi feriti, sembra che si sia raggiunto una sorta di accordo.
Da parte del governo macedone ciò è stato immediatamente interpretato come una disfatta dei ribelli albanesi, mentre il comandante della guerriglia albanese, noto come Hoxha, ha fatto sapere di aver ricevuto "dallo stato maggiore l'ordine di sospendere il fuoco. Noi non ci siamo arresi - ha aggiunto - i macedoni hanno subito perdite enormi ma è possibile che il nostro comando ci ordini il ritiro perché sono in corso negoziati internazionali". Sembra infatti che l'UCK non abbia per niente gradito il modo in cui il governo macedone ha presentato questa nuova tregua, ovvero come una disfatta. L'esercito di liberazione nazionale ha infatti inteso la resa come "un gesto di buona volontà politica" e Solana ha dichiarato che la tregua è stata possibile "grazie alla disponibilità delle due parti".
L'Uck dovrebbe, a partire da oggi, iniziare a il ritiro delle truppe verso la cittadina di Lipkovo, nella Macedonia settentrionale, mentre ad Aracinovo sono entrati i rappresentanti dell'OSCE, della NATO e della Croce Rossa Internazionale.
Nella giornata odierna è anche previsto il vertice europeo in Lussemburgo durante il quale verrà affrontata la crisi macedone e dove saranno presenti alcuni rappresentanti macedoni.

Articolo

25/06/2001 -  Anonymous User

Con un'affluenza alle urne di circa il 60% degli aventi diritto si sono concluse ieri le elezioni in Albania.
Nonostante l'incertezza dei risultati preliminari, sembrerebbe che il Partito Socialista di Gramoz Ruci, sia riuscito a conquistare la maggioranza dei seggi nel paese. Il segretario generale del partito ha ammesso di aver perso 17 zone elettorali, ma di averne vinte 45 su 100, mentre le restanti andranno al ballottaggio fra due settimane. Il centro destra di Berisha ha protestato duramente per lo svolgimento irregolare delle elezioni, durante le quali - sempre secondo il Partito Democratico di Berisha - molti cittadini non avrebbero potuto votare perché i loro nomi non erano presenti nelle liste degli elettori. Ad ogni modo le operazioni elettorali sono state monitorate sia da osservatori internazionali che locali e nei prossimi giorni verranno pubblicate le valutazioni sul corretto svolgimento delle elezioni.

Articolo

23/06/2001 -  Anonymous User

(23.06.2001)
Giornata elettorale domani in Albania. Tutto sembra procedere tranquillamente e ciò è una buona notizia per la popolazione che ricorda le violenze che hanno accompagnato le elezioni del 1997. Per buona parte delle scorse quattro settimane gli albanesi hanno tenuto le dita incrociate, nella speranza che questa tornata elettorale passasse senza violenza.
I due maggiori partiti albanesi (SPA del primo ministro Fatos Nano e il DPA di Sali Berisha) hanno organizzato degli incontri tranquilli in differenti zone di Tirana. Tuttavia non sembra che la popolazione badi molto agli appuntamenti organizzati dai vari partiti: "C'è un raduno? E chi ci bada? Per la popolazione è più importante il bel tempo delle elezioni", commenta un negoziante di Tirana.
I partiti politici hanno prestato maggior attenzione alla qualità dello stile delle loro campagne elettorali, mettendo più soldi e sforzi nella presentazione della linea politica.
Gli slogan dei partiti, in particolare i manifesti della campagna elettorale, sono stati stimati in un costo che, per entrambi i partiti, si aggira sui sette milioni di dollari. "Se il tuo cuore va a Sinistra, vota per SPA" dichiara un manifesto e "Bush, Berlusconi e Berisha uguale l'Unione per la Vittoria" dice un altro.
Le elezioni verranno monitorate da una commissione dell'OSCE.

Articolo

22/06/2001 -  Anonymous User

Il membro del Comitato generale del Partito pensionati
della Republika Srpska, Dusan Prica, ha lanciato un
appello al governo affinché paghi il debito di
124 milioni marchi tedeschi, relativo al mancato pagamento delle pensioni dell'anno scorso.
Data la situazione economica molto difficile, i pensionati della RS chiedono di ricevere il più presto possibile almeno quattro mensilità e mezza dell'anno
precedente. Secondo Prica, il gabinetto di Mladen Ivanic, primo ministro della RS, non ha fatto nessun sforzo per
risolvere i problemi dei pensionati.

Articolo

22/06/2001 -  Anonymous User

Dopo la decisione di passare all'opposizione, il presidente dell'IDS ha anche formalmente abbandonato il suo Ministero. Ha dichiarato in proposito che e' scaduto il tempo della coalizione governativa attuale, che non ha realizzato le promesse ne' adempiuto alle aspettative dell'elettorato. E' sua intenzione restare fedele al programma di integrazione europea appoggiato da più dell'80% della popolazione croata.

