Politica

Si intensificano i segnali di guerra civile in Macedonia

14/06/2001 -  Luka Zanoni

I segnali di un'imminente guerra civile sembrano esserci ormai tutti. Non solo per il fatto che le agenzie di ieri ed oggi riportino la dizione "guerra civile" nei loro testi, ma anche e soprattutto per le parole che nelle scorse ore sono state espresse dagli uomini politici coinvolti nella crisi. A tutto ciò occorre aggiungere il panico della popolazione che già avverte il precipitare della crisi.
Forse rimane ancora una flebile speranza nell'incontro diplomatico di oggi e domani a Ohrid, in Macedonia. Anche se una sensazione condivisa dice che la crisi macedone ormai scivola su un pericoloso piano inclinato.

La divisione del governo macedone

La spaccatura all'interno dell'ampia coalizione del governo macedone sembra sul punto di saltare. Il premier di governo Georgievski, sempre più orientato verso la dichiarazione dello stato di guerra, è in aperto conflitto con il presidente Trajkovski. Quest'ultimo, ampiamente appoggiato dalla comunità internazionale, cerca di sganciarsi dall'ombra del primo ministro per poter riprendere in mano la crisi interna ed uscirne in qualche modo vincitore, proprio quando la popolarità di Georgievski è in calo continuo e i suoi governi sono sempre meno stabili, senza contare poi che "il gruppo parlamentare del suo partito continua a disgregarsi a favore di altri gruppi parlamentari, mentre il ministro degli interni, Ljube Boskovski, che è stato portato a tale funzione da Georgievski come proprio 'soldato di partito' fidato, ha dichiarato che lo stato di guerra non è necessario" (D. Nikolic, La macedonia sta scivolando verso la guerra civile?, Danas, 9-10 giugno2001, tr.it. Notizie Est 447).
L'assenza di una vera comunicazione tra Georgievski e i leader albanesi, presenti nella coalizione di governo, uniti ai tentativi di boicottaggio del presidente Trajkovski da parte del primo ministro macedone, sono elementi che offrono la difficoltà strutturale del quadro entro il quale è collocata la crisi macedone. Pertanto in una situazione in cui "il vertice dello stato è 'amorfo'" sembra che sia difficile definire in tempi brevi un piano per la soluzione della crisi. Va aggiunto infine che l'esaurimento dei mezzi finanziari macedoni desta una certa preoccupazione. Sempre Danas riferisce che "finora la guerra è costata circa 350 milioni di marchi, cioè un milione di marchi al giorno", preannunciando che con il proseguimento del conflitto verranno drasticamente diminuiti stipendi e pensioni. Tutto ciò in previsione di un aumento delle forze di sicurezza macedoni, che dovrebbero acquistare nuovi armamenti dall'Ucraina e dalla Jugoslavia.
Trajkovski ha, tuttavia, proposto un piano di soluzione della crisi, che, a ben guardare, sembra ricalcare il piano avanzato tempo fa dall'ambasciatore Frowick. Il piano in cinque punti, da realizzare nell'arco di circa 45 giorni, mira, soprattutto nelle prime due fasi, alla soluzione militare addolcita dalla promessa di amnistia di quei combattenti non volontari che non si sono macchiati di crimini. Un commento di Andrea Ferrario, curatore di Notizie Est, definisce il piano "più un pietoso velo per coprire la mancanza di prospettive dei vertici del potere macedone, che un documento in grado di fornire una base, anche solo generica, per una soluzione della crisi nel paese" (Notizie Est 447).
Una cosa sembra certa, e cioè che il piano di Trajkovski ha tutta l'aria di essere "l'ultima chance" del dibattimento "politico", prima di procedere ad un intervento radicale e gettare il paese nella guerra civile (cfr. Saso Ordanoski, Trajkovski's "last chance plan", IWPR, 13 june 2001). Acquista, infine, rilievo il fatto che - come comunica l'agenzia serba Beta, su informazione del portavoce della polizia macedone Stevo Pendarovski - "a Skopje sia iniziato l'armamento dei maschi militarmente abili, al fine di accelerare la mobilitazione delle pattuglie dei riservisti della polizia, in caso di attacco degli estremisti albanesi".

