Russia e Serbia

Russia e Serbia

Il premier serbo Ivica Dačić si dichiara allergico nei confronti di Bruxelles, mentre cresce sempre più l'entusiasmo del nuovo governo per Mosca. I dati però mostrano che da un punto di vista economico la Serbia è legata a doppio filo all'Unione europea, mentre la russofilia è fondata sul populismo

03/09/2012 -  Luka Zanoni

Il primo ministro serbo Ivica Dačić si scopre tremendamente sensibile alle tirate d’orecchie che arrivano dall’estero, in particolare dall’Unione europea. In occasione della recente visita di Jelko Kacin, rapporteur per la Serbia al Parlamento europeo, il premier serbo, dopo il pessimismo espresso dal funzionario UE, non ha mancato di marcare il confine: “Sono allergico al fatto che ci sia sempre qualcuno che viene a Belgrado a tenere lezioni”.

Kacin durante la visita della scorsa settimana in Serbia  aveva infatti dichiarato freddamente: “Quest’anno sicuramente non ci sarà alcuna data di avvio dei negoziati, la data sarà assegnata solo quando la Serbia dimostrerà di essere pronta per la procedura di ingresso nell’UE”

Oltre ai soliti nodi da risolvere, tra cui il Kosovo, Kacin ha posto l’accento sulla corruzione, come “ferita-cancro” che attanaglia la Serbia, nonché oggetto dei primi capitoli che verranno aperti durante negoziati UE, il 23 e il 24.

Nonostante Kacin abbia precisato in un’intervista tv che “sembra che la nuova coalizione di governo sia pronta a fare passi concreti”, il primo ministro serbo ha ribattuto sostenendo che per quanto riguarda la lotta alla corruzione e soprattutto le “privatizzazioni controverse” (in tutto 24) indicate nell’ultimo rapporto del Parlamento europeo “alla Serbia non servono lezioni”.

Corruzione, malversazioni e turbo-arresti

Dačić infatti è tutto preso dai turbo-arresti che in queste settimane si sono abbattuti sulla Serbia come uragani. Lo scandalo dell’Agrobanka, scoppiato all’inizio di agosto, ha portato all’arresto di vari funzionari dell’istituto serbo e rivelato una serie di malversazioni e sospetti di corruzione che interessano tanto la vita politica che quella economica della Serbia. Agrobanka, che si è scoperto avere un  buco di 300 milioni di euro, forniva crediti ad aziende sull’orlo del fallimento, senza chiedere coperture dei finanziamenti elargiti. Lo scandalo ha investito la politica, con rimpallo di responsabilità tra i politici che si sono succeduti alla guida del paese, e l’economia, mettendo a nudo un sistema poco pulito, quella “ferita-cancro” a cui si riferiva Kacin nel suo discorso.

Ma che anche in Serbia si verifichi una sorta di “sanaderizzazione”, con riferimento alle vicissitudini dell’ex premier croato Ivo Sanader, finito dietro le sbarre per corruzione, è ancora tutto da dimostrare e sono in pochi a crederlo. Per adesso sono i funzionari e i responsabili delle aziende in fallimento ad essere dietro le sbarre e sotto la lente degli investigatori, come dire: i pesci grossi per ora restano al largo. E chi sarebbe poi il “Sanader serbo”?

Russia mon amour

L’”allergia alle lezioni dell’UE” va di pari passo con la volontà da parte del nuovo esecutivo di fare il possibile per mettere in buona luce i rapporti con la Russia. Prima con il tentativo del ministro delle Finanze Mlađan Dinkić di spostare i finanziamenti russi per le infrastrutture verso il bilancio, poi la visita del neo ministro della Difesa Aleksandar Vučić  a Mosca, dove ha promesso di realizzare entro l’anno nella Serbia centrale una grande e moderna fabbrica di armamenti. Come ha scritto ironicamente il giornalista economico Miša Brkić sul portale Peščanik , si tratta di armi che la Serbia produrrà, grazie alla sua expertise, con la materia prima delle acciaierie di Smederevo, che dovrebbero essere comprate dalla Russia e che quest’ultima piazzerà sul mercato (ovviamente in quei paesi dove c’è la guerra).

Ma non è finita, perché il ministro dei Trasporti Milutin Mrkonjić ha dichiarato di recente che i russi sarebbero disponibili a diventare partner nella nuova avio compania che rimpiazzerebbe la Jat airways, compagnia di bandiera serba sommersa da debiti per milioni di euro.  E non bastavano le rassicuranti parole dell’ambasciatore russo in Serbia Aleksandar Konuzin sul fatto che Belgrado può contare su ulteriori aiuti da Mosca, ci si è messo anche il premier russo Dmitrij Medvedev a dare manforte con la promessa di accordo per le forniture di gas alla Serbia (periodo 2012-2021), a patto però che la Serbia ripiani il vecchio debito di 30 milioni di dollari entro il 2014. Una promessa corroborata dalle ultime notizie dal fronte russo, l’11 dicembre è prevista l’inaugurazione dei lavori del tratto serbo del gasdotto South stream, alla quale parteciperà anche  il presidente russo Putin.

Per concludere, è notizia di pochi giorni fa, alle prossime elezioni i cittadini serbi potranno votare anche per il neo nato Partito dei russi della Serbia, il cui primo obiettivo dichiarano essere il ritorno della lingua russa nelle scuole. Secondo le stime di questo partito i russi in Serbia sarebbero tra i 300 e i 400 mila.

Percezione e realtà

Molta della russofilia serba è fondata sul populismo. È vero che con la grave crisi in cui versa l’Unione europea aumenta l’euroscetticismo dell’opinione pubblica serba, già piuttosto incline, secondo i sondaggi, a credere che i maggiori donatori della Serbia siano il Giappone e la Russia. È invece vero che dal 2000 al 2011 l’UE ha donato fondi alla Serbia pari a 1600 volte quello che hanno fatto Russia e Cina nello stesso periodo. Fino al 2011, l’UE ha donato alla Serbia oltre 4 miliardi di euro, segue la Germania con poco più di 700 milioni, poi gli USA con oltre 500 milioni. Cina e Russia figurano rispettivamente con meno dell’1% delle donazioni globali.

“Negli ultimi venti anni - scrive ancora Miša Brkić - la Russia non ha dimostrato di essere una potenza di investimenti in Serbia, né ha dimostrato tutta la forza di esportazione del suo capitale su questo mercato”.

Nel momento più difficile per l’Europa è anche normale che la Serbia in difficoltà vada alla ricerca di “partner strategici”, Russia compresa. Tuttavia, “allergie” permettendo, quanto questa politica pagherà sul lungo periodo?  


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