Le dimissioni del Ministro della Giustizia

22/06/2001 -  Anonymous User

Il 13 giugno il Ministro della Giustizia e dell'Amministrazione Pubblica Stipe Ivanisevic si è dimesso, ufficialmente a causa di problemi di salute. Forse e' vero che Ivanisevic è ammalato (due interventi chirurgici durante il periodo del suo incarico), ma sembra che le dimissioni dipendano in primo luogo dall'impossibilità di incidere sul sistema giudiziario (così ha dichiarato il sottosegretario Ranko Marijan). Si tratta di problemi che il Ministero non è in grado di risolvere perché non possiede lo spazio di manovra necessario, a causa della mancata volontà politica della coalizione governativa di iniziare un rinnovamento del sistema giudiziario corrotto. Quasi tutti funzionari del Ministero hanno già abbandonato il Ministero, scrive Vecernji list (14.06). Nel frattempo si specula sul possibile successore di Ivanisevic.

La prima fase delle trattative si conclude con un nulla di fatto

21/06/2001 -  Anonymous User

Le trattative in atto a Skopje tra i due partiti macedoni (VMRO-DPNE del premier Georgievski, il Partito socialdemocratico macedone di Cervenkovski) e i due albanesi (il Partito democratico albanese (PDA) di Xhaferri e il Partito per la prosperità democratica (PDP) di Imeri) hanno subito un arresto. Dopo sei giorni di consultazioni sotto le pressioni della comunità internazionale, il dialogo si è concluso con un nulla di fatto.
Da parte macedone si rimprovera ai partiti albanesi di essersi spinti troppo oltre nelle richieste, ovvero - secondo le parole di Trajkovski - il raggiungimento di "una federalizzazione e l'ambire ad uno stato con due nazionalità" (Politika). Inoltre è stata rifiutata la proposta, avanzata da parte albanese, di ottenere una forma di "democrazia consensuale", cioè un vicepresidente della repubblica, albanese, con diritto di veto e un ramo nuovo della camera parlamentare. Trajkovski ha infatti dichiarato che "la Macedonia non deve applicare il concetto della democrazia consensuale, perché in quel modo si approfondirebbero i conflitti interetnici e si bloccherebbe il sistema per l'emanazione delle decisioni politiche" (Politika).
Da parte albanese vengono smentite le ambizioni territoriali, ma si insiste invece sullo status di popolo costitutivo, sul riconoscimento della lingua e la scrittura in caratteri latini accanto alla lingua macedone in cirillico, e sulla figura di un vice presidente con diritto di veto.
Proverà oggi a Skopje l'Alto rappresentate europeo per la sicurezza, Javier Solana, accompagnato dall'inviato della NATO, Peter Feith, a mettere d'accordo le parti in conflitto. Solana deve cercare di far uscire un'intesa tra i partiti albanesi e quelli macedoni, di modo che la NATO possa intervenire, senza un mandato dell'ONU, dal momento che entrambe le parti richiederebbero l'intervento direttamente.
La NATO avrebbe già deciso di inviare un contingente di circa 3.000 uomini in Macedonia, tuttavia, come ha dichiarato il suo segretario generale, George Robertson, "non si tratta di un intervento armato, ma piuttosto di un offerta fatta dai paesi aderenti al Patto per prendere in consegna le armi e le uniformi di quei gruppi che si vogliono disarmare" (Finanacial Times).
L'intervento dovrà durare un mese e le truppe dovranno esser pronte nell'arco di una decina di giorni (probabilmente entro il 27 giugno, data per cui era previsto un colloquio con il premier macedone Georgievski a Bruxelles). La Gran Bretagna, la Spagna, la Francia, la Grecia, la Repubblica Ceca, la Norvegia e la Germania hanno annunciato di essere pronte ad inviare loro soldati per un contingente NATO già nominato Mfor, mentre gli USA fornirebbero il supporto logistico all'operazione (Politika, Finanacial Times). Secondo le parole di Colin Powell, sembra che gli USA stiano considerando di utilizzare alcune delle 700 truppe di supporto logistico già presenti in Macedonia, e ha concluso dicendo: "credo che siamo coinvolti militarmente, politicamente e diplomaticamente" (Finanacial Times).
Colin Powell, aveva nei giorni scorsi assicurato la lobby albanese americana che gli Stati Uniti continueranno a rimanere impegnati nello sforzo per un'equa soluzione della crisi macedone. La comunità albanese aveva, infatti, espresso preoccupazione per l'impegno russo alle operazioni di disarmo e sorveglianza della Macedonia. Il presidente del Consiglio nazionale americano albanese aveva dichiarato che "ogni volta che sentiamo nominare la Russia e i Balcani nella medesima frase ci rende nervosi" (Reuters, AFP).
Resta da vedere come si comporterà la comunità internazionale se dagli incontri diplomatici dei prossime giorni non uscirà un piano di soluzione che metta d'accordo i due schieramenti politici, albanesi e macedoni. Ci sarà comunque un intervento della NATO? e se sì, in che misura?

