Dai canali televisivi e tabloid serbi, che diffondono discorsi filo-russi e anti-kosovari, ai canali russi in Serbia che supportano la narrativa nazionalista serba fino ai gruppi Telegram. La propaganda russa contribuisce notevolmente alla crescente disinformazione su quanto accade in Kosovo

24/10/2023 -  Ardit Kika

(Originariamente pubblicato da Kosovo 2.0 , il 4 ottobre 2023)

In Kosovo, in tutti i comuni a maggioranza serba quotidianamente vengono distribuiti giornali stampati in Serbia. I tabloid allineati al regime di Belgrado – come Novosti, Alo e Srpski Telegraf – si trovano facilmente nelle edicole e nei negozi a Zubin Potok, come a Gračanica. Oltre a sostenere e rispecchiare la politica del presidente della Serbia Aleksandar Vučić, questi giornali appoggiano apertamente il presidente russo Vladimir Putin.

La Serbia è l’unico paese dei Balcani occidentali a non aver introdotto sanzioni contro la Russia per l’aggressione all’Ucraina. I titoli, spesso scritti a caratteri cubitali, che strillano dalle prime pagine dei tabloid serbi, sostengono l’invasione russa in Ucraina.

Alcuni giornali serbi sono talmente schierati a favore della Russia che spesso riprendono interi articoli dai media russi, ripubblicandoli senza alcuna revisione. L’anno scorso il quotidiano Večernje novosti ha riportato testualmente un articolo originariamente pubblicato da una testata russa, riferendosi all’esercito russo con l’espressione “il nostro esercito” e all’esercito ucraino con la parola “nemico”.

I serbi del Kosovo sono direttamente esposti alla narrazione filorussa che viene diffusa non solo dai tabloid, ma anche dai canali televisivi allineati al regime di Belgrado.

Stando ai risultati di un sondaggio condotto dal National Democratic Institute (NDI), nel periodo tra il 16 maggio e il 5 giugno di quest’anno – un periodo segnato da proteste e scontri nel nord del Kosovo – i serbi del Kosovo hanno seguito soprattutto la televisione serba, nello specifico i canali filogovernativi, come TV Pink e TV Happy, che sostengono anche la politica del governo russo.

Vi è un chiaro legame tra i contenuti audiovisivi fruiti e le opinioni dei serbi in Kosovo, come anche in Serbia.

Secondo un sondaggio dell'Eurobarometro della primavera 2023 sugli atteggiamenti dei cittadini dell’UE e dei paesi vicini, in Serbia si registra il più alto livello di disapprovazione per le sanzioni contro la Russia e il più forte sostegno all’invasione russa dell’Ucraina. Al contempo, tra tutti i paesi dei Balcani, è in Serbia che si osserva il sostegno più basso all’adesione all’UE. Dal sondaggio è anche emerso che i serbi del Kosovo sono più favorevoli alla Cina e alla Russia che all’UE, agli Stati Uniti e alla NATO.

Lo scopo della narrazione mediatica diffusa da Mosca è quello di estendere l’influenza russa nei Balcani, fomentare atteggiamenti ostili nei confronti dell’UE e della NATO e destabilizzare la regione, minando così il processo di integrazione euroatlantica del paesi balcanici. I media serbi sono il principale mezzo di diffusione della propaganda russa.

Serbia – hub della propaganda russa nei Balcani

Alcuni media statali russi, sanzionati dall’UE per la loro partecipazione alla guerra ibrida portata avanti da Mosca, hanno trovato rifugio in Serbia. Oltre al media online Sputnik Srbija, l’anno scorso anche l’emittente Russia Today ha lanciato un portale in lingua serba, RT Balkan.

In Kosovo invece nel 2022 sono stati banditi quattro canali russi via cavo e bloccati i domini di sei siti di informazione, compresi rt.com e sputniknews.com, ai quali però è ancora possibile accedere attraverso una rete privata virtuale (VPN). D’altra parte, i portali rt.rs e sputnikportal.rs non hanno subito alcuna restrizione e sono liberamente accessibili al pubblico kosovaro.

