Marina Tsiripidi e la figlia - foto di Tamuna Chkareuli/Chai Khana

Marina Tsiripidi e la figlia - foto di Tamuna Chkareuli/Chai Khana

Arrivarono dall'area dell'odierna Turchia nel corso dell'800. In Georgia vive una comunità di greci. Sono rimasti ormai in pochi dato che la maggioranza si è trasferita in Grecia durante gli anni del crollo dell'Urss

04/01/2019 -  Tamta Jijavadze

(Pubblicato originariamente da Chai Khana nel dicembre 2018)

La grande bandiera greca che pende davanti alla casa di Akhiles Chirahidis gli ricorda costantemente le sue origini. Ciononostante, questo sessantenne che tranquillamente cammina dalle stradine del suo villaggio natale nell'est della Georgia, si sente georgiano tanto quanto gli altri 161 residenti di Didi Iraga. Per lui, e per i pochi altri appartenenti alla comunità greca che vive nel distretto di Tetritskaro, il concetto di madrepatria non è univoco. “Sono greco, la mia madrepatria è la Georgia”, afferma.

Gli antenati di Chirahidis sono migrati in Georgia dalla Turchia durante l'800 durante la serie di conflitti tra l'Impero russo e quello ottomano. Nel 1886 si stima vi siano stati 20.000 greci in Georgia. Nel successivo secolo e mezzo la comunità è cresciuta e prosperata durante gli anni di Unione sovietica. In passato la comunità greca popolava interi villaggi, nello specifico della regione orientale di Kvemo Kartli: Didi Iraga, Patara Iraga, Jigrasheni, Ivanovka e Vizirovka.

Akhiles Chirahidis - foto di Tamuna Chkareuli/Chai Khana

Ricordi di famiglia- foto di Tamuna Chkareuli/Chai Khana

Durante il complesso decennio seguito al collasso dell'Unione sovietica la comunità greca si è trasferita in massa in Grecia, la quale offrì loro la cittadinanza, per cercare lavoro nella terra dei propri antenati. Lentamente ma inesorabilmente, i villaggi si sono svuotati e sono divenuti più silenziosi. Da un censimento del 2014 emerge che erano 5.540 gli appartenenti alla comunità greca in Georgia, la maggior parte dei quali – 2.113 – nei villaggi nella regione di Kvemo Kartli.

Chirahidis fu tra quelli che se ne andarono, e si trasferì a Salonicco, cuore industriale del nord della Grecia e seconda città del paese. Lui e la famiglia ricevettero passaporti greci. Suo nonno invece rimase a Didi Iraga il più a lungo possibile e li raggiunse solo nel 1994. Morì in Grecia ma volle essere sepolto in Georgia.

“Sono rientrato in Georgia nel 2012 per dargli degna sepoltura, era un suo desiderio. Ed era anche un mio di desiderio”, racconta Chirahidis in un fluente georgiano. Oggi Chirahidis trascorre 10 mesi all'anno a Didi Iraga ma ritorna spesso a Salonicco dove continua a vivere la sua famiglia. La Grecia è divenuta casa per sua moglie e i suoi figli.

“Ma mi hanno detto che continueranno a tenere questa casa anche dopo la mia morte”.

Chi desidera mantenere un contatto con la terra natia torna o per le vacanze oppure se deve registrare proprietà ereditate da genitori o nonni.

Chirahidis è un ex camionista, non ha ancora una pensione e in modo occasionale gli capita di lavorare per qualche giorno; la sua famiglia gli invia qualche centinaia di euro al mese per il suo sostentamento. Nel proprio giardino ha poi alberi da frutto e Chirahidis si produce sia il proprio vino che la chacha, la grappa georgiana ricavate dalle vinacce. “Ho anche lavorato come scalpellino, era una professione comune tra i greci che abitavano qui. E' per questo che tutte le case dei greci sono fatte di pietra”.

Sofia Papunidi- foto di Tamuna Chkareuli/Chai Khana

A pochi chilometri di distanza vive Sofia Papunidi. E' una dei cento abitanti rimasti a Jigrasheni. Condivide i sentimenti di Chirahidis: si sente greca ma è la Georgia il posto dove è nata e dove vuole vivere. “Mio marito è morto dieci anni fa. Ho deciso di continuare a vivere in questa casa che abbiamo costruito insieme con molti sforzi. Ho detto a mia figlia, che vive in Grecia, che non abbandonerò questa casa ma che potrà venderla una volta che sarò morta”, racconta quest'ottantenne che migrò anche lei in Grecia negli anni '90 per poi tornare qualche anno dopo. “Ero scioccata, c'era asfalto ovunque, anche nei paesini. Mi sono detta che non era casa mia e che volevo ritornare in Georgia. Sono nata e cresciuta in Georgia. Il mio posto è qui, voglio essere sepolta qui, al fianco di mio marito”.

Per quanto riguarda i giovani che vivono qui, possono essere contati sulle dita di una mano. A Patara Iraga vivono 173 persone tra cui vi sono poche famiglie con figli piccoli: sono solo 4 i bambini appartenenti alla comunità greca che frequentano la scuola locale.

Sono rari, ma ci sono, anche i casi di chi si è mosso in direzione contraria. Marina Tsiripidi è nata in Georgia, come i suoi genitori. Poi ha sposato Vasily, che si è spostato dalla Grecia in Georgia. Sono passati ormai 12 anni e ormai sente la Georgia come la propria casa. La vita è dura ma Marina non pensa di tornare in Grecia e nemmeno lo desidera.

“Gli piace qui, lavora nel bosco come taglialegna. Io lavoro nella scuola locale frequentata anche da nostra figlia Afanasia, che ha 12 anni”.

Chirahidis cerca di essere ottimista sul futuro, ma non è facile. Sua moglie e i suoi figli gli fanno visita solo raramente, quasi sempre durante festività condivise da greci e georgiani dopo secoli di coabitazione.

Sa però dove vuole che il suo viaggi finisca e punta con il dito il piccolo cimitero. “E' lì che voglio riposare. E' qui che voglio morire”.


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