Elezioni croate: risultati definitivi

21/06/2001 -  Anonymous User

I quotidiani dal 16 giugno informano sui risultati definitivi delle elezioni tenutesi il 20 maggio scorso. I partiti della coalizione governativa hanno 3765 mandati nelle assemblee comunali (HSS Partito Contadino della Croazia 1508, SDP Partito Social Democratico 1322, HSLS Partito Social Liberale 528, ecc), l'HDZ ne possiede 2768, l'IDS (Dieta democratica istriana) 271, ecc. I cinque partiti della coalizione governativa hanno nelle assemblee regionali (conteali) insieme 466 mandati (SDP-181, HSS-146, HSLS-72), il "Blocco croato" 333 (da ciò l'HDZ 314), l'IDS 28, ecc. Ma le coalizioni locali non seguono sempre la logica della coalizione nazionale. Si sono registrati molti casi di svolta: l'HSLS a Spalato diventa partito al potere a livello municipale, ma con appoggio esterno del Blocco nazionale; a Slavonski Brod l'HDZ ritorna al potere grazie all'appoggio esterno dell'HSLS, ecc.
Sono da registrare anche casi tragicomici, come quello nella comune slavonese Vladisavci, dove due figli dello stesso padre, di nazionalità serba, ma l'uno di madre croata e l'altro di madre ungherese guidavano due liste di partiti governativi: il primo la lista dell'HSS, il secondo dell'SDP. Il fratello maggiore non ha voluto fare la coalizione post-elettorale con il fratello minore, dicendo che non aveva intenzione di collaborare con un serbo; ha scelto quindi la coalizione con l'HDZ, nella località partito minoritario, e grazie all'HDZ è diventato sindaco (sembra che sarà espulso dall'HSS).

Si dimette il Ministro degli Interni

20/06/2001 -  Anonymous User boskovski, ljuboten

Formato il nuovo governo montenegrino

20/06/2001 -  Anonymous User

L'Assemblea parlamentare montenegrina ha eletto ieri i nuovi ministri del governo di minoranza del premier Filip Vujanovic. Il neo governo consta di 16 ministeri e tre vicepresidenti di governo. Questi ultimi saranno Dragan Djurovic (DPS) per il sistema politico, Zarko Rakcevic (SDP) per il sistema finanziario e Branislav Gvozdenovic per il sistema economico.
Branko Lukovac sarà il nuovo ministro degli esteri, Miroslav Ivanisevic ministro delle finanze, Milutin Simovic all'agricoltura, Zarko Micovic alla salute, Jusuf Kalamperovic ministro dell'urbanismo e traffico. Il ministero dell'Interno (MUP) è andato a Andrija Jovicevic, il ministero dell'energia a Darko Uskokovic, quello del turismo a Predrag Nenezic, l'istruzione e la ricerca a Predrag Ivanovic, il commercio a Ivan Raicevic, la cultura a Branislav Popovic. Il ministro del lavoro e degli affari sociali andrà a Dragisa Burzan, quello della giustizia a Zeljko Sturanovic ed infine a Gezim Hajdinaga il ministero per la protezione dei diritti degli appartenenti alle minoranze etniche e nazionali.
Nella nuova composizione governativa il DPS (Partito dei socialisti democratici) avrà 15 ministeri, l'SDP (Partito socialdemocratico) tre e Lukovac (ministro degli esteri) come unico non appartenente ad alcun partito.
Il Parlamento montenegrino ha inoltre eletto, con la maggioranza dei voti, Rifat Rastoder dell'SDP come vicepresidente del Parlamento.
Secondo le parole del Premier Vujanovic il primo passo del governo sarà la realizzazione di un dialogo con l'opposizione. "È necessario convincere tutti che le nostre questioni statali saranno risolte con il volere della maggioranza democratica dei cittadini. Il governo inoltre dovrà affrontare sin da ora i rapporti con la Serbia e proporre un nuovo modello di relazioni tra i due paesi, intesi come due stati indipendenti".
Vujanovic ha dichiarato che il governo continuerà nella collaborazione con la comunità internazionale e che sarà pronto a sottoporre a controllo internazionale tutti i traffici di merci e denaro.
Secondo il premier montenegrino l'occasione migliore per lo sviluppo del paese è data dalla privatizzazione delle due grandi aziende pubbliche "Duvanski Kombinat" e "Telekom", che si dovrebbero realizzare entro l'anno. Ma anche il turismo e l'agricoltura rientrano nelle possibilità strategiche di sviluppo.
Nella seduta odierna dell'Assemblea verrà affrontato, invece, dell'affare "Nacional" e della "mafia del tabacco".