Secondo Stefan Janjić, caporedattore del portale Fake News Tragač , i motivi della diffusione dei contenuti russi in Serbia vanno cercati al di fuori dei confini serbi.

“[La Russia] è ben consapevole che, investendo in Serbia, può influenzare anche altri paesi della regione – Bosnia Erzegovina, Montenegro, Croazia – perché parliamo tutti la stessa lingua. Un messaggio pubblicato su Internet, dove non ci sono confini, fa presto a diffondersi in tutta l’area ex jugoslava”, spiega Janjić.

I media statali russi, come anche quelli controllati dal governo serbo, in Kosovo hanno trovato un terreno fertile per promuovere narrazioni infondate. Stefan Janjić sottolinea che la questione del Kosovo viene spesso tirata in ballo durante le trasmissioni dedicate alla guerra in Ucraina mandate in onda dai media allineati al regime serbo.

Gli analisti a cui viene dato spazio su TV Pink e TV Happy portano avanti un discorso secondo cui l’appoggio russo è uno dei principali pilastri su cui poggia la politica estera serba, un pilastro che permette alla leadership serba di isolare il Kosovo a livello internazionale e di mantenere viva l’idea che il Kosovo è parte integrante della Serbia.

“Una delle constatazioni a cui si è giunti è che la Serbia dovrebbe appoggiare il Cremlino [nella guerra contro l’Ucraina] e continuare a intrattenere stretti rapporti politici ed economici con la Russia perché quest’ultima sostiene la Serbia nella sua intenzione di bloccare l’ingresso del Kosovo nelle Nazioni Unite”, afferma Janjić.

La Serbia è costantemente impegnata nell’ostacolare i tentativi del Kosovo di aderire a diverse organizzazioni internazionali, in primis alle Nazioni Unite, e di conquistare così maggiore riconoscimento internazionale come stato indipendente. Mosca appoggia questa strategia della Serbia tanto che ha minacciato di utilizzare i proprio potere di veto nel Consiglio di sicurezza dell’Onu se la questione dell’adesione del Kosovo dovesse essere messa sul tavolo.

Stefan Janjić sottolinea che gli analisti politici e altri esperti che partecipano ai dibattiti trasmessi dalle emittenti serbe spesso parlano della possibilità di occupare nuovamente il Kosovo, utilizzando vari eufemismi, come “reintegrazione”.

“Durante questi dibattiti televisivi viene spesso lanciata l’idea, del tutto irrealistica, secondo cui Putin, una volta ‘finito il lavoro’ in Ucraina, aiuterà la Serbia a liberare il Kosovo e a reintegrarlo nel proprio territorio”, spiega Janjić.

L’idea di una “reintegrazione” del Kosovo è parte integrante del discorso nazionalista serbo e spesso emerge anche nella retorica e nel repertorio visivo dell’estrema destra , inserita in un discorso religioso oppure accompagnata da toni bellicosi e guerrafondai.

Nell’agosto di quest’anno, durante una partita contro la Fiorentina, i tifosi della Stella Rossa di Belgrado hanno realizzato una coreografia raffigurante un carro armato accompagnandola con uno striscione con la scritta “Kad se vojska na Kosovo vrati” [Quando l’esercito torna in Kosovo]. I media russi hanno poi riportato la notizia che questo slogan sarebbe stato utilizzato anche in alcuni murales e durante diverse gare sportive in Russia, e a settembre è comparso anche a Zubin Potok. Alcuni gruppi filo-russi su Telegram hanno diffuso la notizia secondo cui l’esercito russo avrebbe utilizzato munizioni con la scritta “Per il Kosovo serbo”.

