Laghi di Plitvice (foto G. Vale)

Laghi di Plitvice (foto G. Vale)

Turismo, traffico, inquinamento, costruzioni. Plitvice, oggi, non rima più soltanto con acqua trasparente e natura incontaminata. E si rischia che i laghi vengano cancellati dalla lista dell'Unesco

31/01/2018 -  Giovanni Vale Zagabria

Con un ombrello rosso in mano e il passo misurato di chi conosce a memoria il percorso, Helena Petrović risale il sentiero che sovrasta i laghi di Plitvice. Fin dal 1979, ovvero fin dall’anno in cui il parco fu iscritto nella lista del Patrimonio mondiale dell’umanità, questa signora dall’aria distinta e compita conduce i visitatori alla scoperta di uno dei gioielli più preziosi della Croazia. "Il parco non è cambiato di molto in tutti questi anni", racconta Petrović mentre guarda dall’alto il complesso dei sedici laghi, parzialmente addormentati in inverno. "Quello che è davvero cambiato è tutto ciò che ci ruota attorno", aggiunge.

Turismo, traffico, inquinamento, costruzioni. Plitvice, oggi, non rima più soltanto con acqua trasparente e natura incontaminata. E proprio per questo, l’Unesco ha chiesto al governo croato di inviare entro questo giovedì 1° febbraio una lista di misure urgenti da intraprendere per tutelare maggiormente l’area. In caso contrario, la proprietà sarà iscritta nella lista del Patrimonio dell’umanità in pericolo.

Mentre camminiamo lungo il percorso di visita all’interno del parco, Helena Petrović spiega le specificità dell’ecosistema che ci circonda e le sfide a cui oggi è sottoposto. La formazione continua di travertino, la roccia calcarea che dà vita alle celebri cascate di Plitvice, è solo uno degli elementi eccezionali che caratterizzano quest’area protetta di quasi 30.000 ettari. Il parco ospita infatti anche una ventina di piante endemiche, 350 specie di farfalle, 42 diversi tipi di libellula, così come orsi, cinghiali e cervi… Una flora e una fauna ricchissime, ma sulle quali preme la crescente pressione del turismo. Dal 1979, infatti, il numero annuale dei visitatori è passato da 500.000 a 1,7 milioni nel 2017, con dei picchi giornalieri di 17.000 ingressi nell’agosto scorso. Numeri troppo alti sia perché i turisti possano godere pienamente della natura, sia perché gli abitanti vegetali ed animali del parco - oggi aperto tutto l’anno - possano riposarsi.

Un Bed and Breakfast nel parco nazionale

Tuttavia, il problema più grave a cui fanno fronte i laghi di Plitvice è paradossalmente meno visibile. “Dietro la grande cascata, si trova il villaggio di Plitvica Selo, dove la maggior parte delle nuove abitazioni sono state costruite a ridosso del parco”, afferma Helena Petrović indicando con l’ombrello chiuso l’altura da cui scende la cascata più alta della Croazia. “Fino al 1991, quando abbiamo dovuto abbandonare il parco per via della guerra, in quest’area non era stata costruita nemmeno una casa. A fine conflitto, poco dopo il 1995, mi ricordo di una persona che ha edificato una prima abitazione (in realtà ricostruendo un vecchio rudere) e noi eravamo tutti scioccati. Oggi, ci sono centinaia e centinaia di nuove case qui attorno, tutte sorte negli ultimi cinque anni”, prosegue la guida scuotendo la testa. Investitori privati, piccoli e grandi, hanno approfittato della complicità delle autorità locali e di un nuovo Piano territoriale approvato nel 2014 per intercettare l’immenso flusso turistico che gravita attorno ai laghi, mentre l’amministrazione del parco non ha voce in capitolo.

La missione Unesco, che ha visitato il parco nel gennaio 2017, ha puntato il dito proprio contro questo fenomeno. “A causa della crescente domanda di alloggi e delle opportunità di business, si assiste ad una rapida crescita delle proprietà, con molte vecchie fattorie e altri edifici trasformati ed ampliati in strutture turistiche”, si legge nel rapporto approvato nel luglio scorso dal Comitato per il patrimonio mondiale (Whc). Le nuove costruzioni non soltanto “modificano in modo drammatico il paesaggio”, ma “aumentano le esigenze di acqua potabile”, “accrescono il volume delle acque reflue e del traffico automobilistico” e “impongono delle infrastrutture migliori”. I numeri aiutano a dare il quadro della situazione. “Nei soli comuni di Plitvica Selo e Plitvička Jezera, il numero degli appartamenti privati è passato da 16 nel 2009 ad oltre 300 nel 2017, con un balzo nei pernottamenti da 600 (2009) ad oltre 30mila (2017)”, afferma l’ex direttore del parco nazionale Andjelko Novosel.

Responsabile della salvaguardia del parco dal 2012 al 2016 e direttore dal 2016 al 2017, Novosel assicura di aver subito “una forte pressione” proprio da parte di questi investitori privati. “Volevano che aprissi un terzo ingresso al parco, più vicino alle loro proprietà, ma mi sono rifiutato e spero che la nuova gestione continui a farlo”, sostiene questo professore di geologia e geografia. “I proprietari di quelle strutture ricettive stampano le proprie mappe del parco, conducono autonomamente i visitatori all’interno, permettono loro di usare delle biciclette… insomma, sfidano l’autorità del parco nazionale”, prosegue Novosel, che assicura di essere stato sostituito dal governo Plenković proprio per la sua ferma politica di difesa dei laghi di Plitvice. All’interno dell’area protetta, la nostra guida Helena Petrović ammette a malincuore che questo “grande problema” esiste. “Manca comunicazione tra il parco e i privati e questi ultimi dovrebbero essere più onesti con i turisti”, spiega Petrović, “dicono loro «siete a 200 metri dai laghi», ed è vero, ma in realtà l’ingresso ufficiale del parco è a 24 km di distanza dall’altra parte!”.

