Uno dei poeti più conosciuti e talentuosi di tutta la ex Jugoslavia, noto anche nell'ex blocco sovietico. Nato a Niš nel 1934, Miljković morì a soli 27 anni nel 1961. Lo ricordiamo in occasione della Giornata mondiale della poesia, tenutasi ieri
(Originariamente pubblicato dal quotidiano Danas )
Branko Miljković era cresciuto a Niš, sua città natale che, dopo l’occupazione nazista del 1941, aveva subito gravi distruzioni. Mentre la guerra più sanguinosa della storia infiammava l’intero mondo, nella Niš occupata Branko imparava a scrivere. Dopo la scuola elementare frequentò il famoso ginnasio “Stevan Sremac” a Niš, una delle scuole più antiche del paese. Durante gli anni liceali il suo talento non passò inosservato, ma la vera svolta avvenne con il trasferimento a Belgrado, dove si iscrisse alla Facoltà di Filosofia.
A soli 18 anni Branko pubblicò la sua prima poesia sulla rivista belgradese Zapisi. Tuttavia, nella capitale incontrò non poche difficoltà nel tentativo di pubblicare le sue opere. Miljković non volle mai avere nulla a che fare con il Partito comunista e ne pagò il prezzo, ignorato dalla maggior parte degli editori. Fu merito dello scrittore Oskar Davičo, che aveva aiutato Branko a pubblicare le sue prime poesie nel 1955 sulla rivista Delo, se il giovane poeta riuscì a farsi strada, venendo considerato uno dei più talentuosi giovani poeti jugoslavi.
Il modo in cui il periodo bellico aveva influenzato la produzione poetica di Miljković è stato oggetto di diverse interpretazioni. Nelle sue poesie ricorrono spesso temi come il fuoco, il vuoto, la morte, il nulla, ma anche temi sociali e patriottici. Le sue prime opere risentono fortemente dell’influenza dei simbolisti francesi Paul Valéry e Stéphane Mallarmé, ma anche dei filosofi antichi le cui opere conobbe durante gli studi e fu particolarmente ispirato dal pensiero filosofico di Eraclito. Miljković fu il membro più giovane del gruppo di poeti jugoslavi del dopoguerra noti come neosimbolisti.
La sua prima raccolta di poesie intitolata “Uzalud je budim” [Invano la sveglio] del 1957 riscosse un grande successo e negli anni successivi Miljković pubblicò altri tre libri di poesie: “Vatra i ništa” [Il fuoco e il nulla], “Poreklo nade” [L’origine della speranza] e “Krv koja svetli” [Il sangue splendente] e, insieme a Blažo Šćepanović, una raccolta intitolata “Smrt protiv smrti” [La morte contro la morte].
Al pari della maggior parte dei poeti jugoslavi di quell’epoca, Miljković traduceva poesia francese e russa e scriveva saggi e critiche.
Sulla vita di Branko Miljković sono state raccontate molte storie controverse, che però non sono mai state corroborate da dati attendibili e oggi, a distanza di molti anni, appaiono come mere ipotesi.
Miljković, poco più di ventenne, visse il suo periodo di massima gloria come poeta, vincendo nel 1960 il prestigioso “Premio di ottobre”. Ben presto però Belgrado gli divenne troppo stretta e alla fine del 1960 decise di trasferirsi a Zagabria.
È risaputo che Miljković aveva problemi con l’alcol, lo si vedeva spesso nelle kafane belgradesi e poi in quelle zagabresi. Tuttavia, nonostante in diverse biografie di Miljković si possa leggere che era un grande bohémien, i suoi giorni probabilmente erano tutt’altro che spensierati.
Secondo alcune testimonianze, Miljković verso la fine della vita si sarebbe abbandonato all’alcol, diventando aggressivo e finendo spesso per essere coinvolto in risse, motivo per cui fu più volte arrestato.
Nel 1961 Miljković fu trovato impiccato ad un albero nella periferia di Zagabria. Aveva 27 anni.
Ufficialmente, la morte di Miljković avvenne per suicidio, ciononostante non sono mancate speculazioni su una morte violenta e su un possibile omicidio.
“Perché uccidono un poeta nel socialismo?”, grido Miljković in una kafana solo un mese prima della sua morte.
Questa domanda polemica fu più sufficiente per alimentare speculazioni su un possibile coinvolgimento del regime comunista nella morte del poeta, un regime che, a dire il vero, non di rado ricorreva a una repressione violenta di chi la pensava diversamente. Tuttavia, le speculazioni sull’omicidio di Miljković non sono mai state provate.
Nel 1971 i genitori di Branko Miljković, Marija e Gligorije, e suo fratello Dragiša donarono le sue opere alla città di Niš.
La casa in via Đorđa Kratovca 52 a Belgrado, in cui Miljković viveva e scriveva poesie, è stata aperta al pubblico nell’ottobre 2019.
La città di Niš, con il sostegno del ministero della Cultura, ha istituito un premio letterario annuale intitolato a Branko Miljković.
Canto orfico
Il corpo sciorina la sua vanità.
La grande notte
riempie il tempo fino al canto a quello
non sono necessari ascoltatori.
La morte è
un nulla selvaggio, un vuoto ai primi passi.
Di notte colmo come assopirò questa parola di buio desto
che nessun canto può ridurre a ragione
che nemmeno la terra può assorbire
né il fuoco trasformare né acqua portar via!
Io possiedo la mia notte, ma in quale
torbida pietra ho barattato il cuore per una pesante scintilla? O Forse
un nuovo corpo dovrebbe rinnovare il fragile sangue? Come osare
scambiare la strada col viaggio, l’essere col fuoco,
l’aroma interno con dell’ombra!
Da morta ha perduto tutte le mie prove
contro il vento, la morte, il freddo.
Ho amato con vergogna, con tenerezza, con onestà
questo corpo che si illumina il cammino verso la propria morte.
Il canto? Ma questa è una congiura contro il cuore!
L’inferno è infernale perché non è ben distribuito,
perché c’è una parola che non si può domare,
che non puoi tradire nemmeno,
una parola troppo vigile per il nostro cuore buono.
Tratto da Nuova poesia jugoslava. Con testo a fronte. A cura di C. Zlobec con la collaborazione di S. Mihalić e A. Spasov. Guanda, Parma 1966.
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