KyivPride, 23 giugno 2019 (© Siarhei Liudkevich/Shutterstock)

 KyivPride, 23 giugno 2019 (© Siarhei Liudkevich/Shutterstock)

Insight opera da più di dieci anni al fianco della comunità Lgbt+ dell'Ucraina. A Kiev abbiamo incontrato alcune sue attiviste che ci hanno offerto il loro sguardo sulla società e sui lenti passi avanti riguardo il rispetto dei diritti umani nel paese

26/11/2019 -  Claudia Bettiol

(Questo articolo è frutto di una collaborazione editoriale tra OBCT e EastJournal )

Fondata da Olena Ševčenko nel 2008, Insight è una delle principali associazioni ucraine che riunisce e rappresenta la comunità lesbica gay, bisessuale, transgender, intersessuale e queer. L’associazione difende e sostiene i diritti, le libertà, l’inclusione e la diversità di tutti questi gruppi sociali, sognando di instaurare una società aperta, democratica e tollerante. La sua sede è a Kiev, ma recentemente sono stati aperti anche alcuni centri regionali.

"Siamo impegnati in attività di vario tipo a livello locale, nazionale e internazionale", racconta Olena Ševčenko durante un recente incontro organizzato dalla rete francese Assemblea europea dei cittadini (AEC). "In primo luogo, forniamo assistenza e supporto alle persone Lgbtqi che vivono in situazioni difficili o che sono oggetto di discriminazioni. Provvediamo un’assistenza legale, medica e psicologica professionale aperta a tutti. E, oltre a preparare e a partecipare a eventi e dimostrazioni, teniamo anche workshop, training e discussioni per un pubblico più ampio".

Una comunità discriminata, dall’Urss a oggi

In epoca sovietica, in Ucraina e nelle altre repubbliche dell’Urss, la comunità Lgbt era costretta alla clandestinità: il codice penale perseguiva e puniva qualsiasi atto di “sodomia”. In seguito alla caduta dell’Unione Sovietica, il 12 dicembre 1991 la Verchovna Rada (il parlamento ucraino) depenalizzò ogni atto omosessuale volontario. Successivamente sono sorte le prime organizzazioni locali Lgbt in Ucraina, alcune operanti ancora oggi, come l’associazione LIGA, fondata nel 1996 a Mykolaiv.

Alla depenalizzazione seguì, nel marzo 1996, un documento del ministero della Salute che andava a regolare (e quindi a legalizzare) il cambio di sesso per la prima volta nella storia dell'Ucraina indipendente (tale documento, è stato poi modificato il 5 ottobre 2016 ). Nel maggio 2012, il primo Pride venne cancellato a causa di alcune minacce da parte di attivisti appartenenti a gruppi radicali di estrema destra. La prima Marcia dell'Uguaglianza si è tenuta nel 2013 e ha riunito circa 50-60 partecipanti. Nel novembre dello stesso anno l’attivista e direttore esecutivo dell’Ong Točka Opory Fulcrum, Bogdan Globa (ora residente americano e fondatore di ProudUkraine), durante le audizioni parlamentari sull'integrazione europea e le normative antidiscriminazione, è stata la prima persona a dichiararsi apertamente gay in Ucraina, di fronte a tutta la Verchovna Rada.

La situazione ha preso una nuova, seppur apparentemente precaria, piega a partire dal 2014, in seguito alle proteste di Maidan: le spinte filo-occidentali hanno gettato nuova luce e attenzione anche sui diritti della comunità Lgbt+. Nel novembre 2015, il presidente Petro Porošenko ha approvato una legge che vieta la discriminazione sul lavoro delle minoranze sessuali, emendando il codice del lavoro per armonizzare la legislazione ucraina alle leggi dell'Unione europea sulla prevenzione e la lotta alla discriminazione.

Secondo Insight, la società ucraina è, però, ancora oggi in gran parte intollerante verso molti gruppi sociali, compresa la comunità Lgbt+. Negli ultimi anni le discriminazioni e gli attacchi contro gli attivisti non sono mancate. Molti membri della comunità Lgbt+ sono perseguitati non solamente nella vita reale, ma anche nei social network. Inoltre, le persone Lgbt+ devono affrontare problemi quotidiani di diversa natura: dall’alloggio al lavoro, fino all’impossibilità di intrattenere una relazione serena e aperta con il proprio partner. In particolare, sono le persone transessuali a incontrare difficoltà maggiori: "Le persone transgender in Ucraina hanno enormi difficoltà con la procedura di transizione di genere, la conversione o il cambio di documenti e, naturalmente, con l’opinione pubblica poiché nella maggior parte dei casi è estremamente complicato trovare un lavoro se sei una persona transgender", spiega Olena Ševčenko.