L'intervento internazionale

La possibilità di un intervento internazionale è riecheggiata nelle parole del presidente francese Chirac e in quelle del consigliere del capo della diplomazia greca Alexis Rondos. Durante il summit della NATO che si è tenuto ieri a Bruxelles, il presidente francese ha detto, riferendosi alla crisi macedone, che "non bisogna escludere qualsiasi forma di azione necessaria a fermare questo sviluppo" (Sense). Solo poco dopo Chirac si è premurato di ribadire che "non stava pensando ad un eventuale azione militare" e che eventualmente la considererebbe come "l'ultima risorsa". Ma anche le parole di Blair sembrano andare nella direzione di un intervento. Secondo quando riportato dalla Reuters, Tony Blair ha detto che "è meglio creare dei preparativi e stabilizzare la situazione piuttosto che aspettare e lasciare che la situazione si deteriori" (Reuters 13 giugno 2001). L'agenzia inglese sottolinea inoltre che Francia e Gran Bretagna sono i primi promotori del piano della UE per creare una propria forza militare di reazione rapida.
Tuttavia anche la Grecia, come abbiamo detto, avanza ipotesi di intervento. Secondo Alexis Rondos l'azione della NATO in Macedonia non la si dovrebbe immaginare come "una grande campagna sul tipo di quella in Kosovo", né come una qualsiasi invasione. "Per quanto riguarda la presenza militare non richiederebbe un gran numero di persone. Si tratterebbe di un piccolo gruppo di militari ben addestrati, che rappresenterebbero la comunità internazionale in senso militare. Tale presenza militare garantirebbe il rispetto del cessate il fuoco, il disarmo dei rivoltosi e la sorveglianza sulla loro ritirata. Tale sviluppo offrirebbe lo spazio e il tempo per un accordo politico inter-macedone" (Sense, 13 giugno 2001). Fonti dalla Bulgaria riportano inoltre che, dopo la decisione della riunione del consiglio di sicurezza nazionale, sono già in corso nel paese esercitazioni di truppe speciali bulgare anti terrorismo (Sega, Monitor).
Ma le pressioni internazionali e macedoni sembrano aver favorito la crescita, anche nel Congresso americano, di un'ala favorevole all'intervento in Macedonia. Come riporta l'Ansa "senatori e autorevoli 'opinion makers' hanno oggi chiesto che gli Stati Uniti prendano l'iniziativa di cercare una soluzione politica alla crisi macedone, se necessario con il ricorso a truppe della Nato e anche americane. Il senatore Joseph Biden presidente della commissione del Senato per gli affari esteri dedicata alla crisi in Macedonia e alla presenza degli Usa nella Regione ha detto che: "Il nostro Paese deve aumentare il proprio impegno. La posta in palio in Macedonia è semplicemente troppo alta perché possiamo scegliere di avere un ruolo di secondo piano. Che piaccia o no, solo gli Stati Uniti hanno la credibilità politica e militare presso tutti i gruppi etnici per gestire con successo e risolvere la crisi nei Balcani" (Ansa 13 giugno 2001).

La popolazione nel panico

I quotidiani bulgari affermano che sono in corso allestimenti di capi profughi nel paese, per far fronte all'escalation di un intervento militare (Sega, Monitor). La preoccupazione della popolazione civile in Macedonia è altissima. Le rincorse ai generi alimentari, alle pompe di benzina e ai farmaci, sono indici sintomatici del forte odore di guerra che si avverte nella regione. Non sono pochi quelli che iniziano a lasciare il paese, senza aiuti dal governo o dalle agenzie internazionali. Migliaia di persone, insieme albanesi e macedoni, stanno lasciando Skopje, come conseguenza all'arrivo dell'UCK nei villaggi attorno alla capitale. La popolazione di Aracinovo, Vrnjarce, Stajkovci, tutti villaggi nei dintorni della capitale, così come i residenti di Cento e degli altri sobborghi di Skopje stanno lasciando le proprie abitazioni ( Gordana Stojanskova Icevska, "Skopje braced for war", IWPR 13 june 2001). L'UNCHR ha fatto sapere che dall'8 giugno presso la frontiera di Blace, fra il Kosovo e la Macedonia, è stato stimato un flusso di 12.00 persone, in prevalenza donne e bambini, verso la regione del Kosovo.
Nonostante i ripetuti inviti da parte del governo macedone rivolti a tranquillizzare la popolazione - "i cittadini non dovrebbero preoccuparsi della sicurezza della città di Skopje e delle sue vitali facilità perché sono assicurati" ha detto il portavoce del governo Antonio Milososki, riferendosi alle minacce fatte nei giorni scorsi dal comandante dell'UCK, Hoxha, circa la possibilità di colpire la capitale macedone - la psicosi da guerra si è già innescata.

