Skopje, piazza Macedonia

Circa il 30% dei due milioni di abitanti della Macedonia vive sotto la soglia di povertà. Altissimo il tasso di disoccupazione, la gente si indebita coi commercianti e con le aziende di servizi pubblici. Il Paese sta affondando e una bomba sociale potrebbe presto esplodere

20/09/2005 -  Risto Karajkov

La povertà era assestata attorno al 20% solo 5-6 anni fa ed era di gran lunga inferiore all'inizio della transizione. Gli ultimi quattro anni hanno visto 120.000 persone, per una media di circa 30.000 persone all'anno, scivolare sotto la soglia di povertà. Questo si afferma quando si parla in termini di livelli assoluti di povertà; se vengono invece relativizzati, il numero diventa superiore - ogni macedone su due soffre di una qualche forma di povertà. La causa principale è la disoccupazione.

In una regione che ha sofferto cronicamente dell'alto tasso di disoccupazione, la Macedonia continua ad essere il campione indiscusso. Ufficialmente il 38.6%, ossia all'incirca 320.000 persone sono senza lavoro. La situazione è particolarmente critica con una disoccupazione giovanile che compare in modo sproporzionato tra chi è in cerca di lavoro. Uno sconcertante 65-70% dei giovani è senza lavoro. Molti di loro soffrono della peggior specie di disoccupazione, la cosiddetta "disoccupazione prolungata della prima volta", il che significa che non hanno mai avuto un lavoro dopo la fine della scuola, e che sono disoccupati per un periodo di tempo prolungato. Non raggiungeranno mai la produttività matura che potrebbero potenzialmente avere, fornendo il loro potenziale umano. I livelli di preparazione raggiunti con l'educazione si impoveriranno col tempo. In altre parole, le loro possibilità di avere una vita significativa sono marginali. A meno che non cerchino di scappare.

Detto questo, un'analisi del processo e della retorica politica in Macedonia renderà questo tema del tutto invisibile. Nessuno parla mai di questo, non è una priorità. Un politico può essere d'accordo formalmente prima o dopo il periodo elettorale. La gente invece preferisce entrare in un ansioso dibattito se l'ex ministro dell'interno all'Aia si difenderà in libertà o al confino, o se l'albanese sarà adottato come lingua ufficiale o no in qualche sotto comitato nel livello più basso dell'amministrazione. Qualcuno potrebbe dire che abbiamo ciò che ci meritiamo? Come può un paese avere i 2/3 della sua popolazione giovane in completo abbandono e non preoccuparsene? Non fa meraviglia che l'ultimo sogno legittimo sia quello di emigrare e non voltarsi più indietro.

La gente cerca di sopravvivere come può: con piccolo contrabbando e commercio, facendo lavori di giornata nel carico merci o nei campi, raccogliendo frutta selvatica, funghi, aspettando il sussidio sociale, girovagando per i container, facendo visita alle mense pubbliche (solitamente gestite dalle associazioni per la carità della chiesa). Chi lavora (al di fuori della capitale che è praticamente l'unico luogo dove uno può sperare di avere un lavoro "normale"), è impiegato nei servizi governativi, in posizione di sfruttamento presso sfruttatori privati (abbigliamento, calzaturifici, ecc.) oppure gestendo una piccola drogheria o una boutique nel vicinato. Di storie ce ne è a bizzeffe.

"Sopravviviamo con lo stipendio di mia moglie, che per 250 ore al mese in un negozio di abbigliamento prende 3-4.000 denari (50-70 euro). Non c'è lavoro per me", afferma un abitante di provincia.

