Una figurina stilizzata intenta a passare lo spazzolone su un cervello - © MJgraphics/Shutterstock

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Elezioni e crisi sono contesti ideali per il proliferare della disinformazione, rendendo le fake news una tattica utile nelle operazioni di influenza. La valutazione dell'effettivo impatto della disinformazione deve ora essere una priorità nell'agenda della ricerca

30/11/2020 -  Serena GiustiElisa Piras

La produzione di "fake news" e la diffusione di vari tipi di informazioni manipolate tendono ad aumentare durante elezioni e crisi, come emerso ampiamente durante l'attuale pandemia. Elezioni e referendum sono momenti particolarmente delicati per la politica democratica, poiché i cittadini sono chiamati a scegliere i propri rappresentanti e sostenerne i programmi politici; crisi ed emergenze nazionali richiedono di prendere rapidamente decisioni importanti con effetti a lungo termine, spesso sulla base di informazioni incomplete. In entrambi i casi, il rapporto tra cittadini e rappresentanti è fondato sulla fiducia.

Elezioni e crisi sono contesti ideali per il proliferare di disinformazione e "fake news", anche grazie alle innovazioni tecnologiche (es. deepfakes). I principali effetti di questi fenomeni sulla politica democratica sono "l'inquinamento" del panorama dell'informazione e l'erosione della fiducia tra cittadini e decisori: nel peggiore dei casi, una sorta di “labirintite politica” in cui i cittadini, privi di qualsiasi orientamento, non sono in grado di formarsi un'opinione e scegliere le proprie fonti. In un simile scenario, la politica diventerebbe priva di significato per i cittadini e la democrazia sarebbe eclissata dalla demagogia. Anche se questo è solo uno scenario distopico, la situazione attuale dà tuttavia motivi di preoccupazione.

L'arrivo delle "fake news"

L'anno 2016, segnato dal referendum sulla Brexit e dalle presidenziali statunitensi, e di conseguenza da campagne elettorali molto frenetiche e polarizzanti, ha decisamente mostrato l'importanza delle "fake news" e delle informazioni manipolate in politica. Il termine "fake news" è stato utilizzato da entrambi i candidati alla presidenza: Hillary Clinton fece riferimento in un discorso alla “epidemia di fake news e propaganda mendace” sui social media, mentre il futuro presidente Donald Trump usò il termine per attaccare i media critici verso la sua candidatura e che, a suo avviso, avevano dato una copertura partigiana della sua campagna. Un anno dopo la sua elezione, Trump istituì un "Premio fake news" per i media che, a suo avviso, mancavano delle virtù giornalistiche di accuratezza e neutralità. I premi furono poi annunciati nel gennaio 2018, generando un'ondata di sconcerto tra politici e commentatori. Come ha dimostrato l'esito delle presidenziali 2020, il problema è ancora molto presente: dal 3 novembre vediamo scaramucce quotidiane fra Trump e diversi importanti media, tra cui l'ex alleata Fox News, sulla questione dell'affidabilità dei dati elettorali e sulla veridicità delle accuse di frode elettorale di Trump.

In altre parole, le "fake news" non sono solo un'arma politica che può essere utilizzata da attori esterni, ma anche una formidabile risorsa nelle mani dei politici per affrontare i problemi interni. Ciò che un presidente degli Stati uniti afferma tende ad essere considerato affidabile a causa del suo status. Tuttavia, anche le fonti di informazione presumibilmente più affidabili, come un presidente, possono invece canalizzare fake news, rafforzando l'idea di vivere in una dimensione di post-verità. Quando ciò accade, come abbiamo visto, l'autorità del Presidente può essere contestata da media tradizionali e social, che agiscono da fact-checker e segnalano quando una data informazione non è verificabile. Gli interventi dei giornalisti o degli amministratori delle società di social media aprono un importante dibattito sulla rilevazione delle "fake news" e sulla responsabilità della loro creazione e diffusione, senza dimenticare il rapporto tra stati e aziende nell'ambito dell'informazione.