Il governo macedone approva il piano Trajakovski

13/06/2001 -  Anonymous User

Il governo di unità nazionale macedone ha approvato il piano di soluzione della crisi proposto dal presidente Boris Trajkovski. Il piano presentato ieri dal capo di stato macedone prevede cinque fasi da realizzare in 45 giorni, che vanno dalle attività militari all'amnistia per quei guerriglieri che deporranno le armi.
La prima fase del piano che è già in corso si riferisce alle attività politiche e diplomatiche e alla formazione di un'unione delle forze di polizia e militari al fine di combattere la guerriglia albanese. La quarta fase dovrebbe riguardare il disarmo dei combattenti albanesi. Questa fase del piano contiene inoltre l'amnistia per quei combattenti che sono stati mobilitati con la forza, quindi non volontari, e che non hanno commesso alcun crimine.
Il piano di soluzione della crisi, che non prevede alcun cambiamento delle frontiere dello stato né una sua federalizzazione o cantonizzazione, è già stato pienamente accolto dalla comunità internazionale e dal presidente dell'Albania Pascal Milo.

Articolo

13/06/2001 -  Anonymous User

Sono tornati dopo due mesi tutti i cinque delegati dell'HDZ nel Parlamento federale della Bosnia Erzegovina. Ricordiamo: con la
nascita della cosiddetta "Autonomia croata", i deputati
HDZ avevano lasciato il Parlamento federale
promettendo di tornarci solo da vincitori. Dopo
mesi di assenza tornano, ma non sembra che
abbiano vinto. Comunque Mariofil Ljubic, Marko
Amidzic, Mijo Grabovic, Zdenko Vukic e Mirko Bakovic
hanno partecipato alla seduta parlamentare del 7
giugno.
Sembra così che l'Autonomia croata sia stata davvero
sconfitta. Oppure no. C`è chi dice che i cinque
rientrati non abbiano la benedizione di Ante Jelavcic, il
presidente del HDZ bosniaco, e per questo saranno
espulsi dal Partito.

Proposta per una soluzione della crisi macedone

09/06/2001 -  Anonymous User

Il presidente macedone, Boris Trajkovski, ha avanzato, venerdì, un piano di soluzione della crisi che imperversa nel paese da oltre quattro mesi, dopo che l'esercito macedone ha ignorato la tregua per il cessate il fuoco proposta dai guerriglieri sferrando un attacco, con elicotteri e artiglieria, alle postazioni dei ribelli nella zona a nord est di Skopje. Si è trattato, come comunica l'agenzia Reuters, del più grosso attacco dopo l'uccisione dei cinque militari macedoni.
Il capo di stato macedone, durante la seduta straordinaria del Parlamento, ha inoltre accusato i ribelli di voler perseguire "la divisione della società e di condurre il paese nel caos". I combattenti affermano invece che non hanno alcuna intenzione di dividere il paese, ma di porre fine alla discriminazione nei confronti della popolazione di etnia albanese (circa il 30% dei poco più di 2 milioni di abitanti complessivi), perpetrata dalla popolazione di etnia macedone, in modo particolare nei settori dell'educazione, dell'impiego e dei diritti alla lingua.
Il piano presentato da Trajkovski è composto da tre punti comprendenti una ridefinizione delle forze di sicurezza, alcune misure per incoraggiare i ribelli al disarmo e un'accelerazione delle riforme politiche verso l'accettazione delle lamentele della popolazione albanese riguardanti la loro discriminazione nel paese. Il piano di Trajkovski è stato benevolmente accettato dall'Alto rappresentante europeo per la politica estera e la sicurezza, Javier Solana, giunto a Skopje nella serata di venerdì. Secondo Solana si tratta di "un ottimo piano ed ha il nostro supporto".Trajkovski ha inoltre espresso la volontà che la polizia e l'esercito vengano posti sotto un medesimo comando, (attualmente la polizia fa riferimento al Ministero dell'Interno e l'esercito al Ministero della Difesa e i due ministri provengono da partiti differenti), dichiarando infine che "non è questo il tempo per le rivalità tra i partiti".
Per una soluzione politica e non militare si sono espressi anche i 19 ministri della difesa dei paesi NATO, riuniti ieri a Bruxelles, e che hanno condannato l'uccisione dei cinque militari macedoni, come "una barbara azione". Il segretario generale della NATO, George Robertson, ha poi ribadito che "non esiste una soluzione militare dello stato esistente" e solo un processo di soluzione politica potrà condurre ad una pace prolungata.


