Novi Sad, Serbia © Mirko Kuzmanovic/Shutterstock

Novi Sad, Serbia © Mirko Kuzmanovic/Shutterstock

La gestione dei fondi europei è un compito complesso che richiede specifiche competenze amministrative e tecnico-finanziarie. Per questo, per i paesi candidati all’adesione come la Serbia, la preparazione già in fase di negoziati è molto importante

02/02/2024 -  Serena Epis

Nel suo percorso di adesione all’UE, la Serbia deve allinearsi alle norme e alle politiche europee racchiuse nei 35 capitoli negoziali . Tra questi, il capitolo 22 è dedicato alla politica regionale e comprende una serie di regolamenti che dettano le linee guida per l’elaborazione e l’attuazione dei programmi nazionali per la gestione dei fondi strutturali e del fondo di coesione, risorse che saranno disponibili alla Serbia solo al momento dell’ingresso effettivo nell’Unione.

Nel corso della prima edizione del progetto “Programma di scambio sul capitolo 22 dell’aquis”, nella primavera dello scorso anno, gli esperti dell’Issirfa , accompagnati da OBCT, hanno promosso una serie di attività di formazione che hanno coinvolto diversi rappresentanti delle istituzioni interessate a vario titolo nella gestione di fondi europei, tra cui il Ministero per l’Integrazione Europea (MEI) e il Fondo per gli Affari Europei della Provincia Autonoma della Vojvodina.

Tra gli obiettivi principali per la Serbia, in questa fase di preparazione, emerge sicuramente la necessità di rafforzare le capacità amministrative delle istituzioni competenti, soprattutto in termini di personale con competenze adeguate per la gestione finanziaria. Come ha spiegato una ex-funzionaria del Fondo per gli Affari Europei della Provincia Autonoma della Vojvodina, incontrata a Novi Sad lo scorso maggio: “La preparazione è fondamentale, si parla spesso di capacità di assorbimento dei fondi, anche tra gli stati membri , per cui è importante investire nel capacity-building soprattutto in fase di pre-adesione e a tutti i livelli, non solo quello centrale”.

Una sfida cruciale in questo senso rimane quella di riuscire a trattenere personale qualificato all’interno delle amministrazioni: “C'è un grande ricambio di forza lavoro nel settore pubblico. I salari sono bassi, quindi le persone passano da un lavoro all'altro molto in fretta. Se qualcuno ha esperienza, non rimane a lungo all'interno dell'amministrazione o delle istituzioni provinciali e questo ci impedisce di avere quella che possiamo definire ‘memoria istituzionale’”.

Un problema, quello del personale, riconosciuto ed evidenziato anche dalla Commissione Europea nel suo ultimo rapporto di aggiornamento sui negoziati di adesione pubblicato lo scorso novembre.

Nonostante non abbia attualmente accesso al fondo di coesione, la Serbia partecipa già a diversi programmi di cooperazione territoriale europea, attualmente finanziati dallo Strumento di Preadesione 2021-2027 (IPA III), grazie al quale ha potuto acquisire negli anni esperienza e competenze che saranno utili per la futura gestione dei fondi europei di coesione.

Il valore aggiunto di questi programmi è da rintracciarsi innanzitutto nei rapporti di collaborazione che si creano tra aree confinanti di due o più paesi vicini nella ricerca di soluzioni comuni a questioni di mutuo interesse, ad esempio nel campo della protezione ambientale, della sanità, dell’educazione, del turismo, dei trasporti e della promozione culturale.

“Cerchiamo sempre di coltivare queste cooperazioni perché impariamo sempre qualcosa; spesso i nostri partner di altri paesi hanno modi diversi di approcciare uno stesso problema e per noi avere una prospettiva alternativa è estremamente utile. Inoltre, i progetti ci permettono di acquistare attrezzature specifiche e fare piccoli investimenti strutturali i cui benefici durano nel lungo periodo”.

Un punto piuttosto delicato riguarda invece la visibilità che i fondi europei riescono ad avere non solo all’interno della cerchia degli addetti ai lavori, ma anche e soprattutto tra la popolazione in generale, visto che raramente i progetti e i benefici che ne derivano vengono collegati in modo diretto all’UE e al processo d’integrazione: ”Nonostante tutti i programmi prevedano regole ben precise per garantire la visibilità del donatore europeo, spesso i cittadini non sanno che dietro un determinato progetto ci sono fondi europei e la maggior parte continua a pensare che il grosso dei finanziamenti venga dalla Russia”, ha spiegato la nostra interlocutrice da Novi Sad. 

Una sfida, quella della comunicazione, che rimane centrale, soprattutto in un periodo storico tanto delicato come quello attuale che vede il sostegno per il processo di integrazione europea, in particolare tra la popolazione serba, ridursi sempre di più .

 

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del progetto "Programmazione della politica di coesione dell'UE: Programma di scambio sul capitolo 22 in Serbia e Montenegro", finanziato dal Fondo CEI  della Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo (BERS) con il contributo dell'Italia. Il Fondo CEI non è in alcun modo responsabile delle informazioni o dei punti di vista espressi nel quadro del progetto. La responsabilità sui contenuti è unicamente di OBC Transeuropa 


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