Alcune banche occidentali controllano il mercato del credito nei paesi dei Balcani. E non hanno nessuna intenzione di lasciare la regione, nonostante la crisi. Perché l'Europa del sud est è per molti versi una “gallina dalle uova d'oro”

06/02/2013 -  Aleksandar Milošević

(pubblicato da Danas il 20 gennaio 2013, selezionato da Le Courrier des Balkans e Osservatorio Balcani e Caucaso)

I recenti dati pubblicati dall'Unione degli istituti bancari della Serbia mostrano una stagnazione del mercato dei prestiti in Serbia che ormai dura da più di quattro mesi. Una situazione che inquieta gli analisti economici, che vi vedono la conferma di un letargo economico generale, ma ancor più le banche europee che, in Europa orientale, guadagnano per ogni euro investito profitti doppi rispetto ai mercati dell'Europa occidentale.

Nessuno disinveste

E' probabilmente quest'ultima la ragione per la quale, alla conferenza Euromoney che si è da poco tenuta a Vienna – nonostante tutti i pronostici degli analisti – le banche internazionali hanno deciso di non abbandonare i mercati della regione, di non ritirare i loro capitali e di non ridurre le loro attività di credito. Di conseguenza il “deleveraging”, sarebbe a dire il disinvestimento finanziario - il termine senza dubbio più utilizzato durante l'intera conferenza - non sembrerebbe all'ordine del giorno.

Secondo gli analisti del gruppo Unicredit per il periodo 2012-2015 il rendimento medio dei capitali investiti dalle banche nell'Europa centrale e orientale sarà del 10,9%. “Le rendite nell'intera regione sono sotto pressione ma i margini di profitto rimangono due volte superiori che in Europa occidentale. Se nei paesi della moneta unica il settore bancario si scontra con un ambiente economico incerto e con forti turbolenze, si fanno ancora buoni profitti in Europa centrale e orientale”, riconosce Unicredit.

Non tutti uguali

Ciononostante, tra i paesi dell'est Europa, esistono enormi differenze di rendita e di potenziale di sviluppo. I migliori in classifica sono senza dubbio Turchia e Russia. In fondo alla classifica vi è invece la Slovenia tanto che la Raiffeisen ha annunciato che licenzierà due terzi dei propri dipendenti sloveni da qui al 2015 e manterrà attività per solo un terzo dei capitali attuali orientandosi alla collaborazione con le aziende più grandi e con quei “fortunati” che sono in grado di attivare prestiti transfrontalieri.

Herbert Stepic, a capo di Raiffeisen International, ha affermato chiaramente che la sua banca non ha intenzione di ritirarsi dalla regione, dove sta ottenendo buoni risultati, ma che gli investimenti futuri saranno ri-orientati verso alcuni dei paesi della regione. Negli altri, come ad esempio in Serbia, la Raiffeisen si accontenterà di mantenere le attività attuali.

Così, le banche austriache, italiane e francesi, che controllano la maggior parte dei mercati della regione, conserveranno le loro posizioni ma mirando gli investimenti in modo molto selettivo e riducendo le loro spese globali. La prima preoccupazione di tutte le banche a capitali stranieri che operano nella regione è comunque di ridurre le spese. E' priorità di tutti la chiusura delle filiali non redditizie e fare economie a tutti i livelli.

20% di crediti non performanti

L'analisi di Unicredit accenna che “la redditività nei Balcani continuerà a calare” e che “la qualità degli attivi è una delle cause di rischio almeno sino al 2014”. E' appunto la qualità degli attivi e i “prestiti non performanti” (Non Performing Loans – NPL) che continuano a dare le maggiori preoccupazioni. Ciononostante se si guarda ai tassi di interesse applicati ai prestiti, è difficile mostrare compassione nei confronti delle banche.

Quasi il 20% dei prestiti accordati in Serbia si rivelano dei NPL. Dato che è in comune con altri paesi della regione e questo significa secondo Unicredit che “alcune banche sarebbero già pesantemente minacciate”, perché se si tiene presente ch questo è un dato medio significa che in alcune banche la percentuale di NPL è molto più elevata, come spiega Lalit Raina della Banca Mondiale.

A suo avviso il problema principale degli affari nel sud est Europa è che le banche hanno dimostrato d'avere una strategia d'ingresso – e quindi sapevano come arrivare, investire un capitale e concedere prestiti – ma non hanno mai avuto una strategia d'uscita e quindi non sanno come liberarsi degli NPL accumulati negli anni. La soluzione standard, secondo Lalit Raina, sarebbe di riprogrammare questi prestiti o di entrare in un processo di liquidazione.

Ma il problema principale è che lo scaglionamento dei crediti esige nuovo capitale, visto che la maggior parte dei paesi della regione non ha adeguati strumenti giuridici a disposizione, né buoni condizioni politiche generali per arrivare positivamente in fondo a questo processo. Il problema dei NPL è meno grave quando si tratta di prestiti ai singoli individui “perché questi ultimi si sforzano di rimborsarli nella loro totalità” per non perdere i beni immobili che hanno ipotecato per ottenere l'apertura di credito.

Allo stesso tempo i banchieri occidentali si trovano a confrontarsi con la concorrenza di capitali orientali, fenomeno che hanno forse sottostimato, sino a quando Mlađan Dinkić, ministro per l'Economia in Serbia, non ha ammesso che la Serbia raccomanda a tutti i paesi della regione di cominciare a ricercare investitori in Russia, in Cina, in Turchia o negli Emirati Arabi, dato che le banche europee hanno dimostrato di non essere in grado di immettere sufficiente credito nella regione.

Prospettive di crescita record in Russia e Turchia

"Paragonandolo a quello dei paesi occidentali, il potenziale di crescita a lungo termine nei paesi della Comunità degli stati indipendenti (CSI) rimane invariato ma alcune di queste economie sono particolarmente interessanti se paragonate ad altri mercati in via di sviluppo", spiega Gianni Franco Papa, direttore della divisione bancaria Unicredit per la regione.

Il tasso di crescita annuale del PIL nei paesi della CSI e della Turchia resterà al 4,4% dal 2013 al 2017, più alto che in Medioriente o nell'Africa del nord dove la crescita sarà del 4,2% e anche dell'America Latina che avrà un tasso medio di crescita del 4%, mentre la crescita non supererà l'1,2% nella zona euro.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta con il contributo dell'Unione Europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea. Vai alla pagina del progetto Racconta l'Europa all'Europa


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