Luka Zanoni,
© Osservatorio sui Balcani;

Croazia: ancora casi di corruzione a Pola

25/05/2001 -  Anonymous User

Il Ministro degli interni croato Sime Lucin ha annunciato una serie di azioni che dovrebbero scardinare i vertici del crimine organizzato nel paese (Vecernji list, 18.5). Lo stesso giorno è apparsa sui quotidiani nazionali la notizia dell'arresto di due avvocati e un ex-agente della polizia segreta, accusati di aver fatto da mediatori nella corruzione di alcuni giudici.
Altri nomi eccellenti circolano sulla stampa locale, in particolare nella comunità istriana di Pola: tra questi il presidente della Corte suprema locale Ivan Milanovic, e l'avvocato di Zagabria Anto Nobilo. Il primo ha già dichiarato la sua estraneità ai fatti: "Non ho mai guadagnato nessun denaro al di fuori del salario statale" (Novi list, 19 maggio). Nobilo invece si è difeso accusando il Procuratore della Repubblica di Pola, Radovan Ortynski, di aver estorto false dichiarazioni al suo assistito Miroslav Kutle. Questi, personaggio di fiducia dell'ex-presidente Tudjman e fino al 1999 uomo più ricco del paese, è stato rimesso in libertà il 18 maggio scorso dopo 15 mesi di carcerazione preventiva. Secondo Nobilo, il procuratore Ortynski avrebbe ricattato il prigioniero Kutle chiedendogli di testimoniare contro Ivic Pasalic (attuale capo dell'ala destra radicale interna all'HDZ, e già consigliere principale dell'ex-presidente Tudjman) e contro l'ex-generale Ljubo Cesic Rojs, ambedue sospettati di aver partecipato al saccheggio della ricchezza nazionale. Ortynski ha immediatamente annunciato un'adeguata risposta a queste pesanti accuse.
La cronaca di Pola non è nuova a vicende di corruzione: recentemente infatti il vice-sindaco del capoluogo istriano Mario Quaranta si è dovuto dimettere per lo scandalo provocato dal suo arresto per presunta corruzione. La polizia croata lo avrebbe pescato con ancora in tasca una mazzetta proveniente da un intermediario che lavora per la ditta italiana Chini costruzioni - nota come una delle principali imprese del mattone in Trentino. La cronaca poi non ha seguito molto il caso, stretta com'era tra la polemica sul bilinguismo nella regione e le elezioni amministrative che hanno coinvolto anche Pola. Resta il fatto che molti segnali indicano come la Croazia attuale, pur non raggiungendo i livelli di economia off-shore che si vedono ad esempio in Montenegro, sia attraversata da profondi fenomeni di criminalità economica e di corruzione diffusa. E questo avviene mentre vasti pezzi del paese, dalle risorse turistiche della costa al sistema bancario, stanno finendo in mani straniere - tedesche e italiane in particolare.

Croazia: analisi di un voto inatteso

24/05/2001 -  Anonymous User

La campagna elettorale:L'ultima settimana della campagna elettorale
in Croazia è stata caratterizzata da tensioni tra opposizione di destra e coalizione governativa,
ma anche dalle accuse reciproche interne alla coalizione stessa. L'SDP ha accusato l'IDS di essere un partito anticostituzionale
ma anche l'HSLS è stato oggetto di pesanti critiche, sospettato di aver segretamente collaborato
con i partiti di destra.
Il presidente dell'HSLS - Drazen Budisa - ha accusato il Premier Ivica Racan di aver dato troppa importanza
alle minacce arrivate da destra, e contemporaneamente di aver favorito l'offensiva della sinistra radicale
all'interno delle istituzioni statali (Jutarnji list, 17 maggio). Nonostante tutto, ed eccetto un incidente avvenuto a Vinkovci
(in prossimità di Vukovar) dove nei giorni del voto due membri dell'SDP sono stati feriti da sconosciuti,
la campagna elettorale si è conclusa tranquillamente.

Le elezioni: Soltanto il 40% dell'elettorato ha usufruito,
il 20 maggio, del suo diritto a votare. Questa percentuale di votanti rappresenta per la Croazia
il record negativo di affluenza al voto.
Persino alle elezioni locali del 1997 il numero dei votanti si era mantenuto
sul 60% degli aventi diritto.
Questo dato viene spiegato dall'HDZ, e dagli analisti vicini alla destra, come segno di una
apatia provocata dalle difficili condizioni sociali e dalle promesse elettorali non mantenute dalla
maggioranza di governo, mentre i partiti della coalizione governativa e gli analisti simpatizzanti,
dichiarano di considerarlo un segno di normalizzazione della vita politica.
Si possono sintetizzare i risultati come segue:
la Città di Zagabria (che possiede il grado di contea) e 14 contee vedono la maggioranza assoluta di eletti
nei partiti dalla coalizione governativa.
A questo proposito ricordiamo che ogni partito si era presentato alle elezioni con una lista propria,
mentre in alcuni casi due o più partiti della coalizione governativa avevano formato a livello locale una lista unitaria.
Per la Contea Istriana il panorama politico rimane stabile. Senza nessuna sorpresa, l'IDS di Jakovcic
ha ottenuto infatti la maggioranza assoluta dei voti.
Cinque contee (quelle con capoluoghi Split,
Sibenik, Gospic, Karlovac e Sisak) hanno dato la maggioranza assoluta alla coalizione "Blocco nazionale",
formata da partiti di destra guidati dall'HDZ.Infine nella Contea di Vukovar i partiti della coalizione
governativa potranno formare una maggioranza soltanto con l'appoggio dal partito serbo - SDSS - di Stanimirovic.

