La piccola repubblica caucasica rivendicata dalla Georgia è pronta ad adottare il termine Alania, per rievocare i fasti del passato e uniformarsi agli osseti del nord
La repubblica de facto dell’Ossezia del Sud, regione caucasica separatasi dalla Georgia all’inizio degli anni Novanta e attualmente riconosciuta solo parzialmente a livello internazionale, chiamerà a breve i propri cittadini alle urne per decidere se modificare il nome del paese. Lo scorso 6 febbraio il presidente sud-osseto Leonid Tibilov ha indetto via decreto un referendum che si propone di emendare la Costituzione locale, in modo da poter cambiare il nome della piccola regione caucasica in “Repubblica dell’Ossezia del Sud – Stato di Alania”.
Il referendum, che si svolgerà il prossimo 9 aprile, lo stesso giorno in cui in Ossezia si terranno le elezioni presidenziali, è figlio di un’idea in circolazione da diverso tempo. A spingere verso la sua realizzazione è stato, negli ultimi due anni, lo stesso Tibilov. Nel dicembre 2015, due mesi dopo aver ipotizzato per la prima volta la possibilità di indire un referendum sull’annessione dell’Ossezia del Sud alla Russia, il presidente sud-osseto accennò infatti all’opportunità di modificare il nome del paese aggiungendo il termine “Alania”, già adottato ufficialmente nel novembre 1994 dalla confinante Ossezia del Nord, repubblica della Federazione Russa.
Rievocare i fasti del passato
Come riporta il decreto presidenziale recentemente emesso da Tibilov, il referendum si prefigge di ripristinare lo storico nome del paese – Alania appunto – ritenuto parte integrante del patrimonio culturale osseto, in modo da rievocare una continuità con il passato e rendere omaggio alla memoria di coloro che negli anni hanno combattuto per difendere la patria. L’Alania alla quale Tibilov fa riferimento fu un regno medievale fondato tra l’VIII e il IX secolo dagli stessi alani, popolo nomade di origine iranica antenato degli osseti. Nel suo periodo di maggiore splendore, il Regno di Alania, oltre ad amministrare le regioni attualmente popolate dagli osseti, arrivò a controllare buona parte del Caucaso centro-settentrionale, salvo poi essere distrutto dalle invasioni mongole del 1238-1239.
In seguito alla conquista russa del Caucaso (XVIII-XIX secolo) gli osseti, discendenti da uno dei tre rami in cui gli alani si divisero, riuscirono a riconquistare l’unità perduta, anche se sotto l’egida dell’Impero russo. Negli anni Venti del XX secolo i sovietici, seguendo la logica del divide et impera, decisero di separare amministrativamente gli osseti del nord, che finirono all’interno della RSS Russa, dagli osseti del sud, che andarono a costituire una oblast’ autonoma all’interno della Repubblica socialista sovietica georgiana. Il crollo dell’Unione Sovietica allontanò ulteriormente le due Ossezie, con la parte meridionale che si ritrovò invischiata in una guerra interetnica con la Georgia, che nel frattempo aveva abolito l’oblast’ autonoma, per poi guadagnarsi in seguito l’indipendenza e – a partire dal 2008 – un parziale riconoscimento internazionale.
Prove di annessione?
Il referendum sulla modifica del nome, e in particolare la scelta di rispolverare il termine Alania, già adottato dai cugini del nord, sembra costituire un passo in avanti verso una possibile riunificazione delle due Ossezie, e quindi verso una futura annessione della regione alla Russia, obiettivo definito da Tibilov “il sogno di tante generazioni di osseti”. A partire dal riconoscimento del 2008, l’Ossezia del Sud ha iniziato a intensificare i propri legami con Mosca, firmando nel marzo 2015 un importante trattato riguardante “l’alleanza e l’integrazione”, nel quale il Cremlino si impegnò a sostenere Tskhinvali dal punto di vista economico, attraverso finanziamenti e l’attuazione di un’unione doganale e militare, garantendo la difesa e la sicurezza dei confini della piccola repubblica caucasica. Fu proprio questo accordo a indurre Tibilov, qualche mese più tardi, a proporre un duplice referendum per avvicinare definitivamente Tskhinvali a Mosca.
Inizialmente, l’idea del presidente sud-osseto fu infatti quella di organizzare il referendum per la modifica del nome congiuntamente a quello sull’incorporazione del paese alla Russia, il tutto entro il 2016. Invece di un’annessione diretta, però, Tibilov propose la realizzazione di una “unione tra stati ”, decisione che provocò le critiche del presidente del Parlamento Anatoliy Bibilov, sostenitore della prima soluzione, il quale convinse il presidente sud-osseto a posticipare entrambi i referendum dopo le elezioni presidenziali del prossimo aprile, nelle quali proprio i due litiganti si contenderanno il ruolo di capo di stato. Anticipando a sua volta il referendum sulla modifica del nome al 9 aprile, Tibilov ha però finito per infrangere tale accordo, facendo uno sgarbo al rivale.
Mosca frena, Tbilisi protesta
Mentre l’Ossezia del Sud sembra fremere per l’annessione a Mosca, il Cremlino finora ha sempre preferito non esporsi, evitando l’argomento e negando di aver mai posto le basi per una eventuale annessione del paese caucasico, definendo la questione come interna alla stessa Ossezia e ritenendo quindi Tskhinvali padrona del proprio destino. Mosca, pur consapevole del fatto che buona parte dell’opinione pubblica sud-osseta sarebbe favorevole all’integrazione alla Russia, teme infatti che un’azione del genere possa creare ritorsioni a livello internazionale, così come già successo in seguito all’annessione della Crimea. Il Cremlino preferirebbe quindi temporeggiare, aspettando l’esito delle prossime elezioni presidenziali in Ossezia e valutando nel frattempo le possibili modalità di annessione.
Aspettando di conoscere la sorte di Tskhinvali, il referendum per la modifica del nome recentemente annunciato dal presidente sud-osseto è stato criticato da più parti a livello internazionale. Il presidente georgiano Giorgi Margvelashvili ha definito il tentativo della repubblica separatista di adottare il termine “Alania” una provocazione atta ad anticipare l’annessione a Mosca, e ha dichiarato di non riconoscere alcun referendum o elezione organizzata nei territori occupati. Il referendum è stato criticato e definito illegale anche da Unione Europea e NATO, che considerano l’Ossezia del Sud come parte integrante del territorio georgiano, nonché dall’OSCE , organizzazione che ospita a Ginevra, insieme all’Unione Europea e alle Nazioni Unite, il Dialogo per la sicurezza e la stabilità nel Caucaso meridionale.
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