Oltre che dalla destra attiva su Telegram, i messaggi ultranazionalisti vengono diffusi anche dai leader politici serbi e russi.

Nel febbraio 2022, Sergej Lavrov, ministro degli Esteri russo, ha dichiarato che i mercenari provenienti dal Kosovo, ma anche dall’Albania e dalla Bosnia Erzegovina, combattono a fianco dell’esercito ucraino, senza fornire alcun dettaglio per corroborare tale affermazione. Qualche mese più tardi, nel bel mezzo della crisi nel nord del Kosovo , Aleksandar Vučić ha diffuso una notizia falsa, affermando che diversi ceceni e circassi si sarebbero recati nel Kosovo settentrionale per uccidere i serbi.

Putin ha utilizzato la proclamazione di indipendenza del Kosovo come un precedente per giustificare l’invasione delle regioni ucraine di Donetsk e Luhansk e la loro annessione alla Russia.

“Durante la crisi del Kosovo, la Corte internazionale di giustizia ha stabilito che una parte di un territorio o di uno stato può dichiarare l’indipendenza senza il consenso del governo centrale”, ha affermato il presidente russo il 7 settembre 2022.

Nel 2010 il Tribunale dell’Aja ha precisato che la dichiarazione di indipendenza del Kosovo non viola il diritto internazionale, e lo scorso 17 marzo quello stesso tribunale ha emesso un mandato di arresto nei confronti di Putin, accusato di essere coinvolto in crimini di guerra commessi nei territori occupati dell’Ucraina.

Pur essendo contraria all’indipendenza di Pristina, Mosca ha sfruttato la decisione del Tribunale dell’Aja riguardo alla questione del Kosovo per giustificare l’invasione della Georgia del 2008 e l’annessione della Crimea del 2014.

La questione del Kosovo e quella dell’Ucraina non possono essere osservate nello stesso contesto di politica internazionale né tanto meno possono essere paragonate dal punto di vista dell’ordinamento costituzionale e delle consultazioni referendarie. Eppure, la Russia, nel tentativo di giustificare le guerre che ha combattuto e tuttora combatte, continua a invocare la dichiarazione di indipendenza di Pristina, pur non riconoscendo il Kosovo come stato sovrano.

I media controllati dal regime di Belgrado spesso glorificano Putin come protettore della Serbia e delle sue rivendicazioni territoriali sul Kosovo. Quando invece il presidente sfrutta la decisione del Tribunale dell’Aja riguardante l’indipendenza del Kosovo per soddisfare i propri interessi, quegli stessi media non esitano ad attaccarlo.

Stefan Janjić ricorda che dopo alcune dichiarazioni del presidente russo “i giornali serbi hanno scritto che ‘Putin ha pugnalato la Serbia alle spalle, cedendo il Kosovo in cambio del Donbass”. Recentemente, il quotidiano Blic ha titolato in prima pagina “A causa della sua guerra, Putin ha dimenticato il Kosovo e la Serbia”.

Ad ogni modo, i disaccordi tra Belgrado e Mosca sono sporadici e di breve durata, mentre i discorsi portati avanti dai due regimi solitamente coincidono, anche grazie ai soldi che il Cremlino investite nei media serbi, trasformandoli così in un hub della propaganda russa nei Balcani.

Notizie infondate sul Kosovo

I media statali russi accusano le autorità kosovare e gli Stati Uniti per le tensioni [nel nord del Kosovo], sostenendo che il popolo serbo in Kosovo è vittima di pulizia etnica, rapimenti e azioni legali politicamente motivate. I commentatori di Russia Today e Sputnik semplificano in modo esagerato le vicende politiche, ma anche quelle riguardanti la sicurezza e la giustizia in Kosovo.

