Mercato della terra di Şile - Ivo Danchev

Mercato della terra di Şile - Ivo Danchev

Luogo d'incontro e scambio, che muta e si trasforma per restare se stesso. Il mercato di Şile, in Turchia, affronta opportunità e sfide lanciate dalla vicinanza della megalopoli Istanbul

29/12/2015 -  Francesco Martino Şile

“Per noi il mercato era, è e resta innanzitutto il luogo del 'muhabbet'”. Tumay İmamoğlu, animatore del Mercato della Terra di Şile, piccola città portuale sulla costa turca del mar Nero, poche decine di chilometri a nord di Istanbul, utilizza una parola antica, che riassume in poche sillabe sonore tutto il senso turco della convivialità. “Muhabbet”: il conversare leggero che presuppone il piacere dello stare insieme, ma anche lo scambio di emozioni, idee e naturalmente - trattandosi di un mercato - di prodotti.

“L'idea di creare un Mercato della Terra a Şile è nata nel 2011. Allora i produttori locali, provenienti soprattutto dai villaggi della municipalità, offrivano i prodotti in strada, in condizioni rudimentali”, racconta Tumay mentre passeggiamo lungo il molo di pietra che protegge il porto da onde sorde e ostinate, all'ombra di un castello costruito dai genovesi nel XIV secolo su un aguzzo sperone di roccia a picco sul mare. “Il nostro obiettivo era creare uno spazio organizzato per la vendita, ma soprattutto dare un senso nuovo, che permettesse al mercato di rinnovarsi e conservare allo stesso tempo il suo spirito profondo. Per cogliere le nuove opportunità e per rispondere alle nuove sfide”.

Opportunità e sfide, a Şile, portano lo stesso nome: Istanbul. La città sul Bosforo negli ultimi anni si è trasformata in una megalopoli tentacolare che si perde all'orizzonte per decine di chilometri, allargandosi a macchia d'olio su due continenti. E Şile, che oggi si ritrova ad essere “periferia esterna” di un centro che supera i 15 milioni di abitanti, non può non fare i conti con Istanbul. Una legame reso ancora più evidente dalla recente costruzione di una superstrada – terminata cinque anni fa - che permette di arrivare a Şile in non più di una mezzora, traffico infernale di Istanbul permettendo.

“D'estate Şile viene invasa dai turisti che vengono a godersi le sue spiagge per una gita domenicale. E quando dico 'invasa', non uso un eufemismo: parliamo anche di due milioni di presenze in un giorno solo”, spiega Fatma Denizci, produttrice biologica ed altra colonna portante del mercato. “Sempre più istanbulioti, poi, acquistano terreni nell'area per costruire ville e seconde case per le vacanze, rubando così terra all'agricoltura. Il rischio, è quello di spezzare il rapporto millenario della nostra gente con le sue radici”.

Il Mercato della Terra è parte centrale della strategia perché questo non avvenga. Col contributo dell'amministrazione locale una nuova area attrezzata nel centro cittadino ospita ora bancarelle e stand. E i risultati non hanno tardato ad arrivare: la migliore organizzazione, insieme alla decisione di tenere il mercato sia di venerdì (come da tradizione) che di domenica (quando è fortissima la presenza turistica) ha alzato in modo importante le entrate per i produttori.

“Il processo porta benefici su più piani. I consumatori ricevono la sicurezza di acquistare prodotti creati ed offerti secondo un protocollo severo, che tutti i produttori del mercato hanno accettato di sottoscrivere. In poche parole, sanno quel che mangiano”, dice sorridendo Fatma. “D'altro lato, maggiori entrate per i produttori significano più terreni coltivati, meno campi invasi dal cemento. E, fattore importantissimo, meno giovani tentati dalla fuga verso la grande città, in un contesto di forte spopolamento dei villaggi”.

Saliamo lungo la strada che s'inerpica ripida verso l'interno, lasciandosi alle spalle la sagoma scura e tempestosa del Mar Nero, scosso da un inizio d'autunno carico di piogge torrenziali e vento di tramontana. Dopo pochi chilometri, del mare non resta che un aroma di salsedine nell'aria sottile. Il paesaggio si riempie di verde: quello luminoso dei prati, più in basso, e quello accigliato dei boschi che ornano i crinali. Entriamo a Yazımanayır: poche case basse e quadrate raccolte intorno alla sagoma sottile di un minareto, e circondate dal disordine apparente e vivace della campagna. Qui vivono Metin ed Elif Özdemir. Oggi è sabato: l'ampio forno di mattoni è stato già acceso e preparato per accogliere i prodotti che, domani, faranno bella mostra sui banchi del mercato.

