Belgrado, un momento d'esame con studenti delle scuole superiori (© bibiphoto/Shutterstock)

Belgrado, un momento d'esame con studenti delle scuole superiori (© bibiphoto/Shutterstock)

In Italia l’abbandono scolastico si attesta al 13,5%, quattro volte maggiore di quello in Croazia. Il mondo della scuola e dell’inclusione scolastica guardato attraverso l'Adriatico

16/07/2020 -  Maria Francesca Rita

L’allontanamento precoce dal sistema scolastico è un fenomeno complesso nelle sue cause e conseguenze. Oltre a motivazioni individuali, quali le difficoltà nell’apprendimento o il ripetere un anno scolastico, è appurato che le origini dell’abbandono risiedano principalmente nelle condizioni economiche e sociali dell’ambiente e della famiglia di provenienza.

Come riporta un’analisi del Miur , la propensione all’abbandono è ad esempio in Italia più elevata nelle aree più disagiate del paese.

Guardando alle conseguenze, l’abbandono scolastico risulta essere un ostacolo di doppia natura per l’individuo: dal punto di vista economico, per la difficoltà nell’ottenere un’occupazione stabile, qualificata e ben retribuita, dal punto di vista sociale per l’esclusione e le disuguaglianze che ne derivano.

L’andamento dell’Unione europea e dei Balcani

La Fondazione openpolis sottolinea in un suo rapporto come l’abbandono scolastico colpisca in maniera differenziata: questo avviene sia a livello europeo che a livello di singolo paese. L’abbandono scolastico è maggiore nei paesi dell’Europa meridionale e tende ad essere più diffuso ad esempio nel sud Italia rispetto al resto del paese, oltre che nelle periferie delle maggiori città. 

L’Unione europea ha fissato nella strategia Europa 2020 l’obiettivo di raggiungere entro quest’anno un livello medio di abbandono scolastico precoce non superiore al 10%. Tale parametro, misurato attraverso l’indicatore early leavers from education, misura la percentuale di ragazzi con un’età compresa tra i 18 e i 24 anni che possiedono al massimo un diploma di scuola media. 

In media l’Ue è vicina al raggiungimento dell’obiettivo, attestandosi nel 2019 al 10,3%. Una scheda tematica dell’ottobre 2017 elaborata dalla Commissione europea riporta che, guardando al genere, le ragazze hanno raggiunto l’obiettivo già dal 2014.

Ponendo a confronto i Balcani e l’Italia, si può osservare che i paesi dello spazio ex jugoslavo registrano una dinamica eccellente rispetto all’Italia e - sempre restando nell’area - all’Albania. L’Albania registrava infatti nel 2018 un tasso di abbandono scolastico pari al 17,4%, mentre l’Italia si attestava al 14,5%.

La Croazia è il paese con il più basso tasso di abbandono scolastico sia nella regione adriatica che nell’Unione europea, con un livello pari a solo il 3,3%, diminuito ulteriormente nel 2019 arrivando al 3%. Anche la Slovenia e la Grecia si trovano ben al di sotto della media europea, con valori rispettivamente di 4,6% e 4,1%.  In Grecia si registra tuttavia un divario significativo tra il basso tasso di abbandono delle aree urbane e il tasso elevato delle zone rurali, come riporta Eurydice , la rete europea che si occupa di diffondere informazioni sull’istruzione.

Sebbene tra il 2018 e il 2019 la situazione sia migliorata di un punto percentuale per l’Italia, in Umbria, Abruzzo, Lazio e Basilicata si è registrato un peggioramento. La situazione continua ad essere drammatica per alcune regioni del sud: la Sicilia (22,4%), la Calabria (19%) e la Puglia (17,9%).

Disuguaglianze passate e future

In tutta Europa l’abbandono scolastico è più frequente tra gli alunni di sesso maschile, tra le minoranze e tra i ragazzi di origine straniera, in particolare nati all’estero (mentre il livello è più basso per quelli di seconda generazione), oltre che per le minoranze.

Un recente rapporto del Miur sul contrasto al fallimento formativo sostiene che la scuola ha indebolito la sua decisiva funzione democratica di ascensore sociale, in quanto risulta evidente la trasmissione generazionale delle disuguaglianze di padre in figlio.