I media russi che operano in Serbia, nello specifico i portali Sputnik Srbija e RT Balkan, spesso interpellano diversi analisti filo-russi, presentando come fatti alcune affermazioni propagandistiche e infondate sul Kosovo. Questi analisti, come anche alcuni influencer, hanno diffuso diverse informazioni non veritiere sul primo ministro kosovaro Albin Kurti, sostenendo che fosse stato “il leader spirituale dell’Esercito di liberazione del Kosovo (UÇK) e definendolo “nazista” e “discendente dei membri del Fronte Nazionale”, un gruppo nazionalista albanese che durante la Seconda guerra mondiale si schierò al fianco dei nazisti.

L’UÇK viene presentata come un’organizzazione terroristica e si sostiene falsamente che non sia mai stata disarmata. Nella narrazione diffusa dal portale Sputnik i serbi e la Serbia sono le uniche vittime delle guerre jugoslave.

Un presunto esperto interpellato da Sputnik, Stevan Gajić, ha criticato i paesi che esercitano pressione sulla leadership serba affinché si allinei alle sanzioni contro la Russia. Un'eventuale decisione della Serbia di imporre sanzioni a Mosca equivarrebbe, secondo Gajić, ad una rinuncia a quel che è rimasto della sovranità serba. “Così la Serbia rischierebbe di autocancellarsi, condannando se stessa ad una condizione di sottomissione verso chi voleva ucciderci”, ha affermato Gajić alludendo ai bombardamenti NATO del 1999.

Agon Maliqi, analista politico che segue l’agenda geostrategica del Cremlino, spiega che la narrazione russa insiste sul fatto che il Kosovo è “il cuore della Serbia”, presentando l’Occidente come un nemico.

Secondo Maliqi, il discorso portato avanti dai media russi è imperniato sul idea che l’Occidente non solo ha permesso al Kosovo di separarsi dalla Serbia, ma ora vuole cancellare i serbi da quelle terre. I media russi sostengono che sia in corso “una battaglia per il cuore della Serbia: loro vogliono farvi del male, mentre noi [russi] cerchiamo di aiutarvi”.

Le affermazioni delle persone intervistate da Sputnik e RT Balkan vengono presentate come fatti inconfutabili e questi media non contattano mai le istituzioni kosovare per un commento.

Durante le tensioni nel nord del Kosovo i media russi tendono ad omettere informazioni importanti sulla situazione sul campo, sostenendo che le tensioni vengano alimentate dall’UE e dagli Stati Uniti.

L’anno scorso si è assistito all’acuirsi delle tensioni in Kosovo dopo la decisione delle autorità di Pristina di vietare l’utilizzo delle targhe di immatricolazione rilasciate dalla Serbia. L’implementazione delle disposizioni riguardanti le nuove targhe è iniziata il primo novembre 2022 e alla polizia kosovara è stato ordinato di sanzionare chiunque guidasse un veicolo con targhe vietate. Reagendo a questa decisione, la Srpska Lista – il principale partito dei serbi del Kosovo, sostenuto dalla leadership di Belgrado – ha invitato i serbi ad abbandonare tutte le istituzioni kosovare.

Dopo le dimissioni dei sindaci e dei consiglieri comunali serbi, il governo di Pristina è stato costretto a indire elezioni anticipate nei comuni a maggioranza serba. Le elezioni sono state inizialmente previste per dicembre 2022, ma a causa di un attacco alla sede della Commissione elettorale, la presidente del Kosovo Vjosa Osmani, dopo le consultazioni con i partiti politici kosovari e con i rappresentanti dell’UE e degli Stati Uniti, ha deciso di rinviare il voto.

Le elezioni comunali nel nord del Kosovo si sono finalmente svolte lo scorso 23 aprile, ma sono state boicottate dalla stragrande maggioranza dei serbi. Quindi, con un’affluenza molto bassa sono stati eletti dei sindaci albanesi. Quando, scortati dalla polizia, hanno tentato di entrare negli edifici municipali, i neo eletti sindaci hanno incontrato la resistenza dei serbi.