E' Elif, minuta, ma dai gesti rapidi e decisi, a dirigere le operazioni. Ad entrare per prime nella bocca scura e ardente sono le sagome basse e succose di börek: piatto simbolo della tradizione culinaria turca a base di sottilissime sfoglie di pasta, qui nota come yufka. Insieme a sua madre Güler, Elif ha impastato tutta la varietà di cui questa ricetta, essenziale e saporita, è capace. Ci sono il börek alle patate e quello agli, spinaci, la versione ripiena di lor, una varietà locale di ricotta e quella che combina cipolle, carne macinata e bulgur, grano integrale cotto a vapore e poi essiccato. Al borek seguono poi le forme tondeggianti e piene del pane, che sprigionano subito un aroma intenso e familiare.

“Il Mercato della Terra per noi è stato un'opportunità importante. Vendere in uno spazio organizzato e riconoscibile è una garanzia sia per noi che per i clienti”, racconta Metin sorseggiando un tè scuro e denso, in Turchia imprescindibile lubrificante di ogni evento sociale. “Abbiamo migliorato le vendite e, grazie alle maggiori entrate, abbiamo potuto creare spazi più igienici e confortevoli per preparare e confezionare i prodotti che offriamo”.

Per la gente dei 57 villaggi della municipalità di Şile, la sostenibilità economica della piccola agricoltura familiare è un elemento fondamentale. Fino a pochi anni fa buona parte della popolazione integrava le proprie entrate con un mestiere faticoso e antico, quello dei carbonai. Un'attività che però oggi è stata proibita dalle autorità a causa del forte impatto ecologico su un ecosistema reso fragile da crescita economica ed espansione delle aree urbane.

Il tempo passa lento accanto al tepore del forno, tra sfoglie di borek fragrante e tè che borbotta allegro nel semaver (samovar) argentato degli Özdemir. Quando il cielo ad oriente si stria di venature scure, è però tempo di tornare a Şile.

Domenica mattina, il mercato si anima con calma: la stagione “forte”, quella estiva, è ormai passata, e la città ha assunto i ritmi lenti dei mesi più freddi. La partecipazione però resta alta, sia di pubblico che di produttori: dai quindici lasciatisi coinvolgere nella prima fase, oggi il mercato di Sile ne ospita più di cinquanta.

“Convincere produttori e consumatori non è stato facile, soprattutto all'inizio. E' un processo che continua, e che richiede pazienza e capacità di ascoltare”, ci dice Fatma mentre degustiamo una selezione di miele di castagna, forse il prodotto più celebrato della costa turca del mar Nero. “In Turchia i mercati come il nostro sono ancora una novità e la consapevolezza nell'importanza di concetti come locale, sostenibile e biologico muove ancora i primi passi. Il mercato della terra, quindi, non è solo uno strumento di scambio economico, ma anche e soprattutto di educazione, sia per chi produce che per chi acquista”.

Intorno a noi, sui banchi disposti a quadrato su quattro ampi gradoni, che assecondano il degradare naturale del terreno verso il mare, i colori e i sapori della stagione si offrono nella loro semplicità e immediatezza. Melograni verdi accatastati con cura, lattuga che traspira la freschezza delle piogge abbondanti appena cadute, castagne turgide affastellate in grossi cestini di vimini, zucche polpose e di un giallo vivo, sacchetti gonfi di erişte, la pasta spezzata della tradizione turca, lunghe file di barattoli di turşu, sottaceti colorati e fragranti immancabile elemento della tavola nella stagione fredda, vasetti di yoghurt candido e cremoso.

Nei progetti di Tumay e Fatma, il mercato avrà presto anche un'area di degustazione: chef rinomati e semplici produttori si metteranno ai fornelli per offrire a visitatori e clienti ricette nuove e tradizionali, proprio a partire da quanto si trova esposto sui banconi.

In attesa che l'idea si trasformi in realtà, nel mercato di Sile ci si organizza in modo spontaneo e informale. Ecco comparire, quasi per magia, una larga padella ricolma di mihlama, sorta di polenta di farina di granturco, formaggio fuso e burro. Tutto il mercato si anima d'improvviso: si mangia, si sorseggia tè, si chiacchiera e si chiacchiera ancora. “Lo dicevo, no?”, ride allegro Tumay, mentre allunga il pane fragrante nel giallo fumante della mıhlama. “Dove c'è il 'muhabbet', lì c'è il mercato”.

 

Questo reportage è stato pubblicato sul quarto e ultimo numero 2015 della "Rivista Slow", edita da Slow Food Editore .


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