Allarme acqua ai laghi di Plitvice

Acque nere a Plitvice (foto G. Vale)

Acque nere a Plitvice (foto G. Vale)

Una visita a Plitvica Selo rende la situazione appena descritta ancora più allarmante. Qui, un gruppo di veterani della guerra d’indipendenza croata ha preso a cuore il futuro del parco e nell’estate del 2017 ha organizzato un accampamento di protesta durato oltre cento giorni, dal 21 giugno fino al 15 ottobre 2017. Ivica Jandrić, uno degli ex combattenti, ci guida tra le stradine che si ramificano proprio sopra la grande cascata e indica tutto quello che non va. “Queste case sono slegate dal sistema fognario pubblico, recuperano l’acqua di cui hanno bisogno direttamente dal bacino dei laghi e svuotano le acque reflue nel terreno circostante”, sostiene Jandrić, che ci indica quello che i locali hanno battezzato “il 17° lago”, ovvero una pozza maleodorante in cui si getta un tubo di scarico non meglio identificato. “Mi ricordo benissimo di quando l’acqua era potabile in fondo alla grande cascata. Ho una vecchia foto di me che ne bevo proprio qui!”, afferma sdegnato l’ex combattente. Oggi, le analisi indicano una situazione diversa.

Detergenti, pesticidi, acque fecali… Nei laghi di Plitvice e soprattutto nelle cascata che si getta nel fiume Korana, queste sostanze si trovano in misure superiori a quanto previsto, stando allo studio effettuato a fine luglio 2017 dall’Istituto di salute pubblica croato. A Zagabria, l’analisi ha spinto il deputato Branimir Bunjac, del movimento “Živi zid”, a chiedere al governo di fermare le costruzioni all’interno del parco e di approvare un nuovo Piano territoriale, che le renda illegali. “La verità è che entrambi i partiti, sia i socialdemocratici (Sdp) che i conservatori (Hdz), usano i laghi di Plitvice come un bancomat. Basti pensare che il parco fattura 280 milioni di kune l’anno (38 milioni di euro, ndr.), mentre la Regione della Lika e di Segna in cui si trova ha un budget annuale di appena 180 milioni di kune (24 milioni di euro, ndr.)!”, accusa il deputato indipendente. A dimostrazione delle sue affermazioni, Bunjac ricorda che “l’attuale Piano territoriale fu preparato dalla Regione della Lika e di Segna, governata dall’Hdz, ma votato in parlamento dal governo Sdp di Milanović”.

Come il deputato, anche i veterani di guerra chiedono all’esecutivo del premier Plenković di cambiare le regole sulla costruzioni, ma non solo. Esigono anche che tutte le abitazioni edificate con delle irregolarità vengano demolite. E avvertono: “Abbiamo già previsto una prossima manifestazione a Zagabria e se necessario, bloccheremo l’accesso ai laghi di Plitvice”.

L’intervento del governo

Interrogato via mail su queste problematiche, il ministero croato dell’Ambiente e dell’Energia si è detto fiducioso sul futuro del parco e sulla decisione dell’agenzia Onu. “Crediamo che l’Unesco riconoscerà i nostri sforzi e l’intenso lavoro intrapreso in tutti i settori”, assicurano dal ministero, sottolineando alcune misure già intraprese per rispondere alle criticità sollevate dalla delegazione internazionale: creazione di un gruppo di lavoro, ispezioni presso i cantieri e definizione di un programma a livello locale per sviluppare le infrastrutture idriche necessarie alle nuove abitazioni.

In quanto agli eventuali abusi commessi negli ultimi durante la fase di costruzione (i veterani hanno ad esempio filmato camion e ruspe mentre attraversavano un ponte in legno limitato alle sole autovetture), il ministero si limita a rispondere che “l’amministrazione del parco controlla regolarmente la qualità dell’acqua e che né il parco né gli organi di ispezione hanno notato dei danni permanenti alla natura, ma soltanto dei casi isolati” e che “le abitazioni di per sé non impattano sul Valore eccezionale universale (Ouv) del parco, se la fornitura dell’acqua e le fognature funzionano correttamente”.

Passata la scadenza del 1° febbraio, il Comitato per il Patrimonio mondiale (Whc) dell’Unesco e l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura (Iucn) decideranno se visitare nuovamente i laghi di Plitvice. Dopodiché, una decisione sarà annunciata dal Whc entro sei settimane prima della prossima sessione del Comitato (la 42a, che si terrà a fine giugno in Bahrein). La Croazia potrà allora richiedere delle modifiche e presentare delle argomentazioni. La decisione finale sullo status del parco sarà infine presa tra il 24 giugno e il 4 luglio in Bahrein.

Questa pubblicazione/traduzione è stata prodotta nell'ambito del progetto Il parlamento dei diritti, cofinanziato dall'Unione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.


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