Il presidente francese Macron con davanti a lui alcune bandiere europee - © Alexandros Michailidis/Shutterstock

Il presidente francese Macron - © Alexandros Michailidis/Shutterstock

Giovedì 6 ottobre al Castello di Praga si è tenuta la prima conferenza della Comunità politica europea, dando seguito ad un'idea del presidente francese Emmanuel Macron dello scorso maggio. Sono 44 i paesi che fanno parte di questa nuova piattaforma di cooperazione, i cui temi sono sicurezza ed energia

07/10/2022 -  Barbara Wesel

(Originariamente pubblicato dalla Deutsche Welle , il 6 ottobre 2022)

A sette mesi dall’inizio della guerra in Ucraina, l’Unione europea si appresta a creare una nuova piattaforma di cooperazione con i paesi vicini. Al primo summit della Comunità politica europea, tenutosi giovedì 6 ottobre al Castello di Praga, oltre ai rappresentanti dell’UE, hanno partecipato anche i leader dei sedici paesi extra UE, dai Balcani al Caucaso.

Il vertice di Praga è stato organizzato per sondare la possibilità di riunire, in risposta all’aggressione russa all’Ucraina, un ampio gruppo di paesi disposti a collaborare con l’UE in materia di sicurezza comune, anche per quanto riguarda le sanzioni [contro Mosca] e la questione energetica.

Un’iniziativa concreta o solo una foto di famiglia?

Gli scettici però temono che il principale risultato di questo grande vertice possa essere la foto di famiglia dei 44 leader che vi hanno preso parte.

A lanciare per primo l’idea di una comunità politica europea è stato il presidente francese Emmanuel Macron. Un’idea che però molti cittadini dell’est Europa hanno subito scartato, sostenendo che si trattasse di una messinscena pensata come un premio di consolazione per i paesi candidati all’adesione all’UE. Per Piotr Buras dell’European Council on Foreign Reations, l’UE “dovrebbe investire di più nel processo di allargamento invece di inventare nuove forme di cooperazione”.

Presentando la sua proposta al Parlamento europeo nel maggio di quest’anno, Macron ha affermato che le sfide inedite poste dalla guerra in Ucraina richiedono una nuova risposta, ossia la creazione di una comunità politica europea che aprirebbe un nuovo spazio per i paesi democratici per “una cooperazione politica e di sicurezza, anche per quanto riguarda il settore energetico, i trasporti, gli investimenti e la libera circolazione delle persone”.

Come spesso accade con le proposte avanzate dal presidente francese, inizialmente la risposta di Berlino è stata blanda, soprattutto a causa delle preoccupazioni legate al finanziamento di eventuali nuove strutture politiche. Ora però sembra che il governo tedesco appoggi l’idea di una comunità politica europea.

La nuova realtà, in cui le relazioni tra l’Unione europea e la Russia sembrano destinate a rimanere compromesse per anni, nonché la costante minaccia di una guerra più ampia hanno spinto l’UE a ripensare i suoi rapporti con i paesi vicini.

Constatando che l’allargamento dell’UE si è rivelato essere un processo molto lento, Jean Pisani-Ferry e Daniela Schwarzer dell’Istituto Jacques Delors spiegano che se da un lato è vero che l’UE non può velocizzare più di tanto il processo di adesione dell’Ucraina, della Moldavia e dei Balcani senza che ciò incida sul suo funzionamento interno, è altrettanto vero anche che Bruxelles non dovrebbe lasciare questi paesi in sala d’attesa per un altro decennio. “La Comunità politica europea è un tentativo di risolvere questo problema”, scrivono Pisani-Ferry e Schwarzer, affermando poi che il principale vantaggio di una simile organizzazione internazionale risiede nella possibilità di avviare una cooperazione in materia di difesa e sicurezza che coinvolga anche i paesi extra UE, nella speranza che la Comunità politica europea divenga “un ponte verso un’Europa allargata e la cornice per un’integrazione europea più duratura”.

