Sarajevo © Ajan Alen/Shutterstock

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Stando ad alcuni dati e stime la Bosnia Erzegovina entro il 2060 potrebbe perdere persino il 75% della sua popolazione. Miodrag Pantović, studente presso la Facoltà di Geografia di Belgrado, ha svolto una tesi di master su questo fenomeno. Intervista

14/09/2023 -  Tatjana Čalić

(Originariamente pubblicato sul portale Buka , il 12 settembre 2023)

Miodrag Pantović, studente presso la Facoltà di Geografia di Belgrado, attualmente è impegnato a portare a termine la sua tesi di master sulla demografia e la guerra del 1992-95 in Bosnia Erzegovina. Il portale Buka lo ha incontrato per parlare delle dinamiche e dell’attuale situazione demografica in BiH.

Descrivendo gli anni immediatamente precedenti allo scoppio del conflitto, lei tende a ricorrere ad una metafora

A cavallo tra gli Ottanta e Novanta del XX secolo la Bosnia Erzegovina, dal punto di vista demografico, era come una pentola a pressione ed era solo questione di tempo prima che esplodesse. Oggi invece è come una pentola piena di acqua calda che si sta lentamente raffreddando.

Se osserviamo la struttura della popolazione della BiH tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, vediamo che nel paese c’erano tantissimi giovani di età compresa tra i 18 e i 30 anni. Proprio in quel periodo in BiH il numero di giovani, compresi quelli maggiormente istruiti, aveva raggiunto i suoi massimi storici. Questa tendenza positiva, legata allo sviluppo degli anni ’70 – contrassegnati dall’apertura di molte università e da un’urbanizzazione su larga scala – era però desinata a cambiare già dalla metà degli anni ’80, soprattutto dopo le Olimpiadi di Sarajevo, quando la BiH si era trovata a dover fare i conti con una stagnazione economica. Poi dal 1988 il tasso di disoccupazione aveva iniziato a crescere, soprattutto tra i giovani laureati.

Un altro aspetto problematico riguarda l’ordinamento sociale e politico della Bosnia Erzegovina. Dall’epoca dell’Impero austro-ungarico – con la formazione dei primi organismi dell’autogoverno locale e poi con la Costituzione del 1910 – fino ai giorni nostri, l’ordinamento della BiH è sempre stato imperniato su una logica etnica per quanto riguarda la ripartizione delle funzioni e degli incarichi nel settore pubblico. Un paese in cui sono presenti tre grandi gruppi etnici, dove la ripartizione del potere si basa sempre su una logica etnica, tende a soffocare la creatività, e quindi stenta ad avanzare. La società bosniaco-erzegovese ha pagato caro le conseguenze di queste dinamiche. Credo che la miccia che fece esplodere la sanguinosa guerra in BiH sia da ricercare proprio nelle dinamiche demografiche e strutturali interne.

Torniamo un attimo indietro al periodo precedente alla guerra e all’emigrazione che aveva contrassegnato quell’epoca. Alla fine degli anni ’60 la Germania aveva sottoscritto un accordo con la Jugoslavia per il reclutamento di manodopera. In quegli anni molti cittadini jugoslavi erano andati a lavorare all’estero per non tornare mai più…

Esatto. Anche prima della guerra degli anni ’90 la Bosnia Erzegovina aveva il più alto tasso di emigrazione in Europa. Ed è un fatto poco noto.

Quando ho iniziato a scrivere la tesi, mi sono trovato costretto a reperire dati e documenti statistici sparsi negli archivi di tutta la ex Jugoslavia. Analizzando questi dati sono rimasto sorpreso nell’apprendere che stando al censimento del 1991 – l’ultimo censimento condotto in tutte le repubbliche jugoslave – nel periodo preso in considerazione 600mila persone si erano trasferite dalla BiH in Croazia, Serbia e Slovenia, mentre nello stesso periodo in BiH erano arrivate solo 150mila persone, quindi quattro volte di meno. Inoltre, stando allo stesso censimento, all’inizio degli anni Novanta 220mila cittadini bosniaco-erzegovesi si trovavano all’estero per “lavoro temporaneo”. Quindi, già a quel tempo si assisteva ad una sorta di esodo spontaneo.