Macedonia: proseguono i negoziati

19/06/2001 -  Anonymous User

A Skopje sono in corso da cinque giorni i negoziati tra i partiti albanesi e quelli macedoni per porre fine alla profonda crisi che dallo scorso febbraio sta sconvolgendo l'intero paese. Tuttavia, dopo estenuanti sedute, non sembra che si riesca ad avanzare alcun accordo possibile, eccetto forse l'accettazione da parte di entrambe le parti in conflitto della presenza della NATO come garante della sicurezza del paese.
I poteri occidentali, ansiosi di siglare una soluzione di pace piuttosto che essere chiamati per raccoglierne i pezzi, stanno ponendo la Macedonia sotto una pesante pressione, al fine di procedere velocemente verso i cambiamenti costituzionali richiesti dall'Esercito di Liberazione Nazionale. Tuttavia la difficoltà riguarda in modo prevalente il cambio della costituzione, vecchia di dieci anni, nella quale la popolazione albano-macedone dovrebbe essere considerata come popolo costituente. Inoltre i partiti albanesi, riuniti a colloquio da cinque giorni, stanno premendo per ottenere la creazione della figura di un vice presidente della Repubblica, di nazionalità albanese, con diritto di veto e una seconda camera del parlamento nella quale le decisioni vengano approvate all'unanimità. Tali richieste sono state immediatamente considerate, dal governo macedone, "inaccettabili".
Dalla breve visita in Kosovo si è fatto sentire anche il presidente russo Vladimir Putin,che ha accusato la NATO di non riuscire a fermare il passaggio dei guerriglieri albanesi provenienti dalla vicina provincia jugoslava, e di forzare ora la Macedonia nell'accettazione delle loro richieste.
L'UCK, nel frattempo, minaccia la ripresa del conflitto armato in caso di fallimento delle trattative. Queste ultime dovrebbero terminare il prossimo mercoledì, ma l'impossibilità di raggiungere un'intesa, senza una mediazione internazionale, sembra per ora l'unica cosa certa.

I liberali sostengono il governo montenegrino

19/06/2001 -  Anonymous User

La presidentessa del parlamento montenegrino Vesna Perovic, ha dichiarato che il Partito Liberale, del quale è funzionario, sosterrà il governo montenegrino di minoranza soltanto per quanto concerne il referendum sullo status giuridico della Repubblica. Vesna Perovic ha detto che i Liberali "non chiuderanno gli occhi su tutte le altre cose che il governo farà".
Il nuovo governo del Montenegro, che dovrebbe essere eletto oggi, nella seduta del parlamento repubblicano, unirà il Partito socialdemocratico e il Partito democratico dei socialisti, i membri della coalizione pre elettorale "Pobjeda je Crne Gore" (La vittoria è del Montenegro), che alle elezioni parlamentari di aprile hanno conquistato il maggior numero di voti. La vittoria elettorale di tale coalizione non è stata sufficiente per formare il governo di maggioranza, così è stato fatto un accordo post elettorale con il Partito Liberale, che dovrebbe entro un anno offrire il sostegno al governo di minoranza del DPS e del SDP. La presidentessa del parlamento ha detto che il Partito Liberale cercherà di essere sempre al corrente del lavoro del governo, al fine di impedire un cattivo uso del sostegno di tale partito.

Articolo

18/06/2001 -  Anonymous User

Con un'affluenza alle urne che ha superato il 70% si sono concluse le elezioni in Bulgaria. Gli exit poll danno il "Movimento Nazionale Simeone II" come partito vincente, con circa il 40% di voti. In netto calo l'Udf, l'Unione delle forze democratiche finora al governo con Ivan Kostov, che avrebbe avuto il 22,9% e l'ex partito comunista Bps (opposizione), con il 16,8%. Nel nuovo Parlamento entrerà anche, con circa il 6%, il DPS, Partito della minoranza turca, mentre non è ancora chiaro se i radicali del Gd-Vmro riusciranno a superare il 4%, necessario per partecipare alla ripartizione dei 240 seggi del Parlamento unicamerale.

Articolo

18/06/2001 -  Anonymous User

Domenica prossima in Albania si terranno le elezioni politiche. Elidon Lamani commenta l'imminente tornata elettorale, nella quale i due più grandi partiti, il PS e il PD, premono per la transizione verso un parlamento bipolare.

Articolo

16/06/2001 -  Anonymous User

Domani in Bulgaria si vota per il rinnovo dell'Assemblea Nazionale. Con un'affluenza alle urne stimata attorno al 70-80%, i sondaggi danno come favorito il "Movimento Nazionale Simeone II" dell'ex Zar di Bulgaria, con circa il 35% di voti, rispetto al 15-20% dell'ODS (coalizione di centro destra, attualmente al governo) e il 10-15% dell'opposizione socialista. Il "Movimento Nazionale Simeone II" non avendo ricevuto la registrazione come forza politica per presentarsi alle elezioni, è riuscito a formare una coalizione formata da due partiti minori (SDS) che in realtà fungono da prestanome per l'ex Zar di Bulgaria. Non è ancora chiaro, inoltre, se in caso di vittoria Simeone II vorrà diventare capo del governo.