L'HDZ ha perso molti comuni dove governava da anni, ma tutto sommato si è affermato - contrariamente alle
previsioni fatte sulla sua marginalizzazione politica - come secondo partito nazionale, al centro di una destra radicale che può
contare su più di un quarto dei voti.
Alcune liste civiche hanno avuto successi sorprendenti. Tra le altre spicca il risultato a Zagabria (9,5%) della lista
indipendente HIP guidata da Miroslav Tudjman, figlio maggiore del famoso Franjo Tudjman, composta da dissidenti
dell'HDZ con orientamento di estrema destra. La lista ha goduto anche dell'appoggio attivo del noto calciatore Zvonimir Boban.
Commentando il successo della propria lista, Tudjman ha dichiarato:
"La scena politica si è polarizzata, quindi da adesso in poi ci siamo soltanto noi (destra) e loro (sinistra)" (Vjesnik, 21 maggio).
Vesna Pusic, che con il suo HNS ha ottenuto a Zagabria un ottimo
successo (17,62%), considera il successo della destra un dato drammatico (Novi list, 21 maggio). La Croazia è infatti
divisa tra centro e centrosinistra da un lato, e destra radicale dall'altro. Invece i partiti che hanno voluto
mediare - come ha tentato di fare l'HSLS - sono stati castigati.
Infatti l'HSLS a Zagabria era il secondo partito della coalizione governativa, ed ora è passato all'opposizione extra-parlamentare.
Questo dovrebbe far riflettere...
Secondo Jelena Lovric (Novi list, 22 maggio) la totale
responsabilità della rinascita dell'HDZ ricade sulla coalizione governativa, che in un anno e mezzo ha messo in secondo piano
e quasi dimenticato i danni prodotti dall'HDZ durante tutto il periodo degli anni novanta.

Oslobodjenje in sciopero: sospesa l'uscita del giornale

21/05/2001 -  Anonymous User

Il giornale bosniaco Oslobodjenje, conosciuto per aver continuato a stampare anche durante il duro assedio di Sarajevo dall'Aprile del 1992 al dicembre del 1995, non esce in edicola da venerdì scorso per uno sciopero indetto da redattori e dipendenti del giornale. I lavoratori di Oslobodjenje hanno deciso la protesta affinché una volta per tutte vengano ascoltate e soddisfatte le loro richieste, avanzate ormai da mesi. Tra queste il pagamento degli stipendi arretrati, la sostituzione del direttore generale, del vicedirettore e del caporedattore.

Come dichiarato dal Sindacato (Habena, 21 maggio), le trattative continueranno nel pomeriggio di domani, giorno in cui si prevede l'arrivo e la partecipazione dei rappresentanti dei partner sloveni proprietari del pacchetto di controllo del giornale.

Durante l'assedio alla città di Sarajevo, Zlatko Dizdarevic - allora direttore di Oslobodjenje - lanciò moltissimi appelli affinché si sostenesse l'uscita del giornale anche in condizioni così dure e al limite della sopravvivenza. Alcune tra le realtà italiane che raccolsero l'appello furono l'Associazione per la Pace e l'ICS, che tramite la campagna "Sarajevo cuore d'Europa" riuscirono a fornire - tra il 1993 e il 1994 - supporto finanziario e materiale al giornale. Forse vale la pena ricordare che già nei primi mesi di assedio il palazzo venne pesantemente bombardato dall'esercito serbo-bosniaco, e i giornalisti dovettero tutti concentrarsi a lavorare nei piani inferiori e nei sotterranei del palazzo. Oggi l'edificio è ancora così come si è presentato alla fine di quattro anni di assedio (foto). La decisione delle varie forze politiche che in questi sei anni si sono alternate nell'amministrazione della città è sempre stata unanime: il palazzo non verrà ricostruito e rimarrà a ricordo, si spera deterrente, di ciò che è accaduto a Sarajevo.

Croazia: un voto polarizzato

21/05/2001 -  Anonymous User

Le elezioni amministrative in Croazia si sono svolte regolarmente ieri, secondo quanto dichiarato dagli osservatori dell'OSCE. Lo spoglio è ancora in corso, ma dai primi risultati della consultazione sembra emergere un paese fortemente polarizzato: il Partito socialdemocratico del premier Racan continua ad ottenere ampi consensi, che anzi sembrebbero crescere nella capitale, Zagabria, dove vive circa un quarto dei croati. Nello stesso tempo i partiti nazionalisti della coalizione "Blocco nazionale" otterrebbero la maggioranza relativa in molte amministrazioni sulla costa adriatica e lungo il confine con la Bosnia Erzegovina e con la Serbia. Nonostante i pronostici della vigilia, sarebbero tutt'altro che cancellati dalla storia politica del paese.