Durante l’estate gli abitanti di Leposavić, Zvečan e Zubin Potok hanno organizzato proteste che ad un certo punto sono sfociate in scontri. In alcuni video si vede come i manifestanti attaccano la KFOR, le forze dell’ordine e i giornalisti con pietre, bombe stordenti e armi da fuoco. Novantatré membri della KFOR sono rimasti feriti. Inoltre, i manifestanti hanno imbrattato i veicoli della polizia e dei giornalisti scrivendo la lettera Z, simbolo della propaganda di guerra russa.

Nessun funzionario kosovaro né serbo, nemmeno lo stesso Vučić, ha cercato di smentire il fatto che durante le recenti proteste nel nord del Kosovo si sono verificati alcuni episodi violenti. Tuttavia, in un articolo dedicato al vertice della NATO tenutosi a Vilnius nel luglio di quest’anno, Sputnik ha cercato di mettere in discussione quanto accaduto, ricorrendo alle virgolette: “La NATO resta impegnata in Kosovo e, come ha affermato, condanna ‘gli attacchi alle forze della KFOR’”.

Nei suoi testi, la redazione del portale Sputnik si sforza costantemente di mettere in discussione tutti gli sforzi per calmare la situazione nel nord del Kosovo, trattando tutte le opinioni degli esperti e dei cittadini come dati di fatto. Così ad esempio in un articolo è stata riportata l’affermazione di un uomo – la cui identità peraltro non è mai stata rivelata – che ha negato che i manifestanti abbiano attaccato la KFOR.

“Guarda, la KFOR è qui da quando ci siamo anche noi. Non si è verificato alcun incidente perché subito il primo giorno abbiamo detto che non è colpa loro e che non abbiamo nulla contro di loro. Ci opponiamo a quelli che hanno occupato i nostri posti di lavoro travolgendo le nostre vite”, ha dichiarata l’uomo intervistato da Sputnik.

L’articolo in questione è stato pubblicato dopo la firma di un accordo, raggiunto lo scorso 10 giugno a Bratislava tra i rappresentanti dell’UE e del Kosovo, che prevedeva, tra l’altro, un graduale ritiro della polizia kosovara dai municipi nel nord del Kosovo. Nell’articolo , intitolato Sputnik con i serbi nel nord del Kosovo e Metohija, la presenza della polizia kosovara nel nord viene paragonata ad un’occupazione, suggerendo che i serbi che lavoravano nell’amministrazione comunale in realtà sono stati licenziati.

Agon Maliqi spiega che Sputnik Srbija e Russia Today Balkan rispecchiano la posizione di Mosca che sta sfruttando le tensioni in Kosovo per creare problemi all’Occidente e per ostacolare la normalizzazione dei rapporti tra Serbia e Kosovo. La narrazione russa mira ad acuire le divergenze tra gli albanesi e i serbi del Kosovo in modo da impedire il raggiungimento di un eventuale accordo tra Belgrado e Pristina.

“L’impegno per trovare un accordo sta diventando sempre più difficile. Se prestate attenzione, noterete che queste notizie arrivano perlopiù dalla Serbia”, afferma Maliqi.

Lo scorso 24 settembre, nel villaggio di Banjska nei pressi di Zvečan, un gruppo di circa trenta persone armate ha ucciso un agente della polizia kosovara, ferendone altri tre. Da quel giorno Sputnik Srbija e RT Balkan hanno allineato la loro versione dei fatti a quella del governo serbo, riprendendo le affermazioni di Vučić secondo cui quell’attacco è stato una reazione dei serbi che “non vogliono più sopportare il terrore di Kurti”. Il presidente serbo ha dichiarato un giorno di lutto nazionale per la morte dei tre aggressori.

