La ricerca scientifica in epoca sovietica si è dovuta confrontare con i limiti imposti dal regime. Lo scontro ideologico ha coinvolto soprattutto la cosmologia

03/01/2017 -  Piergiorgio Pescali

È un dato di fatto che la scienza in Unione Sovietica ha fatto progressi e ha contribuito ad approfondire conoscenze in molti campi, soprattutto a fini militari, al fine di contrastare la superiorità occidentale. Ma, come Leonardo da Vinci, Galileo e molti altri inventori ci insegnano, la ricerca militare è un modo per studiare la scienza e per ottenere facilmente fondi per futuri progressi e scoperte.

Allo stesso tempo, soprattutto durante l'era staliniana, l'ideologia ha svolto un ruolo fondamentale nella scienza, bloccando spesso l’inventiva e le ricerche degli scienziati. Allo scopo di aderire alla linea del partito, le ricerche nell’Unione Sovietica talvolta sconfinano nel ridicolo.

Questo fenomeno (sviluppo contro parossismo) è stato ben studiato da Alexei B. Kojevnikov, ricercatore dell'Istituto di Storia della Scienza e della Tecnologia presso l'Accademia Russa delle Scienze a Mosca, che lo ha definito "il principale paradosso della scienza sovietica".

La dottrina Zhdanovshchina 

La manifestazione più famosa di questo parossismo e di questa assurdità è stata la dottrina detta “Zhdanovshchina” (1946-1953).

Nel 1946 Andrej Zhdanov, nuovo ideologo della politica culturale sovietica nominato personalmente da Stalin, svelò i principi che avrebbero modellato la vita culturale e scientifica dell'Unione Sovietica fino al 1953. La Zhdanovshchina, questo è il nome della dottrina, stabiliva che gli artisti, gli scienziati e gli intellettuali avrebbero dovuto uniformare le loro opere, ricerche e studi in conformità alla linea del partito.

Milovan Djilas, il consigliere di Tito, incontrò Zhdanov nel 1948, durante il famoso viaggio a Mosca che allontanò la Jugoslavia dal Comintern: "Era ben educato ed era considerato un grande intellettuale all’interno del Politburo. Nonostante la sua ben nota ristrettezza di vedute e il suo dogmatismo, direi che le sue conoscenze non erano trascurabili, ma anche se aveva una certa conoscenza di ogni cosa, persino della musica, non direi esistesse un singolo campo che conosceva a fondo. Era un tipico intellettuale che si era fatto conoscere e aveva sviluppato le nozioni di altri campi attraverso la letteratura marxista."

Zhdanov, che era il padre del genero di Stalin e avrebbe dovuto succedergli alla guida dell’URSS, morì però in circostanze sospette nel 1948, quando il suo tutore lo aveva già scaricato a favore di Malenkov. Nonostante la scomparsa del suo fondatore, la Zhdanovshchina continuò a dettare le linee guida del lavoro artistico e scientifico del paese sino alla morte di Stalin e fu accettata da quasi tutti gli intellettuali sovietici.

Solo pochi artisti e scienziati osarono lavorare in modo indipendente; uno di loro fu il musicista Dmitri Shostakovich, che scrisse una cantata satirica Il piccolo paradiso anti formalista in cui ridicolizzava la Zhdanovshchina  (l'opera fu presentata al pubblico solo nel 1989 dal violoncellista e direttore d'orchestra Rostropovich).

La maggior parte dei problemi nella scienza giungono quando un politico completamente all'oscuro di cultura scientifica, impone limiti e leggi ai ricercatori scientifici. E allora, spesso, i problemi si trasformano in tragedia e ridicolaggine, come noi sappiamo molto bene dalla nostra storia occidentale (e non solo da quella).

Il Big Bang, la meccanica quantistica e la teoria della relatività 

Le leggi scientifiche “oggettive” devono essere sottomesse alle idee del Partito. Tra queste leggi i bersagli più mirati furono il Big Bang, la meccanica quantistica e la teoria della relatività di Einstein.

Il 24 giugno 1947 Andrej Zhdanov allargò la sua politica di controllo ideologico anche nei campi dell’astronomia e della cosmologia, sostenendo che queste scienze avrebbero dovuto essere purificate dalle idee borghesi, base di menzogne ​​e illusioni. L’obiettivo era di sottomettere le leggi scientifiche alle idee del partito.

La teoria quantistica fu rifiutata perché, con la teoria della dualità onda-particella, essa non descrive la materia come una struttura unica e reale, negando così a prima vista il materialismo.

Nel saggio "Contro l'idealismo nella fisica moderna", pubblicato nel 1948, la teoria della relatività fu bollata come "idealista" e la "la dottrina derivata da Einstein" avrebbe dovuto essere eliminata.

La teoria relativistica di un universo finito in espansione fu descritta come un "tumore canceroso che corrode la teoria astronomica moderna ed è il principale nemico ideologico della scienza materialista".

La teoria più controversa e discussa fu comunque il Big Bang, che, a quel tempo, molti scienziati, anche nel mondo occidentale, non avevano ancora accettato.

Ma, mentre nel mondo occidentale il rifiuto del Big Bang da parte della comunità scientifica fu confutato prevalentemente perché non c’erano chiare prove che potessero dimostrare tale teoria, in Unione Sovietica il rifiuto era puramente ideologico in quanto politicamente scorretto.

La cosmologia “staliniana” dichiarava che l'universo fosse infinito (nessun limite di spazio o di materia), eterno (senza inizio e senza fine, nel tempo) e la materia fosse solo una manifestazione materiale di movimento e di energia (non veniva contemplato alcun dualismo onda-particella).

