Redazione 18 marzo 2019
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A cento anni dalla fine della Prima guerra mondiale è ancora poco nota l'esperienza delle migliaia di prigionieri di guerra russi e serbi portati sul fronte alpino come manodopera coatta a supporto delle forze austro-ungariche. E’ il tema della giornata del 24 marzo a Castellano organizzata nell'ambito del progetto europeo "Again never again"

Migliaia di persone costruirono, in condizioni estreme, forti, trincee e baraccamenti in alta quota, ma anche numerose infrastrutture, come le linee ferroviarie della Val di Fiemme e della Val Gardena, la statale della Val Badia e tratti della strada della Valsugana. Tracce della loro presenza sono rimaste nel paesaggio ma anche nella toponomastica: il “sentiero dei Serbi” in Vallagarina, o la cosiddetta “strada del sangue” nella Val d’Adige.

Poco spazio nella memoria pubblica è stato riservato a chi, straniero, venne trascinato dalla guerra su questi territori di confine, morì senza un nome e venne rapidamente dimenticato. Un destino parallelo e speculare a quello di molti prigionieri trentini in Russia. Una pagina di storia che merita di essere riportata alla luce.

A questa pagina di storia è dedicata la giornata di domenica 24 marzo, in Trentino a Castellano (Villa Lagarina), voluta da OBC Transeuropa, unità operativa del Centro per la Cooperazione Internazionale di Trento, in collaborazione con Comune di Villa Lagarina , Pro Loco Castellano-Cei - Sezione culturale don Zanolli , Fondazione Museo Storico del Trentino e Laboratorio di Storia di Rovereto .

Alle ore 15.00 si terrà la visita guidata al Castello, luogo di detenzione durante la Grande guerra, guidata da Gianluca Pederzini, della Pro loco Castellano-Cei - Sezione culturale don Zanolli, e accompagnata da letture da diari della Prima guerra mondiale, a cura di Quinto Antonelli, storico della Fondazione Museo Storico del Trentino. Seguirà alle ore 16.00, presso il Teatro comunale di Castellano (Via Monte Stivo, 13-15) una conferenza aperta al pubblico con la partecipazione degli storici locali. Ai partecipanti verrà offerto un piccolo rinfresco.

Aprirà i lavori Quinto Antonelli, della Fondazione Museo Storico del Trentino, con l’intervento “La Prima guerra mondiale tra ieri e oggi: memorie e oblii”, al quale seguirà Diego Leoni, del Laboratorio di Storia di Rovereto, con l’intervento dal titolo “L'esperienza dei prigionieri di guerra serbi e russi sul fronte alpino”. La conferenza sarà moderata da Luisa Chiodi, direttrice scientifica di OBC Transeuropa/CCI.

L'iniziativa è realizzata nell'ambito del progetto “NeverAgain: Teaching Transmission of Trauma and Remembrance through Experiential Learning”, di cui OBCT è partner e co-finanziato dal programma dell’Unione europea “Europa per I cittadini”, che si propone di sperimentare nuove metodologie esperienziali nel processo di confronto con i traumi del passato presenti nelle nostre società. Nell'ambito dello stesso progetto è stato realizzato anche un laboratorio di storia e scrittura su Wikipedia con un gruppo di studenti di quarta e quinta superiore dell’Istituto di Istruzione "Lorenzo Guetti" di Tione.  

"Nel 1915 i prigionieri di guerra sembra fossero già 27.000 in tutto il Tirolo. Erano impiegati sostanzialmente ovunque, nel lavoro nei campi o come boscaioli, ma soprattutto sfruttati nella trasformazione radicale dell’ambiente alpino in funzione dello sforzo bellico. (...) Gli abitanti e i turisti che oggi attraversano i paesi e salgono le cime trentine e altoatesine possono ancora trovarne traccia nella toponomastica: il “sentiero dei Serbi” in Vallagarina, la “strada dei russi” in Val S. Nicolò e quella sul Monte Misone, la cosiddetta “strada del sangue” nella Val d’Adige, i resti della “casa dei trògheri” (dei portatori) sul monte Valpiana, dove alloggiavano i prigionieri che servivano a rifornire il fronte in quota. Molti altri sono i luoghi di cui si è persa memoria con il passare delle generazioni." E' Marco Abram a scrivere, ricercatore di OBCT, in un suo approfondimento sul tema pubblicato il 2 novembre scorso. La giornata di Castellano rappresenta dunque un'importante occasione per conoscere questa pagina di storia che ci appartiene.