Quali aree della Bosnia Erzegovina erano maggiormente colpite dall’emigrazione?

Una delle principali caratteristiche dell’emigrazione bosniaco-erzegovese è la disomogeneità territoriale. Prima della guerra si era registrato un grande esodo dei serbi e dei croati: quasi il 90% delle persone che avevano lasciato la BiH prima del 1991 era di nazionalità serba o croata. L’emigrazione dei bosgnacchi, che a quel tempo non era tanto massiccia, era iniziata verso la fine degli anni ’70, interessando innanzitutto la Bosnia occidentale, in particolare l’area di Cazin, segnata dall’estrema povertà, da dove si partiva soprattutto verso la Slovenia. Quindi, anche il fenomeno dell’emigrazione rispecchia quelle differenze etniche e strutturali di cui abbiamo parlato prima.

Va detto che gran parte della responsabilità, seppur implicita, grava anche sulla Croazia e sulla Serbia che attingevano massicciamente alla manodopera bosniaco-erzegovese. I serbi e i croati della Bosnia Erzegovina erano visti come una riserva demografica dai paesi vicini, soprattutto dalla Croazia che cercava di sopperire al calo demografico incoraggiando l’immigrazione dei croato-bosniaci.

Poi è arrivata la guerra e una nuova svolta demografica…

Esatto. La guerra, la pulizia etnica, i crimini… In quel periodo ad andarsene dalla Bosnia Erzegovina erano stati soprattutto i bosgnacchi, quindi quel gruppo etnico che prima della guerra emigrava meno.

Una delle conclusioni della sua tesi di master è sintetizzata in una mappa che dimostra il calo del numero di giovani sotto i 20 anni nel territorio della Bosnia Erzegovina dal 1991 ad oggi. Dalla mappa emerge chiaramente che stiamo perdendo i giovani e che questo fenomeno si acuisce ad una velocità spaventosa. La situazione è particolarmente preoccupante in alcune aree?

La mappa è stata realizzata mettendo a confronto i risultati del censimento del 1991 e i dati sul numero di nascite nel periodo compreso tra il 2003 e il 2022. Ne emerge un quando assai allarmante. Ad esempio, il comune di Bosansko Grahovo ha perso il 93% della sua popolazione rispetto al periodo precedente alla guerra, mentre la popolazione di Srebrenica è diminuita del 92% rispetto al censimento del 1991. Quindi, ad essere maggiormente colpite dal calo demografico solo la Bosnia orientale, la Posavina e la parte occidentale della Krajina.

Com’è invece la situazione nell’Erzegovina che spesso viene definita una regione in via di estinzione?

L’Erzegovina occidentale è costretta a fare i conti con un altro problema, ossia con un enorme divario tra il numero di bambini nati nel corso di un anno e il numero di bambini, appartenenti a quella generazione, iscritti a scuola. Questo fenomeno interessa soprattutto la città di Neum dove, stando alle statistiche, nel 2015 sono nati nove bambini, mentre i nuovi iscritti a scuola sono stati 25. Suppongo che si tratti di famiglie con doppia residenza e doppia cittadinanza: i bambini nascono in Croazia e poi vengono iscritti a scuola in BiH. Così si finisce per creare un caos demografico.

Invece nel cantone Una Sana la situazione è diametralmente opposta: in alcuni comuni la differenza tra il numero di nascite e il numero di nuovi iscritti a scuola è del 20-25%. La città di Brčko risulta maggiormente colpita da questo fenomeno. In Republika Srpska invece tale percentuale si attesta attorno al 2%.

E nell’Erzegovina orientale?

La situazione nell’Erzegovina orientale non era rosea nemmeno prima della guerra. Osservando i dati del censimento del 1991 vediamo che questa regione già allora aveva una popolazione molto anziana. Tutti i comuni, ad eccezione di Trebinje, si stavano spopolando. È curioso notare come nel corso del tempo si sia creato un particolare legame tra l’Erzegovina orientale e la Vojvodina. Nel periodo tra il 1945 e il 1948 tantissime famiglie serbe dell’Erzegovina emigrarono in Vojvodina, e poi durante la guerra degli anni Novanta molti erzegovesi fuggirono trovando rifugio dai loro parenti in Vojvodina.