Lo spostamento verso il rosso delle galassie, scoperto da Vesto Slipher nel 1912, non indicherebbe che lo spazio si stia espandendo, così tutte le teorie dovrebbero adattarsi alla filosofia materialista e dialettica.

Il Big Bang, non fu accettato dall’intellighenzia sovietica in quanto teorizzava una creazione che, a parere degli inesperti tutori ideologici, assomigliava troppo alla Genesi biblica. Così, il Big Bang venne bollato come teoria pseudo-scientifica e idealistica.

I contrasti con la comunità scientifica

Questo accadde anche perché il principale teorico del Big Bang era il fisico e cosmologo belga Georges Lemaître, che era anche un gesuita.

Poco importava se più tardi la stessa teoria fu trasformata in un modello fisico dell'universo primordiale dal fisico nucleare russo-americano George Gamow – che era ateo - e dai suoi collaboratori Ralph Alpher e Robert Herman.

L'eminente astrofisico sovietico Boris Vorontzoff-Velyaminov attaccò Gamow definendo la sua teoria "non scientifica" perché inventata da un "apostata americanizzato", un ex cittadino sovietico fuggito negli Stati Uniti d'America.

L'opposizione di Stalin al Big Bang si verificò anche a partire dal fatto che papa Pio XI stesso sostenne la teoria della cosmologia relativistica. In realtà né Lemaître né Gamow concepivano il ​​Big Bang come una creazione, ma le inadeguate conoscenze fisiche e della terminologia scientifica utilizzata da Zhdanov e Stalin li indussero a commettere errori dozzinali.

Lemaître stesso fu sempre molto attento nel distinguere "principio" e "creazione" del mondo. Secondo Lemaître, la sua versione del modello del Big Bang "resta del tutto fuori da ogni questione metafisica o religiosa e lascia il materialista libero di negare qualsiasi Essere trascendente".

Pressoché tutti i fisici condividono la frase del gesuita belga sostenendo che per spiegare la cosmologia del Big Bang non è necessaria l'idea di un creatore. E dal 1951 il Papa non ha mai usato il Big Bang per esprimere la scientifica dimostrazione dell'esistenza di Dio. Nonostante queste considerazioni, Zhdanov accusò "gli scienziati reazionari Lemaître, Milne e altri (...) di rafforzare opinioni religiose sulla struttura dell'universo. Questi scienziati erano 'falsificatori della scienza che vogliono far rivivere la favola dell’origine del mondo dal nulla. (...) Un altro fallimento della 'teoria' in questione consiste nel fatto che essa ci porta all'atteggiamento idealista di credere che il mondo sia finito".

La teoria dello stato stazionario

La Zhdanovshchina guidò per un decennio gli studi della cosmologia in URSS. Gli scienziati furono costretti a trovare altri modi per spiegare la nascita e le leggi che governano l’universo. Fu il vicolo cieco della scienza sovietica, dal momento che il Big Bang e, più in generale, la teoria della relatività furono formalmente banditi.

Nella loro ignoranza scientifica, Zdhanov e Stalin non solo marchiarono il Big Bang come una "favola" e come "idealismo astronomico che aiuta il clericalismo", ma anche la “contro-teoria” del Big Bang, quella dello stato stazionario di Fred Hoyle, Hermann Bondi e Thomas Gold fu considerata politicamente scorretta e fu bandita.

La loro teoria “dello stato stazionario” spiega l'Universo come eterno (esso non ha inizio, né fine) e immutabile, introducendo l’idea della continua creazione di materia per mantenere costante la densità dell'universo.

I fisici e i cosmologi che non seguirono le linee guida del Partito furono aspramente criticati e emarginati: Lev Landau (premio Nobel per la Fisica nel 1962) e Abram Ioffe (Premio Stalin nel 1942 e Premio Lenin post mortem nel 1960) furono accusati di "strisciare di fronte all'Occidente"; Peter Kapitsa (premio Nobel per la fisica nel 1978) fu accusato di propagandare "apertamente il cosmopolitanismo"; Iakov Frenkel e Moisei Markov furono accusati di "accettare acriticamente le teorie fisiche occidentali e propagandarle nel nostro Paese". La Zhdanovshchina fu ufficialmente la politica culturale e scientifica del regime fino alla morte di Stalin, nel 1953. 

Priorità alla bomba atomica

Nel 1949 la Conferenza Generale dell’Unione Sovietica dei Fisici stava per essere organizzata dal ministero dell'Istruzione Superiore e dall'Accademia delle Scienze: vennero invitati 600 fisici. La conferenza era pensata per imporre i dogmi della nuova fisica, respingendo una volta per tutte le teoria "anti-materialistica" della relatività e la meccanica quantistica.

C'era solo un problema: Igor Kurchatov, direttore del programma della bomba nucleare, disse a Beria, capo del Commissariato governativo NKVD e responsabile del progetto - la cui ignoranza in fisica era pari solo alla sua arroganza, come Kapitsa era solito affermare -, che se la teoria della relatività e la meccanica quantistica fossero state respinte, anche la bomba nucleare avrebbe seguito la stessa fine. Beria riferì tale conversazione a Stalin e aggiunse di essere preoccupato per l'inaffidabilità ideologica dei fisici.

La bomba nucleare era in cima alle priorità del governo sovietico, così, cinque giorni prima dell'inizio della conferenza, Stalin la annullò. Cinque mesi più tardi, il 29 agosto 1949, la prima bomba nucleare sovietica venne testata a Semipalatinsk, nel Kazakistan.

Lev Landau, col suo solito piglio ironico e sarcastico affermò che la sopravvivenza dei fisici sovietici fu "il primo esempio di deterrenza nucleare che ebbe successo".


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