Nello stesso rapporto si legge come l’Italia sia uno dei paesi con il più basso livello di mobilità educativa in Europa: solo l’8% dei ragazzi tra i 25 e i 34 anni con genitori senza un diploma ha ottenuto una laurea.

Le persone con un livello di istruzione più basso rischiano poi di andare ad ingrossare le fila dei NEET, ovvero dei giovani che non lavorano né studiano (neither in employment nor in education or training). Come si può leggere in un articolo curato da EdjNet il fenomeno ha assunto dimensioni sempre più grandi dopo il 2008. Eurostat precisa come nell’Unione europea nel 2019 la percentuale di ragazzi tra i 25 e i 29 anni che non studiano e non lavorano si è attestata al 17,2%. L’Italia e la Grecia sono i paesi con i livelli più alti.

In particolare, la percentuale dei NEET è nettamente più alta tra i giovani che non possiedono un diploma (in media in UE il 37,6% dei giovani con un basso livello di istruzione appartiene ai NEET). Le persone con un basso livello di istruzione hanno una probabilità quattro volte superiore di non essere né occupate né in formazione.

La sfida della digitalizzazione

Negli ultimi anni si è fatta sempre più pressante l’urgenza di una trasformazione digitale. Anche la scuola ne è stata influenzata in diversi modi. La digitalizzazione dell’istruzione comporta un nuovo rischio di esclusione ed emarginazione sociale per quei ragazzi e quelle ragazze che non hanno un accesso a internet, mancano delle risorse necessarie all’acquisto di uno strumento informatico, o anche semplicemente mancano delle competenze per utilizzarlo. Il divario digitale può essere annoverato tra i fattori che nel prossimo futuro avranno un impatto sul proseguimento scolastico e formativo dei giovani.

In Italia le famiglie che possiedono una connessione veloce sono in aumento, avvicinandosi sempre più alla media europea, come si può leggere nel Rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile del 2019.  Lo stesso trend si può rilevare per i paesi dei Balcani, tra i quali solo la Slovenia ha una performance migliore dell’Italia (l’89% delle famiglie ha accesso alla banda larga, contro l’84% delle famiglie italiane).

Nel corso della pandemia di coronavirus i paesi presi in esame hanno fatto ricorso a metodi diversi di didattica a distanza per garantire il proseguimento delle attività scolastiche. Come si può leggere in un  documento pubblicato da Eurydice, in molti casi si è fatto ricorso a sistemi simili a quello italiano di insegnamento diretto tramite video lezioni e insegnamento non concorrente con l’assegnazione dei compiti tramite il registro elettronico. Tuttavia, in quasi tutti i paesi dei Balcanii si è utilizzata in modo più accentuato un’ulteriore soluzione di apprendimento, quella dei canali televisivi. Questa scelta ha consentito, almeno sulla carta, ad un numero più ampio di studenti di seguire le lezioni rispetto ai metodi di insegnamento online.

Sebbene la percentuale di famiglie con accesso alla banda larga sia in aumento, infatti, siamo ancora ben lontani da una copertura tale da garantire che l’insegnamento online sia davvero inclusivo.

La sfida della digitalizzazione dovrà quindi innanzitutto concentrarsi sul miglioramento delle infrastrutture digitali. Una volta raggiunta la copertura adeguata sarà indispensabile garantire a tutti il possesso degli strumenti e delle competenze necessarie.

Il problema dell’abbandono scolastico si lega indissolubilmente alla sfida della digitalizzazione. Il fattore comune sarà l’inclusione sociale dei giovani che vivono in una condizione di svantaggio rispetto ai loro coetanei, per il contesto di provenienza o per la famiglia di origine. In entrambi i casi, si tratta di svantaggi che determinano un perpetuarsi delle disuguaglianze di generazione in generazione. L’istruzione potrebbe essere finalmente lo strumento adatto a spezzarle. 

Questo articolo è pubblicato in associazione con lo European Data Journalism Network  ed è rilasciato con una licenza CC BY-SA 4.0

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