Articolo

16/06/2001 -  Anonymous User

Jozo Krizanovic è salito l'altro ieri alla guida della presidenza collegiale della BiH. Il nuovo presidente croato, secondo il normale avvicendamento della carica ogni otto mesi, sostituisce l'uscente presidente serbo Zivko Radisic. Durante la cerimonia di presentazione, Krizanovic ha detto che le sue priorità riguarderanno l'economia, le riforme legali e costituzionali, il ritorno dei rifugiati, il rafforzamento delle istituzioni statali e la lotta contro la corruzione.

Una nuova coalizione per il governo?

16/06/2001 -  Anonymous User

Aleksa Crnjakovic sulla prima pagina di Vjesnik (6.6) sostiene che dopo la uscita dalla maggioranza del IDS (Partito democratico istriano), la stabilità del governo dipende dalle relazioni tra SDP (Partito socialdemocratico), HSLS (Partito social liberale croato) e HSS (Partito croato contadino). Problemi collegati alla costituzione delle giunte nelle grandi città - in particolare a Spalato e Fiume - potrebbero complicare queste relazioni, ma i leader dei partiti dovrebbero capire che ogni ulteriore inasprimento produrrebbe instabilità per il paese, e dunque la coalizione deve sopravvivere. In un'intervista rilasciata lo stesso giorno a Jutarnji list, il presidente del HSS e del Parlamento Zlatko Tomcic indica nel HSLS e nel suo capo Drazen Budisa la responsabilità per la crisi politica a Spalato, e annuncia che la SDP e HSS potrebbero espellere HSLS dal governo. HDZ (Unione democratica croata) però - sottolinea Tomcic - diventerà un partner sostitutivo accettabile soltanto quando supererà i problemi interni, e si trasformerà in un partito democratico.
Il presidente di HDZ Ivo Sanader si aspetta ora un periodo di instabilità al governo, frutto dei conflitti tra i diversi alleati (Vjesnik, 6. 6). Un segno di questi conflitti è rappresentato dalle dichiarazioni di Budisa (Novi list, 7.6), secondo il quale c'è da vergognarsi per i metodi comunisti che il potere attuale ha usato nel caso di Slobodna Dalmacija. Dopo il 3 gennaio il governo non è stato in grado di cambiare la situazione economica, ha aggiunto il presidente del HSLS. Budisa ha subito ottenuto appoggio da parte del vicepresidente del Parlamento Zdravko Tomac (ex-vicepresidente del SDP, oggi soltanto membro del Comitato centrale), ma anche una netta critica - seppur implicita - da parte del vicepresidente del HSLS Vilim Herman. Per quest'ultimo HSLS dovrebbe restare nel governo nonostante i suoi insuccessi mentre Budisa, se vuole restare al vertice del partito, dovrebbe cancellarne l'immagine di principale ostacolo alle riforme e di responsabile per le difficoltà dell'esecutivo.
Secondo Orlanda Obad (Jutarnji list, 8.6) HSLS si trova davanti ad una scelta: se Budisa accetta la proposta di Djurdja Adlesic su un rimpasto di governo, gli ostacoli per Racan sarebbero superiori ai suoi poteri di primo ministro. Jelena Lovric (Novi list, 8.6) aggiunge che l'instabilità della coalizione governativa dipende dal fatto che Budisa e Tomac hanno aperto all'estrema destra. La cronista teme che invece di dar loro una risposta adeguata, Racan scelga di polemizzare con il presidente della Repubblica Stipe Mesic. Questi, durante un convegno delle organizzazioni nongovernative a Zagabria, ha chiesto al governo di proseguire con le riforme in modo più incisivo e forte, perché i cittadini aspettano risultati concreti (Novi list, 7.6). Ma Racan ha subito risposto alle critiche (Slobodna Dalmacija, 9.6): chi dice che il governo non ha fatto nulla, è perché teme che l'azione del governo riesca veramente a far uscire il paese dalla crisi economica e sociale.
Racan invece non ha commentato le accuse di Budisa e Tomac; lo ha fatto però il vicepresidente del governo Goran Granic (del HSLS), respingendo la tesi di aver usato metodi comunisti. Secondo Zlatko Tomcic (intervista a Novi list, 8.6), Spalato sarà la prova decisiva per la stabilità della coalizione governativa. Da parte sua, il vicepresidente del SDP Marin Jurjevic dichiara che la federazione dalmata del partito non vede più HSLS come un partito di centro, ma di una destra che merita soltanto la rivolta permanente (Vecernji list, 12.6).
La segretaria generale del HSLS Dorica Nikolic (Jutarnji list, 9.6), nel frattempo, ha già aperto un'altra polemica dentro l'attuale maggioranza: secondo lei è assolutamente necessario che il governo risolva i problemi di malversazione all'interno dell'impresa petrolifera statale INA (si tratta di un affaire da oltre cento milioni di marchi tedeschi). Ma non tutti all'interno del HSLS sembrano lavorare contro la maggioranza: la vicepresidente del partito Djurdja Adlesic, infatti, dichiara la sua contrarietà alla scelta di seguire IDS e di passare all'opposizione. Spiega inoltre le recenti dure dichiarazioni di Budisa come una sua reazione alle accuse di essere un nazionalista di destra; a suo avviso, le elezioni straordinarie non sono ancora inevitabili.