Amici, nemici e altri

Al summit di Praga sono stati invitati anche paesi come Norvegia, Islanda e Svizzera che non fanno parte dell’UE, ma sono legati ad essa con vari accordi e forme di cooperazione.

Dopo qualche esitazione, anche la Gran Bretagna ha accettato di partecipare al vertice di Praga. Nonostante a giugno l’attuale premier britannica Liz Truss, allora Segretaria di stato per gli Affari esteri, abbia dichiarato di non essere interessata a prendere parte ad un’iniziativa simile, ora sembra che Londra, seppur con cautela, si stia nuovamente avvicinando all’UE. Per il nuovo governo britannico, gli incontri come quello di Praga rappresentano un’occasione per trovare una via d’uscita per l’annoso problema dell’Irlanda del Nord, ma anche per rilanciare l’idea di una “Gran Bretagna globale” e – come si legge in un comunicato stampa diffuso da Downing Street – per contribuire ad “una risposta comune alla guerra di Putin in Ucraina” e per discutere di questioni energetiche e migrazione.

L’idea di invitare a Praga anche il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha suscitato un vero e proprio terremoto diplomatico. La partecipazione alla Comunità politica europea è formalmente vincolata al rispetto dei valori democratici, valori che Erdoğan calpesta ormai da anni, tanto che i negoziati di adesione della Turchia all’UE sono finiti in un vicolo cieco. Inoltre, il presidente turco continua a minare gli sforzi europei per creare un fronte comune contro Mosca, proponendosi come un intermediario tra le due parti, senza prendere una chiara presa di posizione. Alla fine ha vinto il pragmatismo e lo scomodo vicino – come Bruxelles percepisce il presidente turco – è stato invitato al vertice di Praga, anche se la recente disputa con Stoccolma, provocata da una satira su Erdoğan, e la minaccia di porre il veto all’ingresso della Finlandia e della Svezia alla Nato non lasciano presagire alcuna virata di Ankara in senso filoeuropeo.

La disposizione dei posti a sedere durante la discussione centrale e la cena di lavoro del vertice di Praga ha probabilmente fatto venire il mal di testa agli organizzatori: i rappresentanti dei paesi storicamente rivali come Armenia e Azerbaijan non potevano stare seduti gli uni accanto agli altri, Israele e Turchia solo recentemente hanno rilanciato le relazioni bilaterali, mentre i rapporti tra Ankara da un lato e Atene e Nicosia dall’altro sono ai minimi storici a causa delle costanti provocazioni turche nel Mediterraneo.

Se il vertice di Praga darà i suoi frutti dipenderà dal comportamento dei leader dei paesi coinvolti, che potrebbero decidere di perseguire esclusivamente i propri interessi nazionali oppure di impegnarsi effettivamente per dar vita ad una stretta cooperazione tra i paesi membri della famiglia europea. Per i paesi – come Ucraina, Georgia e Moldavia - vittime di aggressione o minacce da parte di Mosca non vi è alcun dubbio: ogni iniziativa di ricostruzione, aiuto finanziario, sostegno militare e cooperazione è benvenuta.

Il prossimo summit in Moldavia

L’idea iniziale del presidente francese prevedeva che i rappresentanti dei paesi aderenti alla Comunità politica europea si riunissero ogni sei mesi. Prima del prossimo incontro, previsto per la primavera 2023, i paesi coinvolti dovranno però affrontare tutta una serie di questioni riguardanti l’organizzazione, la struttura e il finanziamento della Comunità politica europea per evitare che l’intera iniziativa si riduca ad una semplice tavola rotonda. E la scelta del paese che ospiterà il prossimo summit paneuropeo lancia un chiaro messaggio politico: la Moldavia, piccolo paese minacciato da Mosca, si è offerta ad ospitare il secondo vertice della Comunità politica europea.


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