Oltre al calo della popolazione giovanile, cos’altro è emerso dalla sua analisi? Qual è l’attuale struttura etnica delle città bosniaco-erzegovesi?

Ad eccezione di una parte della Bosnia centrale e delle città di Mostar, Srebrenica e Brčko, tutti i comuni della BiH sono diventati etnicamente omogenei.

Un dato interessante riguarda il numero di bambini serbi nati a Mostar e Sarajevo. Nel periodo compreso tra il 2003 e il 2022 a Sarajevo sono nati 651 bambini serbi, mentre nello stesso periodo sono morte 4993 persone di nazionalità serba. A Mostar invece sono nati 275 bambini e morte 1558 persone di nazionalità serba.

Qual è invece la struttura etnica della popolazione di Banja Luka?

Nel 1991 a Banja Luka vivevano 8.099 persone di fede musulmana sotto i 20 anni, mentre negli ultimi vent’anni nella città sono nati solo 502 bambini musulmani. Quindi, oggi a Banja Luka ci sono 7.500 giovani musulmani in meno rispetto al periodo immediatamente precedente alla guerra.

Per quanto riguarda la popolazione croata, nel 1991 a Banja Luka c’erano oltre 8.000 croati sotto i 20 anni, e negli ultimi due decenni vi sono nati solo 347 bambini di nazionalità croata. Il numero di giovani croati è quindi diminuito del 95%.

La popolazione serba della città è invece aumentata rispetto al periodo precedente alla guerra. Oltre a Banja Luka, la popolazione serba è cresciuta anche a Bijeljina, Brčko e Pale. D’altra parte, la popolazione giovanile bosgnacca è aumentata in alcuni quartieri periferici di Sarajevo, nello specifico a Ilidža, Ilijaš e Vogošća. Non abbiamo invece registrato alcun aumento della popolazione giovanile di nazionalità croata.

Il quadro che emerge dalla sua ricerca è piuttosto allarmante. Eppure, le istituzioni e i politici tacciono, non offrono alcuna soluzione, talvolta addirittura negano la realtà. Quei pochi che decidono di commentare la situazione dicono invece che è tutta colpa del calo delle nascite…

I politici sia in Bosnia Erzegovina che in Serbia continuano a riempirsi la bocca parlando di famiglia e natalità, invece di impegnarsi nel garantire le condizioni di vita dignitose per quelli che scelgono di rimanere nel proprio paese. In BiH si registra un alto tasso di mortalità tra persone di mezza età. Oltre ad un cambio dello stile di vita, migliorando il sistema sanitario e la prevenzione, sicuramente si riuscirebbe ad arginare il crollo demografico. Ma nessuno ne parla. In Serbia, ad esempio, un cittadino su cinque muore prima della pensione.

Le nostre vite sono condizionate dai cicli politici. Tutto dipende dai partiti al governo che cercano solo di mantenere il potere fino alle prossime elezioni. Non vi è alcuna pianificazione a lungo termine, si offrono solo soluzioni veloci da sfruttare tra due tornate elettorali.

Intanto l’elettorato è costituito perlopiù da anziani. In BiH, come anche in Serbia, si assiste ad una stagnazione politica e il motivo è forse da ricercare proprio nel continuo invecchiamento della popolazione. Avendo perso l'ottimismo e la creatività, stiamo cadendo in una sorta di letargo.

Date queste premesse, quale futuro può aspettarsi la Bosnia Erzegovina?

Secondo tutti i parametri, la Bosnia Erzegovina è il paese più fragile del mondo dal punto di vista demografico. Su questo punto non vi è alcun dubbio. Cito solo un dato: secondo un rapporto pubblicato nel 2019 dal Centro per la popolazione e la migrazione (CEPAM) la BiH potrebbe perdere il 75% della sua popolazione entro il 2060. Forse però vi è anche un aspetto positivo. Da queste parti probabilmente non scoppierà mai più alcun conflitto armato: siamo troppo vecchi per combattere una nuova guerra.


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