Boyko Borisov (Foto © Alexandros Michailidis/Shutterstock)

Boyko Borisov (Foto © Alexandros Michailidis/Shutterstock)

Contraddistinte da un tasso di astensione record, le elezioni europee in Bulgaria hanno segnato una nuova affermazione per il premier Borisov, che vince nonostante gli scandali e le previsioni sfavorevoli della vigilia

29/05/2019 -  Francesco Martino Sofia

Dovevano essere un emozionante testa a testa da risolvere al fotofinish, e invece anche stavolta non c'è stata storia: GERB (Cittadini per uno Sviluppo Europeo della Bulgaria), il movimento conservatore del premier Boyko Borisov, ha vinto le elezioni europee di domenica scorsa con un largo margine sul Partito Socialista Bulgaro (BSP).

Sono stati così smentiti i numerosi sondaggi della vigilia, che davano Borisov e il suo partito in difficoltà dopo la serie di scandali di corruzione che ha scosso il paese alla vigilia del voto. Alla fine dello spoglio, GERB ha ottenuto il 31,07% dei voti e sei seggi al parlamento di Bruxelles, superando di più di sei punti percentuali i socialisti, fermi al 24,26%.

Ottengono seggi in parlamento anche il Movimento per i diritti e le libertà (DPS), tradizionale riferimento della minoranza turca (16,55% - 3 seggi), i nazionalisti della VMRO (7,36% - 2 seggi) e la destra liberale di “Bulgaria democratica” (6,06% - 1 seggio).

I risultati elettorali, però vanno tutti letti tenendo presente la fortissima astensione. In controtendenza rispetto al resto dell'Unione europea, dove la partecipazione elettorale è stata in rialzo rispetto al voto di cinque anni fa, in Bulgaria il numero dei votanti è sceso ancora, passando dal risicato 35,84% registrato nel 2014 ad un ancor più risicato 33,28%.

"Una percentuale di votanti così bassa è uno schiaffo a tutto il sistema politico da parte della grande maggioranza dei cittadini bulgari", ha dichiarato a seggi chiusi il presidente Rumen Radev. "Dovremmo chiederci come mai il tasso di affluenza è la metà rispetto alla maggior parte degli altri paesi europei".

Nessun ribaltone

A queste elezioni GERB si era presentata con non poche difficoltà. Nelle settimane prima del voto una serie di pesanti scandali, come il cosiddetto “Apartamentgate”, ha toccato e bruciato alcune tra le personalità di spicco del partito, tra cui l'eterno scudiero di Borisov, Tsvetan Tsvetanov.

Per rispondere alla situazione complicata, Borisov ha reagito con decisione. Prima ha messo in campo la strategia del “pulire il cortile di casa”, già utilizzata con successo più volte in passato, costringendo alle dimissioni i quadri del partito più compromessi. Poi ha preso il controllo personale della campagna elettorale, battendo il paese soprattutto nelle ultime settimane, per motivare il nucleo duro del partito ad andare alle urne.

Seguito da una frotta di telecamere Borisov ha inaugurato, tagliato nastri, visitato buona parte dei centri più importanti del paese. Per il premier attirare la luce dei riflettori si è rivelata, ancora una volta, la mossa vincente.

Per Borisov e il suo governo, i risultati di domenica rappresentano una boccata d'aria fresca, dopo i venti di tempesta dei mesi scorsi. GERB, spina dorsale dell'esecutivo, ha rafforzato le proprie posizioni, e il governo dovrebbe ora navigare con una certa tranquillità, almeno fino alle elezioni amministrative del prossimo autunno.

Umori opposti invece nella storica sede del Partito socialista Bulgaro, in via Positano a Sofia (per la cronaca, intitolata al diplomatico italiano Vito Positano). A lungo i socialisti hanno apertamente sperato di superare GERB: nelle visioni più ottimistiche, le europee dovevano segnare il primo passo verso la caduta del governo e nuove elezioni anticipate.

Per vincere, però, i socialisti hanno fatto più affidamento alle difficoltà di GERB che alle proprie forze. Anzi, si sono presentati all'appuntamento elettorale spaccati, con una lotta di potere e posizioni che ha visto una di fronte all'altro la segretaria del partito Kornelia Ninova e l'attuale segretario dei Socialisti europei, Sergey Stanishev.

Alla fine Stanishev, inizialmente escluso dalle liste, si è preso la sua rivincita, conquistando a suon di preferenze un nuovo seggio a Bruxelles. La Ninova, invece, si è dovuta assumere la responsabilità politica del risultato deludente, e ha presentato ieri le proprie dimissioni.

Equilibri che cambiano, equilibri che restano

Come previsto, i risultati di domenica hanno ribadito il Movimento per i diritti e e le libertà (DPS) come terza forza nel paese. Rispetto a cinque anni fa, il partito, oggi guidato da Mustafa Karadayi ha milgiorato il proprio risultato di qualche punto percentuale, anche se ha perso un eurodeputato.

Ora l'interrogativo più grande riguarda il controverso deputato e tycoon mediatico Delyan Peevski, secondo nella lista del DPS e quindi con in tasca un seggio assicurato a Bruxelles. Peevski, però, per il momento non ha sciolto le riserve e non ha ancora annunciato se accetterà il mandato nel parlamento europeo, oppure se resterà ad occuparne uno in quello di Sofia.

Più dinamica invece la situazione nel campo dei nazionalisti, uniti nella coalizione “Patrioti uniti” e partner minore della coalizione di governo, ma presentatisi separatamente alla tornata europea. Il chiaro vincitore in questo settore dell'elettorato è la VMRO: ha raccolto l'intera posta o quasi, portando a Bruxelles non solo il capolista Angel Dzhambaski, ma anche il colorito ex-regista Andrey Slabakov, distintosi negli ultimi anni soprattutto per la sue posizioni pro-tabacco.

Gli altri due movimenti della coalizione nazionalista, ATAKA e il Fronte nazionale per la salvezza della Bulgaria (NFSB) raccolgono le briciole, un cambiamento nei rapporti di forza che probabilmente lascerà il segno. I segni di inquietudine, in una coalizione segnata da rapporti spesso burrascosi, sono in crescita: dopo la chiusura delle urne, Dzhambaski ha annunciato di voler portare in tribunale per diffamazione e ingiurie lo storico leader di ATAKA Volen Siderov, che lo ha ripetutamente attaccato durante la campagna elettorale.

Come analizzare i risultati

Tra forte astensione e la quasi totale assenza dal dibattito di temi e questioni europee, il voto di domenica in Bulgaria è stato un voto dominato dallo scontro politico interno. Borisov ne esce vincitore per le sue indubbie capacità di mattatore elettorale, rafforzate da un sistema mediatico molto indulgente nei confronti del potere. Se il voto di domenica era un referendum sull'operato del governo, il risultato è un “sì”, mentre i socialisti incassano un risultato interlocutorio e insoddisfacente.

Difficile dire se i cittadini bulgari abbiamo perdonato e dimenticato così in fretta gli scandali, la corruzione e la cattiva amministrazione: di certo, al momento non vedono alternative valide nell'opposizione storica, né nuovi movimenti o leader politici in grado di rivaleggiare con Borisov. L'esigua base elettorale su cui poggiano i risultati delle europee, però, dovrebbe indurre le forze al potere alla prudenza: nel paese la voglia di cambiamento resta palpabile, e potrebbe coagularsi in fretta intorno ad un progetto o ad un leader credibile.


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