ELEZIONI STRAORDINARIE?
L'uscita di HSLS dalla maggioranza di governo significherebbe elezioni parlamentari anticipate. Sanja Modric (Jutarnji list, 6.6) sostiene che ciò è ormai inevitabile: anche Racan ha dichiarato che le elezioni straordinarie si possono evitare soltanto se si trova una diversa via d'uscita, senza spiegare però quale potrebbe essere questa via se non quella del rinnovamento economico. Ma Racan finora ha perso troppo tempo, e ha sempre temute le accuse di "revanscismo". Secondo la cronista neanche un'ottima stagione turistica potrebbe evitare le elezioni anticipate. Anche il presidente del IDS Ivan Jakovcic pensa che le elezioni straordinarie siano inevitabili perché l'uscita del suo partito dal governo ha cambiato la scena politica, e se ne attende la convocazione per i primi mesi dell'anno prossimo (Vecernji list, 6.6).
Al contrario Igor Dekanic, consigliere del presidente Mesic (Jutarnji list, 7.6), sostiene che la coalizione di pentapartito sia in grado di sopravvivere, e che non saranno necessarie nuove votazioni (ricordiamo che soltanto il presidente della Repubblica può indire le elezioni).
Secondo Dekanic è evidente che SDP si aspetta di uscire rafforzato da eventuali elezioni straordinarie, specialmente se andrà in porto l'alleanza con HSS. Anche HNS secondo le analisi dell'ufficio presidenziale sarebbe favorevole alle elezioni. Zlatko Tomcic dichiara (in un'intervista rilasciata a Vjesnik, 10.6) che le elezioni anticipate sono necessarie soltanto se entro l'autunno non sarà visibile l'avvio di un rinnovamento economico o alcuni segnali di superamento della crisi economico-sociale. "Noi siamo un partito responsabile, e perciò se non si vedranno questi segnali indiremo noi stessi le elezioni straordinarie; comunque di elezioni non è il caso di parlare prima dell'autunno" sottolinea Tomcic. Alcuni giorni dopo sempre Tomcic dichiara che dopo tutte le sparate dei partner di governo, è assolutamente necessario cercare un compromesso; se però non sarà possibile superare i problemi interni, l'unica soluzione resterà sciogliere l'alleanza con HSLS (Vecernji list, 12.6).

VERSO LO SCIOLIMENTO DEL HSLS?
Secondo Nino Djula (Jutarnji list, 9.6) è in corso un processo di dissoluzione del HSLS, il secondo partito della coalizione governativa. Il conflitto interno principale non è però di natura politica, ma di rapporto tra alcuni funzionari - come Goran Granic e altri -soddisfatti per le posizioni di potere acquisite, e altri che si sentono emarginati. Questi ultimi sostengono la necessità di criticare il governo attuale, e vogliono collaborare con HDZ e la destra radicale (tra essi Budisa).
E i conflitti interni si stanno intensificando: la federazione del HSLS di Koprivnica ad esempio ha chiesto le dimissioni del presidente Budisa, mentre a Virovitica si prepara la conferenza dei presidenti delle federazioni del partito che potrebbe sancire la dissoluzione del partito tra destra (meridionale) e centro (federazioni settentrionali), su spinta delle forze liberali interne che non tollerano più l'attuale orientamento favorevole alla destra (Vecernji list, 12.6).

L' UCK annuncia la tregua

15/06/2001 -  Anonymous User

Il leader politico dell'UCK, Ali Ahmeti, ha reso noto mediante un comunicato che i guerriglieri osserveranno una tregua fino al 27 giugno prossimo, al fine di facilitare la soluzione politica della crisi in corso. Ahmeti scrive nel comunicato (disponibile on line in sola lingua albanese sul sitoshqiponjapress) che: "L'Uck segue con particolare attenzione tutto ciò che può porre termine alla guerra e accoglie con favore, in particolare, il messaggio del segretario generale della Nato George Roberston e del capo della diplomazia europea Javier Solana".Solo ieri l'Esercito di Liberazione Nazionale aveva presentato un proprio piano di pace, fermamente respinto dalle autorità di Skopje, nel quale si chiedeva la partecipazione della NATO nel ruolo di mediatore. Il piano, suddiviso in tre parti, poneva come punto centrale il riconoscimento politico dell'UCK e, quindi, la sua presenza al tavolo dei negoziati di pace. Il piano, rende noto l'Ansa, ribadisce le stesse richieste politiche già presentate dai guerriglieri nello scorso mese di aprile nel loro primo memorandum ufficiale inviato a tutte le diplomazie occidentali. Tali richieste per ora sono state respinte non solo dalle autorità macedoni, ma anche dalle diplomazie internazionali.