Poche ore prima dell’incidente di Banjska, su un canale Telegram filo-russo e ultranazionalista denominato Slovenski medved [l’orso slavo]è stato pubblicato un messaggio che incitava alla violenza contro la polizia kosovara. “Anche noi serbi sappiamo qualcosa di guerra. Le crescenti provocazioni degli šiptari dovrebbero spingerci a riflettere su cosa possiamo fare, e possiamo fare molto”, si legge nel posto su Slovenski medved, con cui è stata annunciata “un’operazione militare speciale”.

Oltre a diffondere l’odio interetnico ricorrendo agli appellativi offensivi, i canali come Slovenski medved e BUNT costantemente denigrano le forze dell’ordine kosovare, al contempo glorificando gli aggressori come eroi. Nei loro discorsi, il governo di Pristina viene definito un’organizzazione terroristica.

Disinformazione russa su Telegram

Le applicazioni di messaggistica permettono agli utenti non solo di scambiare messaggi, ma anche di avviare chat di gruppo. Su applicazioni come Telegram, le chat di gruppo sono diventate un mezzo per diffondere disinformazioni e notizie false. Adea Beqaj del National Democratic Institute (NDI) spiega che è molto più difficile monitorare le app come Telegram rispetto ai canali televisivi e tabloid serbi che diffondono discorsi filo-russi e anti-kosovari.I serbi del Kosovo spesso utilizzano Telegram come fonte di informazioni. Beqaj osserva che negli ultimi mesi su Telegram sono state diffuse alcune disinformazioni finalizzate a far credere che il numero dei soldati della KFOR feriti a maggio fosse inferiore a quello effettivo. Secondo la ricercatrice, nel riportare le notizie su Telegram spesso si citano fonti fittizie, e le informazioni provenienti dalla Russia circolano soprattutto sui canali utilizzati dai serbi del Kosovo.

"Su Telegram spesso circolano notizie che non si è riusciti a far pubblicare dai media serbi", spiega Beqaj. Stando ai risultati di una ricerca condotta dal NDI, ogni volta che le tensioni nel nord del Kosovo si acuiscono, la Russia intensifica la sua guerra ibrida contro l'Occidente e contro il governo kosovaro, diffondendo affermazioni infondate sui presunti maltrattamenti della popolazione serba del Kosovo, creando così un clima di paura. "Allora nei telegiornali si parla dei maltrattamenti subiti dalla comunità serba del Kosovo, ossia di come le autorità kosovare vogliono escludere i serbi, e vengono persino menzionate le presunte liste dei membri della comunità serba da aggredire o addirittura uccidere", afferma Adea Beqaj.

Tali discorsi rispecchiano gli atteggiamenti dei serbi del Kosovo nei confronti delle istituzioni kosovare. Da un recente sondaggio condotto dal NDI tra i serbi del Kosovo è emerso che il 56% degli intervistati percepisce la polizia kosovara come incline a maltrattare la comunità serba, mentre il 58% ritiene che la leadership di Pristina abbia intenzione di cacciare i serbi dai comuni del nord. Secondo Beqaj, questi atteggiamenti sono stati plasmati dalle campagne di disinformazione portate avanti dai media serbi.

"L'intenzione è forse quella di innescare tensioni, ma anche di screditare le istituzioni kosovare agli occhi dei serbi. Ad ogni modo, l'attuale contesto è molto delicato e questo indubbiamente incide in maniera rilevante sulla propaganda". Russia Today Balkan e Sputnik Srbija sono focalizzati sulla diffusione della propaganda su app di messaggistica, cercando così - come spiega Stefan Janjić - di aggirare gli accertamenti della veridicità delle notizie effettuati da piattaforme come Facebook. "La loro propaganda consiste nella diffusione di opinioni piuttosto che di notizie false. Credo che l'intero meccanismo funzioni su due livelli: su un livello c'è la propaganda dei media serbi che è più esplicita e più creativa e contiene una quantità maggiore di bugie; sull'altro livello invece c'è la propaganda russa che si sta dimostrando più cauta", conclude Janjić.


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