Kvevri

La bocca di un Kvevri, l'anfora georgiana custodita sotto terra in cui, secondo il metodo tradizionale, fermenta il vino georgiano (susanastray/flickr)

L'embargo all'importazione di vino georgiano in Russia introdotto nel 2006 ha portato a profondi cambiamenti nel mercato vitivinicolo del Paese. La maggiore attenzione alla qualità e il mantenimento di metodi tradizionali ha portato i primi riconoscimenti internazionali e alla fondazione di un presidio di Slow Food per il vino in anfora georgiano

14/04/2011 -  Maura Morandi Tbilisi

Se fino ad una ventina d’anni fa la Georgia era considerata “la cantina dell’Unione Sovietica”, oggi l’Ucraina è il principale importatore di vino georgiano, seguita da Kazakistan e Bielorussia. Altri Stati che acquistano vino dalla Georgia sono Stati Uniti, Cina, Paesi baltici ed Azerbaijan.

L’embargo imposto dalla Russia al vino georgiano nel marzo del 2006 ha portato cambiamenti sia positivi sia negativi al mercato del vino georgiano. La Russia, infatti, era il maggior acquirente in assoluto del vino prodotto in Georgia. Secondo David Magradze, esperto dell’Istituto di orticultura, viticultura ed enologia di Tbilisi, con l’embargo è finito “il tempo in cui si produceva vino di bassa qualità ma il mercato era garantito”. In seguito all'embargo, i produttori hanno dovuto necessariamente aumentare la qualità dei vini per poter vendere il proprio prodotto su altri mercati. Della stessa opinione Renato Loss, enologo trentino da tempo in Georgia, secondo il quale “prima si produceva qualsiasi tipo di vino. Dopo l’embargo i produttori georgiani, dovendosi confrontare con il mercato mondiale, hanno dovuto iniziare a pensare alla qualità”.

Ma l’embargo è stato anche molto negativo per alcune cantine che hanno dovuto chiudere per fallimento. “Tutta la viticoltura ha sofferto a causa dell’embargo", dichiara Loss, “lo Stato georgiano ha cercato di mettere il paracadute alla caduta del mercato attraverso l’acquisto di uva, la vinificazione attraverso cantine affittate dallo Stato e la commercializzazione diretta del prodotto. Credo che oggi uno dei maggiori problemi della vitivinicoltura georgiana sia la mancanza di collaborazione tra viticoltori e la creazione di cooperative vinicole. Ciò potrebbe aiutare il settore ad affrontare meglio la crisi ed i mercati internazionali”.

Nel corso degli ultimi anni, si è assistito ad un approfondimento sotto vari aspetti delle relazioni tra Italia e Georgia nel settore vitivinicolo. Nell’ambito del Premio Masi 2010 – premio istituito dalla prestigiosa casa vinicola veronese ed uno degli appuntamenti più importanti del panorama culturale del mondo del vino – è stato conferito il “Premio Civiltà del Vino” al metropolita (arcivescovo ortodosso) Sergi di Nekresi, villaggio nella regione di Kakheti, “per la difesa dei valori sacrali della vite e del vino nella sua terra e per l’apertura verso le tecnologie e i nuovi mercati”.

Un presidio per il vino in anfora georgiano è stato avviato da Slow Food nel 2008 nelle regioni di Kakheti ed Imereti. Scopo del presidio è di aiutare i produttori – attraverso la dotazione di attrezzature – a produrre un vino di qualità che sia commercializzabile.

Durante la quarta edizione dell’incontro mondiale della rete di Terra Madre che si è svolta a Torino lo scorso ottobre in occasione del “Salone del gusto”, la delegazione piemontese de “Le donne del vino” – associazione nazionale costituita da produttrici, ristoratrici, enotecarie, enologhe, sommelier e giornaliste che promuovono la cultura del vino nel senso più ampio – ha sostenuto il Presidio del vino in anfora del villaggio di Nakhshirgele (nella regione di Imereti) e proclamato Nestan Kravishvili prima “Donna del vino” della Georgia.

Nella stessa occasione è nato un gemellaggio tra l’associazione toscana “Cammino Autuctuvie” – che raggruppa una decina di piccole aziende – ed il presidio di Slow Food in Georgia. A sostegno del presidio è stata creata una speciale bottiglia di vino dall’etichetta “Un vino per la Georgia”. Le bottiglie sono vendute attraverso i principali canali di Slow Food e il ricavato devoluto al progetto.


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