Si intensificano i segnali di guerra civile in Macedonia

14/06/2001 -  Luka Zanoni

I segnali di un'imminente guerra civile sembrano esserci ormai tutti. Non solo per il fatto che le agenzie di ieri ed oggi riportino la dizione "guerra civile" nei loro testi, ma anche e soprattutto per le parole che nelle scorse ore sono state espresse dagli uomini politici coinvolti nella crisi. A tutto ciò occorre aggiungere il panico della popolazione che già avverte il precipitare della crisi.
Forse rimane ancora una flebile speranza nell'incontro diplomatico di oggi e domani a Ohrid, in Macedonia. Anche se una sensazione condivisa dice che la crisi macedone ormai scivola su un pericoloso piano inclinato.

La divisione del governo macedone

La spaccatura all'interno dell'ampia coalizione del governo macedone sembra sul punto di saltare. Il premier di governo Georgievski, sempre più orientato verso la dichiarazione dello stato di guerra, è in aperto conflitto con il presidente Trajkovski. Quest'ultimo, ampiamente appoggiato dalla comunità internazionale, cerca di sganciarsi dall'ombra del primo ministro per poter riprendere in mano la crisi interna ed uscirne in qualche modo vincitore, proprio quando la popolarità di Georgievski è in calo continuo e i suoi governi sono sempre meno stabili, senza contare poi che "il gruppo parlamentare del suo partito continua a disgregarsi a favore di altri gruppi parlamentari, mentre il ministro degli interni, Ljube Boskovski, che è stato portato a tale funzione da Georgievski come proprio 'soldato di partito' fidato, ha dichiarato che lo stato di guerra non è necessario" (D. Nikolic, La macedonia sta scivolando verso la guerra civile?, Danas, 9-10 giugno2001, tr.it. Notizie Est 447).
L'assenza di una vera comunicazione tra Georgievski e i leader albanesi, presenti nella coalizione di governo, uniti ai tentativi di boicottaggio del presidente Trajkovski da parte del primo ministro macedone, sono elementi che offrono la difficoltà strutturale del quadro entro il quale è collocata la crisi macedone. Pertanto in una situazione in cui "il vertice dello stato è 'amorfo'" sembra che sia difficile definire in tempi brevi un piano per la soluzione della crisi. Va aggiunto infine che l'esaurimento dei mezzi finanziari macedoni desta una certa preoccupazione. Sempre Danas riferisce che "finora la guerra è costata circa 350 milioni di marchi, cioè un milione di marchi al giorno", preannunciando che con il proseguimento del conflitto verranno drasticamente diminuiti stipendi e pensioni. Tutto ciò in previsione di un aumento delle forze di sicurezza macedoni, che dovrebbero acquistare nuovi armamenti dall'Ucraina e dalla Jugoslavia.
Trajkovski ha, tuttavia, proposto un piano di soluzione della crisi, che, a ben guardare, sembra ricalcare il piano avanzato tempo fa dall'ambasciatore Frowick. Il piano in cinque punti, da realizzare nell'arco di circa 45 giorni, mira, soprattutto nelle prime due fasi, alla soluzione militare addolcita dalla promessa di amnistia di quei combattenti non volontari che non si sono macchiati di crimini. Un commento di Andrea Ferrario, curatore di Notizie Est, definisce il piano "più un pietoso velo per coprire la mancanza di prospettive dei vertici del potere macedone, che un documento in grado di fornire una base, anche solo generica, per una soluzione della crisi nel paese" (Notizie Est 447).
Una cosa sembra certa, e cioè che il piano di Trajkovski ha tutta l'aria di essere "l'ultima chance" del dibattimento "politico", prima di procedere ad un intervento radicale e gettare il paese nella guerra civile (cfr. Saso Ordanoski, Trajkovski's "last chance plan", IWPR, 13 june 2001). Acquista, infine, rilievo il fatto che - come comunica l'agenzia serba Beta, su informazione del portavoce della polizia macedone Stevo Pendarovski - "a Skopje sia iniziato l'armamento dei maschi militarmente abili, al fine di accelerare la mobilitazione delle pattuglie dei riservisti della polizia, in caso di attacco degli estremisti albanesi".