Russia, disinformazione e interferenza

L'attenzione alle "fake news" è stata notevole anche dall'altra parte dell'Atlantico, dove il termine è molto spesso associato alla Russia. Recentemente, un gruppo di politici britannici ha iniziato a minacciare azioni legali a meno che l'attuale Primo Ministro Boris Johnson non ordini un'indagine indipendente per far luce su presunte interferenze russe. A luglio 2020, il Comitato per l'intelligence e la sicurezza del Parlamento britannico ha pubblicato un atteso rapporto sulle attività russe nel Regno unito, comprese le campagne di disinformazione, la guerra informatica e la persecuzione degli espatriati russi nel Regno unito. Il rapporto afferma che il governo non ha compiuto alcuno sforzo per indagare sull'interferenza russa nel referendum sull'UE del 2016 e chiede "un'azione immediata" per affrontare questo problema, tra cui "una valutazione della potenziale interferenza russa" nel voto sulla Brexit.

Sebbene gli effetti delle presunte interferenze russe debbano ancora essere dimostrati, vale la pena ricordare che qualsiasi processo complesso, come un'elezione o un referendum, è determinato da una serie di fattori che incidono in modo diverso sul fenomeno in esame; inoltre, qualsiasi processo elettorale coinvolge una miriade di attori formali e informali, interni ed esterni, e ognuno di loro ha un certo interesse a influenzare l'esito elettorale. Esiste quindi il rischio che le “fake news” possano essere ritenute responsabili di risultati causati in realtà da una serie di altri fattori. In altre parole, pur non sottovalutando l'impatto politico della disinformazione e riconoscendo che le tecnologie disponibili vi consentono il ricorso a livelli senza precedenti, non possiamo cadere nella trappola di costruire o accettare spiegazioni troppo semplificate di eventi politici complessi.

Per valutare l'impatto della manipolazione delle informazioni, quindi, avremmo bisogno di una prospettiva analitica che possa rendere conto della complessità della politica; inoltre, dovremmo misurare la correlazione tra la diffusione di notizie false e qualsiasi cambiamento nel comportamento politico dei destinatari, prima di dare per scontato che questa sia una specifica caratteristica della politica attuale. Anzi, il presunto impatto delle "fake news" sugli effettivi risultati elettorali rimane una questione molto controversa, mentre sembra chiaro che il comportamento elettorale dipende ancora principalmente da fattori socio-economici.

Valutare l'impatto della disinformazione

Negli ultimi anni sono state condotte numerose ricerche su tali dinamiche, per acquisire una migliore comprensione del loro effettivo impatto sulla democrazia e sviluppare proposte politiche significative per mitigare i rischi derivanti da queste nuove sfide. Proprio questi aspetti sono al centro dell'ultimo libro da noi curato, Democracy and Fake News. Information Manipulation and Post-truth Politics. Il libro è una raccolta di sedici saggi che affrontano il problematico nesso tra disinformazione e democrazia, offrendo una varietà di prospettive per evidenziare i principali aspetti critici riguardanti la concettualizzazione di notizie false e disinformazione, nonché la loro individuazione e analisi. Nella seconda parte del libro, un'attenzione particolare è dedicata allo studio delle origini e delle caratteristiche attuali della politica russa di disinformazione.

Diversi contributi evidenziano come il fenomeno delle "fake news" non sia un'invenzione russa e non possa essere analizzato sulla base di ipotesi troppo semplificate riguardanti dinamiche politiche nazionali o internazionali. I futuri progetti di ricerca dovrebbero considerare le dimensioni ideologiche, economiche e tecnologiche e tracciare le reti transnazionali coinvolte nella produzione, diffusione e consumo di fake news. Dovranno inoltre prestare particolare attenzione alla valutazione e alla misurazione dell'impatto della disinformazione sull'opinione pubblica, sul comportamento elettorale e sulla politica estera. Valutare l'effettivo impatto della disinformazione sulla vita politica degli stati e delle organizzazioni internazionali sarà la nuova frontiera nello studio delle "fake news".

 

 

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto ESVEI, co-finanziato da Open Society Institute in cooperazione con OSIFE/Open Society Foundations. La responsabilità dei contenuti di questa pubblicazione è esclusivamente di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa. 


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