Paola Rosà 14 ottobre 2020

Il bilancio di una missione di ricognizione di undici organizzazioni internazionali: nel paese la libertà di stampa continua ad essere sempre più a rischio e sempre più giornalisti finiscono in carcere

Una libertà soffocata, così viene definita la libertà dei media in Turchia dai delegati di undici organizzazioni internazionali al termine di una settimana di incontri , sul posto e da remoto, con rappresentanti di istituzioni, di operatori dell'informazione e di associazioni indipendenti.

Guidata dall'International Press Institute (IPI ), la delegazione comprendeva, oltre a OBC Transeuropa, esponenti di Article 19, dell'Associazione dei giornalisti europei (AEJ), del Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ), del Centro Europeo per la libertà di stampa e dei media (ECPMF), del sindacato europeo dei giornalisti (EFJ), di Human Rights Watch (HRW), PEN International, Reporters without Borders (RSF) e South East Europe Media Organisation (SEEMO).

Le intense giornate di incontri a Istanbul e Ankara hanno dato voce a giornalisti, esponenti della società civile, parlamentari, giudici e altri funzionari statali, che hanno confermato il quadro nefasto del panorama turco: sempre più potente è la morsa delle autorità sui media, sempre più debole è l'indipendenza degli enti regolatori, mentre una nuova legge è riuscita a estendere il controllo sugli ultimi spazi rimasti di libera espressione sui social media.

Decine di giornalisti restano in carcere o si trovano ad affrontare accuse prive di fondamento, il tutto come ritorsione per aver fatto il proprio mestiere. Un esempio recente è la decisione di dichiarare latitante Car Dündar, ex direttore di Cumhuriyet in esilio in Germania: il tribunale ha annunciato la confisca di tutti i suoi beni se non rientra in Turchia.

In un incontro con il Dipartimento diritti umani del ministero della giustizia ad Ankara, la delegazione ha chiesto alle autorità di garantire che vengano aperte delle indagini sui crimini commessi ai danni di giornalisti, crimini che in Turchia sono in preoccupante aumento.

Preoccupano sempre di più gli attacchi alle istituzioni da parte del governo: oltre ad aver ideato una legge che introduce una vera e propria censura dei social media, oltre a praticare continue interferenze nell'attività degli enti regolatori, il governo punta a minare l'indipendenza della stessa Corte Costituzionale.

Proprio nel giorno in cui la delegazione internazionale stava incontrando la Corte, il ministro della giustizia ha annunciato di voler "ristrutturare" la Corte allineandola al sistema presidenziale turco: una proposta, lanciata dal partito nazionalista MHP e sostenuta dal presidente Erdoğan, che toglierebbe indipendenza a uno dei pochi organi ancora in grado di garantire i diritti costituzionali, compresa la libertà di stampa.

La delegazione ha anche incontrato i rappresentanti di 17 missioni diplomatiche in Turchia e la delegazione dell'Unione Europea: "la comunità internazionale - si legge nel comunicato stampa che traccia il bilancio degli incontri - deve incrementare i suoi sforzi multilaterali e bilaterali per riportare la Turchia nel consesso internazionale che rispetta lo stato di diritto. I diritti umani, compresa la libertà di stampa, non possono essere ostaggio di questioni geopolitiche".

 

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del Media Freedom Rapid Response (MFRR), cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.