L'intervento internazionale

La possibilità di un intervento internazionale è riecheggiata nelle parole del presidente francese Chirac e in quelle del consigliere del capo della diplomazia greca Alexis Rondos. Durante il summit della NATO che si è tenuto ieri a Bruxelles, il presidente francese ha detto, riferendosi alla crisi macedone, che "non bisogna escludere qualsiasi forma di azione necessaria a fermare questo sviluppo" (Sense). Solo poco dopo Chirac si è premurato di ribadire che "non stava pensando ad un eventuale azione militare" e che eventualmente la considererebbe come "l'ultima risorsa". Ma anche le parole di Blair sembrano andare nella direzione di un intervento. Secondo quando riportato dalla Reuters, Tony Blair ha detto che "è meglio creare dei preparativi e stabilizzare la situazione piuttosto che aspettare e lasciare che la situazione si deteriori" (Reuters 13 giugno 2001). L'agenzia inglese sottolinea inoltre che Francia e Gran Bretagna sono i primi promotori del piano della UE per creare una propria forza militare di reazione rapida.
Tuttavia anche la Grecia, come abbiamo detto, avanza ipotesi di intervento. Secondo Alexis Rondos l'azione della NATO in Macedonia non la si dovrebbe immaginare come "una grande campagna sul tipo di quella in Kosovo", né come una qualsiasi invasione. "Per quanto riguarda la presenza militare non richiederebbe un gran numero di persone. Si tratterebbe di un piccolo gruppo di militari ben addestrati, che rappresenterebbero la comunità internazionale in senso militare. Tale presenza militare garantirebbe il rispetto del cessate il fuoco, il disarmo dei rivoltosi e la sorveglianza sulla loro ritirata. Tale sviluppo offrirebbe lo spazio e il tempo per un accordo politico inter-macedone" (Sense, 13 giugno 2001). Fonti dalla Bulgaria riportano inoltre che, dopo la decisione della riunione del consiglio di sicurezza nazionale, sono già in corso nel paese esercitazioni di truppe speciali bulgare anti terrorismo (Sega, Monitor).
Ma le pressioni internazionali e macedoni sembrano aver favorito la crescita, anche nel Congresso americano, di un'ala favorevole all'intervento in Macedonia. Come riporta l'Ansa "senatori e autorevoli 'opinion makers' hanno oggi chiesto che gli Stati Uniti prendano l'iniziativa di cercare una soluzione politica alla crisi macedone, se necessario con il ricorso a truppe della Nato e anche americane. Il senatore Joseph Biden presidente della commissione del Senato per gli affari esteri dedicata alla crisi in Macedonia e alla presenza degli Usa nella Regione ha detto che: "Il nostro Paese deve aumentare il proprio impegno. La posta in palio in Macedonia è semplicemente troppo alta perché possiamo scegliere di avere un ruolo di secondo piano. Che piaccia o no, solo gli Stati Uniti hanno la credibilità politica e militare presso tutti i gruppi etnici per gestire con successo e risolvere la crisi nei Balcani" (Ansa 13 giugno 2001).

La popolazione nel panico

I quotidiani bulgari affermano che sono in corso allestimenti di capi profughi nel paese, per far fronte all'escalation di un intervento militare (Sega, Monitor). La preoccupazione della popolazione civile in Macedonia è altissima. Le rincorse ai generi alimentari, alle pompe di benzina e ai farmaci, sono indici sintomatici del forte odore di guerra che si avverte nella regione. Non sono pochi quelli che iniziano a lasciare il paese, senza aiuti dal governo o dalle agenzie internazionali. Migliaia di persone, insieme albanesi e macedoni, stanno lasciando Skopje, come conseguenza all'arrivo dell'UCK nei villaggi attorno alla capitale. La popolazione di Aracinovo, Vrnjarce, Stajkovci, tutti villaggi nei dintorni della capitale, così come i residenti di Cento e degli altri sobborghi di Skopje stanno lasciando le proprie abitazioni ( Gordana Stojanskova Icevska, "Skopje braced for war", IWPR 13 june 2001). L'UNCHR ha fatto sapere che dall'8 giugno presso la frontiera di Blace, fra il Kosovo e la Macedonia, è stato stimato un flusso di 12.00 persone, in prevalenza donne e bambini, verso la regione del Kosovo.
Nonostante i ripetuti inviti da parte del governo macedone rivolti a tranquillizzare la popolazione - "i cittadini non dovrebbero preoccuparsi della sicurezza della città di Skopje e delle sue vitali facilità perché sono assicurati" ha detto il portavoce del governo Antonio Milososki, riferendosi alle minacce fatte nei giorni scorsi dal comandante dell'UCK, Hoxha, circa la possibilità di colpire la capitale macedone - la psicosi da guerra si è già innescata.

Il governo macedone approva il piano Trajakovski

13/06/2001 -  Anonymous User

Il governo di unità nazionale macedone ha approvato il piano di soluzione della crisi proposto dal presidente Boris Trajkovski. Il piano presentato ieri dal capo di stato macedone prevede cinque fasi da realizzare in 45 giorni, che vanno dalle attività militari all'amnistia per quei guerriglieri che deporranno le armi.
La prima fase del piano che è già in corso si riferisce alle attività politiche e diplomatiche e alla formazione di un'unione delle forze di polizia e militari al fine di combattere la guerriglia albanese. La quarta fase dovrebbe riguardare il disarmo dei combattenti albanesi. Questa fase del piano contiene inoltre l'amnistia per quei combattenti che sono stati mobilitati con la forza, quindi non volontari, e che non hanno commesso alcun crimine.
Il piano di soluzione della crisi, che non prevede alcun cambiamento delle frontiere dello stato né una sua federalizzazione o cantonizzazione, è già stato pienamente accolto dalla comunità internazionale e dal presidente dell'Albania Pascal Milo.