L'unica industria forte del settore tessile che era gestita da grandi fabbriche e che impiegava migliaia di persone è stata quasi interamente distrutta nel processo di privatizzazione, impoverendo intere città che erano mono-industriali. È rinata sotto forma di piccole aziende tenute da proprietari stranieri (ma non solo) che crudelmente sfruttano i lavoratori. La maggioranza dei lavoratori sono donne. Ci sono intere piccole città in Macedonia dove lavorano solo le donne. Lavorano oltre 12 ore al giorno per una paga minima e nessun beneficio o tipo di garanzia sociale. Hanno il timore di rivolgersi ai sindacati perché non hanno alternativa allo sfruttamento in cui sono prese. I datori di lavoro, ben al corrente di ciò, ne abusano al massimo. Il governo ne è a conoscenza ma è incapace di fare qualcosa. Se loro andassero dagli sfruttatori e gli chiudessero gli esercizi la gente finirebbe sulla strada. È un circolo vizioso.

"Il greco proprietario ci diceva che siamo dei poveri lavoratori ... che non sapevamo segare... e un giorno ci ha tenuto a lavorare fino alle 11 di sera. Il nostro stipendio è di 4.000 denari (70 euro)" si lamenta un lavoratore del tessile.

"Prendo 50 euro di sussidio (come lavoratore licenziato). Insieme con la pensione di mia moglie abbiamo 150 euro al mese. I ragazzi sono studenti. Abbiamo iniziato a tenere le api e a produrre miele; distilliamo un brandy dalla nostra piccola vigna. Tutto ciò ci garantisce altri 100 euro. Più o meno sopravviviamo", dice un ex lavoratore di una cooperativa agricola.

Solo il 3% della gente in Macedonia afferma che lo stipendio è sufficiente a coprire i propri bisogni. Un'ampia maggioranza dice che gli servirebbero 500 euro per famiglia per le spese mensili. Lo stipendio medio si aggira attorno ai 150 euro mensili. Comunque è difficile trovare una famiglia con entrambi i coniugi che lavorano. Inoltre gli stipendi possono ritardare per mesi. Potete essere impiegati ma senza sapere se, quando e quanto prenderete. Una famiglia con uno stipendio fisso è considerata messa bene. La gente lotta per pagare le bollette. Le aziende di pubblica utilità hanno realizzato differenti schemi per i debitori. Gli chiedono di svolgere lavori manuali (tagliare l'erba, scavare canali, ecc.) come compensazione se non riescono a pagare le bollette.

L'intero budget del governo finisce negli stipendi e nei sussidi. Non rimane nulla per gli investimenti. Gli economisti concordano che in questo modo la crescita non ci sarà mai. Inoltre, il budget si è assottigliato. Alla fine dello scorso anno l'UNICEF ha avvertito il governo che anche paesi più poveri della Macedonia si prendono una migliore cura dei loro bambini. Il rapporto dell'UNICEF afferma che il governo stanzia solo il 5% del PIL alla salute e meno del 3,7% all'educazione. Percentuali estremamente basse.

Città basate su una forte fonte di impiego, come la miniera o una grande fabbrica, hanno assistito ad collasso totale con la loro bancarotta. Le famiglie sono contente se almeno uno dei nonni vive con loro, perché la loro pensione è l'unica fonte sicura di entrate. Alcune statistiche non ufficiali affermano che l'ammontare totale del debito privato di una piccola città con i negozi del vicinato (per le necessità di base) può raggiungere i due milioni di euro. La gente prende a credito e poi non riesce a pagare. I negozi hanno tirato fuori il vecchio cartello dimenticato: "onore a tutti, credito a nessuno".

Gli esperti avvertono che per le strade potrebbe esplodere una bomba sociale. La gente non può sopportare a lungo la pressione. Difficilmente c'è un settore, che sia dell'edilizia, trasporti, educazione, che non abbia annunciato proteste.

Il modo di confrontarsi del governo con queste cose - come al solito - è il diniego. Se ne vengono fuori occasionalmente con delle statistiche distorte sul fatto che molti impieghi sono disponibili o che il fatturato industriale è cresciuto in una certa percentuale. Molte abitudini del vecchio regime sono dure a morire, come per esempio il fatto che se ripetete spesso una bugia la gente inizierà a crederci.

Inondata del suo strenuo processo politico, la Macedonia non sembra avere né le idee né l'energia per lavorare alla sua crescita economica. Le cose possono prendere una brutta piega, e prima di quanto si possa pensare.


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