Balcani: la 'discesa in campo' degli Stati Uniti

19/05/2001 -  Anonymous User

Gli Stati Uniti hanno offerto un milione e mezzo di dollari USA per aumentare il numero di albanesi nelle forze di polizia macedone. Secondo fonti ufficiose vicine all' ambasciata americana in Skopje, sembrerebbe che questa proposta rientri negli sforzi per diffondere la crisi macedone. Un intervento che evidenzia i sempre maggiori interessi che dell'amministrazione americana. Bush si recherà nel prossimo giugno in Slovenia per il vertice russo-americano con il premier russo Putin.

Croazia: la questione del bilinguismo incrina la coalizione di governo alla vigilia delle elezioni

18/05/2001 -  Anonymous User

Se la ricomposizione della coalizione governativa a seguito delleelezioni convocate per il 20 maggio prossimo, veniva considerata certa,
oggi si aggiungono note di dubbio legate alla polemica nata tra i partitidella maggioranza e l'IDS di Jakovcic.
La coalizione che oggi governa in Croazia vede tra le sue fila 6 partiti: l'SDP (Partito
Social Democratico) di Ivica Racan, l'HSLS (Partito Social Liberale), l'HNS (PartitoPopolare Croato),lo storico HSS (Partito Contadino della Croazia),
il LS (Partito Liberale) e l'IDS (Assemblea Democratica dell'Istria) di Ivan Jakovcic.
Sono proprio le insistenti spinte di quest'ultimo al riconoscimento della lingua italiana in Istria come seconda lingua ufficiale, ad aver creato
una frattura all'interno della coalizione.
A questo proposito va ricordato che il Ministro della giustizia Stjepan Ivanisevic aveva temporaneamente sospeso alcuni articoli dello Statuto istriano- tra i quali
quello sul bilinguismo - affinchè venissero discussi in sede di Corte Costituzionale.
L'IDS, che negli ultimi dieci anni era riuscito a mantenere la sua roccaforte politica in tutta l'Istria, ha reagito duramente alle decisioni
del ministro, dichiarando che l'attuale governo sta limitando libertà e dirittidelle minoranze al pari del passato regime di Tudjman.
Il Primo Ministro Ivica Racan ha giustificato la temporanea sospensione con il timore
che il riconoscimento del bilinguismo potesse "aprire il vaso di Pandora", e così incoraggiarele minoranze serba e ungherese a presentare le stesse richieste. Ma Jakovcic, unico rappresentante
dell'IDS a ricoprire un ministero (quello per l'integrazione europea) nel governo di Racan, ha dichiarato che "se la Corte Costituzionale
stabilirà che l'introduzione del bilinguismo è contraria alla Costituzione, io saròpronto a lasciare il governo".
Intanto alla campagna elettorale per le elezioni locali
i partiti di destra (HDZ - Unione Democratica Croata, HSP - Partito Comune Croato e l'HKDU) si presentano sotto
una coalizione denominata "Blocco nazionale".
Gli altri partiti maggiori - che fanno parte della coalizione governativa - si presentano con liste individuali o coalizioni minori, ma con un programma comune.
Tra le numerose liste presentate, la più singolare è forse quella di Donji Miholjac (Slavonia), che si è nominata Azione anarco-liberale e che nel suo programma
propone la liberalizzazione della produzione e dell'uso della marijuana.

Una costituzione provvisoria per il Kosovo

15/05/2001 -  Anonymous User

Sarebbe attesa a giorni la presentazione di un progetto costituzionale transitorio per il Kosovo. Lungi dall'affrontare il nodo spinoso del futuro status politico della regione, il capo della missione Onu - Hans Haekkerup - ha annunciato l'intenzione di trasferire progressivamente ad una istituzione autoctona le funzioni amministrative oggi assunte dalla comunità internazionale. Alla base del progetto di Haekkerup starebbe un'assemblea regionale eletta democraticamente e composta da circa 120 rappresentanti. Nel progetto sarebbero inoltre previste alcune norme di tutela per le minoranze: altri venti seggi sarebbero infatti riservati, di diritto, ai rappresentanti delle minoranze non albanesi della regione.

