Con una riforma costituzionale al vaglio del soviet supremo, il piccolo stato de facto che reclama l'indipendenza dalla Moldavia, si prepara ad armonizzare le proprie leggi a quelle di Mosca, riaprendo una questione congelata da vent'anni
La scorsa settimana Yevgeny Shevchuk, presidente della Transnistria dal 2011, ha presentato al soviet supremo con procedimento d’urgenza il disegno di legge n. 631 per l’introduzione dell’articolo 58-1 nella costituzione del piccolo stato de facto. Il nuovo articolo, come scritto nel disegno di legge, prevede che “la legislazione della Transnistria è parte della legislazione federale della Federazione russa”. Due righe piccole piccole che fanno balzare in primo piano la questione transnistriana.
“Le aspirazioni del popolo transnistriano”
Conflitto congelato da oltre vent’anni, la Transnistria rimane un nodo insoluto, e a dire il vero quasi accantonato, nelle trattative per l’avvicinamento della Moldavia all’Europa, nonostante l’apparente spiraglio rappresentato dal cambio al vertice del 2011, dopo vent’anni di governo ininterrotto di Igor Smirnov. Non è un caso se la proposta di modifica costituzionale – la cui portata in termini di assetto giuridico apre la strada a un’integrazione federale – arriva a pochi giorni dall’avvio dei negoziati per l’Accordo di associazione tra Unione europea e Moldavia, siglato durante il summit di Vilnius sul partenariato orientale.
Shevchuk non ha fatto mistero delle intenzioni dietro la proposta di legge. “Dopo la firma della Moldavia con l’Ue, la Transnistria ha un grave problema di integrazione nella nuova realtà economica”, ha detto il presidente. “Questa legge tiene conto delle aspirazioni del popolo transnistriano di integrarsi con la Russia. Per farlo è necessario innanzitutto introdurre nel nostro sistema la legislazione federale russa”.
Dopo l’acclamato successo moldavo a Vilnius, il comunicato apparso sul sito della Presidenza della Transinstria riporta tutti un po’ più con i piedi per terra. La piccola striscia di terra racchiusa tra il fiume Dnestr e il confine ucraino è la regina nelle mani della Russia sullo scacchiere del partenariato orientale. La firma di Chişinău a Vilnius – pur nell’importanza di un risultato politico, soprattutto interno, raggiunto in tempi così rapidi – rappresenta un passo tutt’altro che irreversibile verso la firma dell’Accordo di associazione. E il caso dell’Ucraina (che aveva dato avvio allo stesso iter nel 2012) ne è la dimostrazione.
La Transnistria è il leverage di Mosca per cercare di riportare la Moldavia nella propria orbita. Dimirty Rogozin, vice primo ministro russo e rappresentante speciale del presidente Putin per la Transnistria, lo ha detto chiaramente: “Il treno della Moldavia in corsa verso l’Europa perderà i suoi vagoni in Transnistria”.
Un conto salato
Ma se lo spauracchio della secessione di Tiraspol è argomento che può condizionare le decisioni di Chişinău, paradossalmente un’improbabile riunificazione fa ancora più paura. La Transnistria riceve da anni gas gratis dalla Russia (mentre la Moldavia lo paga circa 400 dollari per mille metri cubi, quanto l’Ucraina fino allo "sconto" ottenuto dopo la mancata firma) e se la regione dovesse tornare sotto la sovranità di Chişinău la Russia potrebbe presentare alla Moldavia un conto arretrato di 3,8 miliardi di dollari, secondo le stime dell’ultimo discussion paper dell’European stability initiative. “Se la Moldavia non riconosce l’indipendenza della Transnistria allora significa che il gas consumato nella regione rappresenta un debito moldavo, e Chişinău dovrà pagarlo. Chi altri, sennò? Questo è un approccio pragmatico”, ha dichiarato Rogozin durante una visita a Tiraspol.
La presenza russa in Transnistria è per altri versi già forte. Con una popolazione per il 60% non moldava, di cui la metà di etnia russa, Mosca ha già rilasciato passaporti ad almeno 150mila residenti, consolidando in tal modo la propria posizione di referente principale per la regione. Inoltre è dispiegata sul territorio, con funzioni di forza di interposizione, la 14a Armata dell’esercito russo, composta da un migliaio di militari.
Un interesse calante
Dal canto suo la Moldavia sembra di recente aver mostrato un interesse calante per la questione, tanto da far intendere ad alcuni osservatori l’intenzione di lasciar andare la Transnistria per la propria strada. Secondo uno studio dell’European Council on Foreign Relations, la questione della secessione è al nono posto tra le priorità percepite dai moldavi, e solo il 2% della popolazione la considera prioritaria, ben dietro altri problemi come la povertà, la criminalità e l’inflazione, tutti temi più alla portata del soft power europeo. D’altro canto, già lo scorso maggio Chişinău aveva installato nuovi posti di frontiera sul confine conteso, controllando e registrando come stranieri i residenti oltreconfine senza passaporto moldavo.
Il soviet supremo della Transnistria ha 15 giorni per esaminare il disegno di legge, e ci sono poche possibilità che lo possa bocciare. Saranno poi necessari altri provvedimenti normativi per attuare il nuovo dettato costituzionale, ma la strada per portare “la Transnistria all’interno di un unico mondo russo che favorisca gli interessi geopolitici della Russia per la stabilità in tutta la regione”, secondo le parole di Shevchuk, sembra già segnata.
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