La comunità internazionale in Bosnia: tutti i nostri sbagli

12/05/2001 -  Anonymous User

Sono passati più di 5 anni dalla firma degli accordi di Dayton, che al tempo vennero considerati il programma di salvezza per la Bosnia Erzegovina. In realtà, il piano ideato dalla comunità internazionale cominciò ad essere criticato fin dai primi giorni e lo è tutt'oggi. Ultimamente in Bosnia si sta valutando tutto ciò che i Grandi (non) sono riusciti a risolvere. Rispetto alla considerazione di quanto fatto dalla Comunità nternazionale in Bosnia, molto è cambiato dopo gli ultimi incidenti di Mostar.

Non si può dimenticare quanto è accaduto l'8 aprile scorso, quando alcuni collaboratori dell'ufficio dell'Alto Rappresentante in Bosnia (OHR), accompagnati dai carabinieri italiani, vennero picchiati e umiliati da estremisti croati davanti alla famosa "Hercegovacka Banka".

Ma per quale motivo l`operazione nei confronti della banca erzegovese non è riuscita?

Nessuno vuole ammettere il proprio senso di vergogna, ma pare (da fonte anonima) che tutto sia accaduto per un banale errore di coordinamento. Il contingente Sfor francese interpretò male il codice dell'operazione che indicava un'operazione di primo grado (ad alto livello di rischio) scambiandola con un codice simile a quella di un'operazione di terzo grado (livello medio-basso). Così i soldati della Forza Internazionale decisero di non utilizzare tutti i mezzi di difesa necessari, e vennero sopraffatti facilmente dalla folla.

Sembra che l'azione degli estremisti croati abbia rappresentato per la comunità internazionale in Bosnia una vera lezione, attraverso la quale oggi capisca con chi ha veramente a che fare. Al contempo questo fallimento di Mostar è servito come pretesto ad alcuni cronisti per stilare una lista di tutti gli errori commessi dagli internazionali nel periodo post-Dayton. Va detto che in questi cinque anni non si è riusciti a garantire il funzionamento delle istituzioni bosniache e allo stesso tempo, pur spendendo centinaia di migliaia di dollari, l'intervento esterno non è risultato efficace.

E' vero che i soldati dello SFOR alla fine sono riusciti ad entrare nell'Hercegovacka Banka e ad aprirne la cassaforte usando la dinamite; ma forse la vera impresa sarebbe stata quella di arrestare Ante Jelavic (il leader nazionalista croato, tra i princiali fomentatori dei disordini). E da sempre la comunita' internazionale si è mostrata poco efficace nel giudicare i politici bosniaci: "gli internazionali hanno cercato a lungo di proteggere Biljana Plavsic e successivamente Milorad Dodik" dice Chris Benet, capo del International Crisis Group, "mentre nel frattempo non sono stati affrontati i veri problemi della Republika Srpska".

Si ricordi che alla fine del 1999 la stessa signora Plavsic venne invitata a Parigi dal presidente Chirac, in un periodo in cui già si parlava del suo possibile "viaggio" a L'Aja. Già altre volte la diplomazia francese in Bosnia si era dimostrata incauta, come quando la sua diplomatica Froment Maurice dichiarò: "La Bosnia Erzegovina non è un vero stato, e prima o poi la Republika Srpska si unirà alla Jugoslavia. In Francia questo lo chiamiamo diritto all'autodeterminazione".

Non solo: ci è voluto molto tempo per l'arresto di Momcilo Krajisnik. La causa contro di lui era pronta già nel 1996, ma i politici internazionali ordinarono di lasciarlo tranquillo, perchè la sua figura veniva considerata molto importante per il mantenimento della pace nel paese. Simile e` la vicenda di Biljana Plavsic: nel 1998 Gabrielle Krick Mcdonalds, allora Presidente del Tribunale Internazionale a L'Aja, dichiaro` che "il tribunale non potrà dimenticare il ruolo della signora Plavsic nel genocidio". Essendo però considerata una fautrice del cambiamento democratico in Repubblica serba di Bosnia, la Plavsic risulta citata nei processi solo per i baci scambiati con il comandante Arkan a Bijeljina nel 1992. Anche nel suo caso la causa era pronta già da tempo, ma venne resa pubblica solo quando si considerò la vecchia professoressa non più politicamente utile.

Per quanto riguarda la componente croata in Bosnia, si è parlato molto di Jadranko Prlic, ex Ministro degli esteri del governo federale.

Prlic, rispetto alla Plavsic, non si è lasciato mettere politicamente da parte e continua ad occuparsi di politica. E difatti i politici internazionali, non trovando un altro leader croato con le sue stesse
capacità, continuano a collaborare con lui. Una volta, ad una richiesta di spiegazioni in merito posta dal sottoscritto al signor Stocker - allora capo della Croce Rossa in BiH - la risposta fu: "Noi sappiamo che Prlic è responsabile dell'esistenza dei campi di concentramento in Erzegovina, ma nel lavoro con noi è molto valido".

E da allora pare non sia cambiato nulla: lavorare bene per la comunità internazionale significa anche poter rimanere impunito e non doversi assumere la responsabilità delle proprie azioni passate? Chi lo sa, comunque si dice che la causa contro Prlic sia rimasta in sospeso. "Prlic è stato il cervello della Herceg-Bosna, ma non è ancora giunta l'ora del suo arresto" dice una fonte de L'Aja per il settimanale Slobodna Bosna (26.04.2001).

Incontri diplomatici contro la 'Grande Albania'

10/05/2001 -  Anonymous User

Incontri tra politici per chiarire la situazione macedone. Da "Le Monde Diplomatique".

Sarajevo rinascerà con le olimpiadi?

06/05/2001 -  Anonymous User

Intervista a Muhidin Hamamdzic, Sindaco di Sarajevo

Gligorov: l'Europa ci appoggia ma doveva farlo prima.

06/05/2001 -  Anonymous User

Kiro Gligorov, ex-Presidente della Macedonia, era ieri ospite del World Social Forum, invitato dal Consorzio Italiano di Solidarietà e dall'Osservatorio sui Balcani, ad una tavola rotonda sul futuro dell'Europa Sud-orientale e sulla sua integrazione nella UE.La sconfitta dei progetti di una "Grande-Serbia" e di una "Grande-Croazia" si accompagna purtroppo all'emergere di un progetto di "Grande Albania" - ha commentato nel suo intervento l'ex-premier - e l'origine di questo nuovo nazionalismo è proprio in Albania, non in Kosovo o nel nord della Macedonia".
Gligorov non accusa direttamente le autorità di Tirana, ma la "situazione di povertà economica in quasi tutti i paesi balcanici, che crea un clima favorevole per la mobilitazione popolare su progetti nazionalistici (...).Dopo il collasso, nel 1997, delle istituzioni pubbliche in Albania, la situazione interna è caotica. Le autorità di Tirana non hanno il controllo sul loro territorio. L'Albania non protegge i suoi confini di stato, principalmente perché è circondata da una massa relativamente compatta di albanesi cittadini in tutti gli stati confinanti". In questa situazione, il sostegno del governo di Tirana alle rivendicazioni di queste minoranze - l'autonomia del Kosovo o i diritti civili degli albanesi in Macedonia - sostiene indirettamente l'idea panalbanese ed ha delle ripercussioni nei paesi confinanti, anche in assenza di rivendicazioni sui confini.
"Gli sviluppi recenti della crisi in Macedonia sono in parte autoctoni - legati alla radicalizzazione delle domande dei cittadini di origine albanese, alla debolezza dell'attuale governo, ... - e in parte sono importati dal Kosovo e dall'Albania, espressione dell'estremismo panalbanese, che cresce in questo contesto". In un'intervista Gligorov ha poi dichiarato che "L'Unione Europea sosterrà diplomaticamente la risoluzione del conflitto e si è impegnata a contribuire per i danni che ne deriveranno". Ma, come per gli altri conflitti divampati nei Balcani negli anni scorsi, anche in questo caso la comunità internazionale ha perso un'occasione per prevenire il dilagare della violenza.
Nel suo intervento, l'ex-Presidente macedone ha espresso condivisione per la proposta - avanzata da ICS e Osservatorio sui Balcani - di definire un percorso rapido di integrazione del Sud-est Europa nell'Unione Europea; integrazione che dovrà essere socialmente sostenibile e partecipata. Nel quadro di un Europa che si estenda dall'Atlantico agli Urali, la democratizzazione dei paesi balcanici, uno sviluppo sociale ed economico centrato sul governo locale, la ricostruzione di un tessuto istituzionale e amministrativo che sottragga terreno alla criminalità organizzata ed al nazionalismo rappresentano probabilmente l'unica soluzione possibile ai molti problemi che affliggono i Balcani.

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02/05/2001 -  Anonymous User

Dragoljub Micunovic, presidente della Camera di cittadini del Parlamento Federale ha dichiarato che "alla riunione del Parlamento Federale, che si terrà l'8 maggio, non si discuterà della legge sulla collaborazione con il Tribunale dell'Aja perché la Proposta di legge non è ancora stata accettata dal Governo Federale". "Nel corso di questa riunione verranno concordate alcune nuove leggi e ratificati dei contratti, fra i quali anche la dichiarazione sulla demarcazione dei confini con la Macedonia. Il Parlamento delibererà sulla serie di leggi del Tribunale Costituzionale e si discuterà anche del sistema di leggi monetarie e fiscali emanate del Parlamento Serbo".