La transessualità è ancora oggi legalmente classificata come un disturbo psichiatrico, al contrario dell’omosessualità, declassificata nel 1991. La chirurgia di riassegnazione del sesso è, però, legale in Ucraina, ma consentita solo a persone di età superiore ai 25 anni. Il ministero della Sanità ucraino ha preso solo recentemente dei provvedimenti volti a ridurre gli ostacoli che devono affrontare le persone transgender: dalla fine di dicembre 2016 non è più necessario presentare una richiesta a un comitato di professionisti della salute mentale o trascorrere un mese in una struttura psichiatrica.

Ma, mentre l’omosessualità è legale in Ucraina dal 1991, rimane socialmente tabù la questione relativa ad altre preferenze sessuali, diverse dall’eterosessualità. Raggiungere la parità di diritti non è cosa scontata, e ciò va ad intaccare il livello di democrazia del paese. Un livello che ha cominciato a migliorare con la fine dell’epoca sovietica, ma che è lontano dall’essere perfetto. Molti critici affermano che gli atteggiamenti omofobici rimangono diffusi. Secondo il sondaggio di Rainbow Europe , finanziato dall'UE, che fornisce un'indicazione della posizione dei paesi su una scala compresa tra 0% (gravi violazioni dei diritti umani, discriminazione) e 100% (rispetto dei diritti umani, piena uguaglianza), il paese si colloca al 36° posto con un voto del 21,52%, a solamente una posizione di distanza dall’Italia.

Olena Ševčenko ritiene che le cose non siano realmente cambiate dopo gli eventi di Maidan del 2014, né tanto meno con il recente cambio di potere (elezioni presidenziali e parlamentari), anche se ammette che forse è ancora troppo presto per trarne delle conclusioni. Sorridendo ricorda come, durante la conferenza stampa di 14 ore dello scorso 10 ottobre, il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj, pur non sbilanciandosi troppo, abbia in qualche modo espresso un’opinione tollerante nei confronti della comunità Lgbt+: "Per quanto riguarda la questione Lgbt+, non voglio dire nulla di negativo perché viviamo tutti in una società aperta in cui ognuno può scegliere la lingua che vuole parlare, la propria etnia e il proprio orientamento sessuale", ha chiarito Zelenskyj; e rispondendo alla domanda di uno sconosciuto sulla "diffusione dell'omosessualità e la legalizzazione della prostituzione", ha aggiunto: "Lasciate quelle persone in pace, per l'amor di Dio!".

Non è, certamente, una dichiarazione in aperto sostegno alla comunità, ma almeno Insight e i suoi sostenitori possono continuare la loro lotta e attività senza censure governative ufficiali. Pur non avendo partecipato al Kyiv Pride dello scorso 23 giugno, che si è svolto pacificamente e ha riscosso successo, il presidente ha rilasciato una dichiarazione il giorno della Marcia per l'Uguaglianza, chiedendo l'applicazione della legge per garantire la sicurezza di tutti i cittadini durante l'evento. Una promessa mantenuta dalle autorità, e parte del merito va al team di Insight che organizza regolarmente delle formazioni per la sensibilizzazione delle unità speciali della polizia sulla gestione di eventi di questa portata, come la seconda European Lesbian* Conference tenutasi nell’aprile del 2019.

Insight e il progetto “Shelter”

In seguito allo scoppio della guerra nell'Ucraina orientale e all'occupazione della Crimea nel 2014, molte persone di queste regioni si sono rivolte in cerca d’aiuto all'organizzazione Insight, che ha avviato un progetto ad hoc denominato “Shelter” (dall’inglese “riparo”). Vivere, o anche solo sopravvivere, in questi territori è diventato fin da subito un inferno quotidiano per la popolazione locale, soprattutto per le persone colpite da violenze e discriminazioni sulla base di omofobia, bifobia e transfobia. "La nostra missione - spiega la coordinatrice dei progetti Olga Olšanska - è stata quella di fornire un riparo temporaneo e un supporto alle persone Lgbt+ sfollate provenienti dalla zona dove è in corso il conflitto armato nei territori delle repubbliche separatiste di Donec’k e Luhans’k, e dalla penisola di Crimea".

Il progetto, che è stato lanciato a Kiev nel 2014 e si è concluso lo scorso agosto, ha fornito una serie di servizi: alloggio fino a 3 mesi, cibo, trasporto pubblico gratuito, kit di pronto soccorso di base, consulenza psicologica, assistenza legale, ricerca di un impiego e assistenza nell’integrazione sociale. L’appartamento messo a disposizione contava 4 camere, per un totale di 6 posti letto (anche se a volte ci alloggiavano anche 8-9 persone).

"Abbiamo considerato 3 mesi un tempo sufficiente. Ci sono stati casi in cui le persone si sono trasferite dopo solo un mese o due, non è lo stesso per tutti. Nella primavera del 2016 abbiamo preso in considerazione domande di assistenza anche di altre persone Lgbt+ che si sono ritrovate in situazioni di vita difficili, che sono state sfrattate dalla loro casa, licenziate o non ricevevano più il loro stipendio, quindi lasciate senza mezzi di sostentamento - ci racconta Olga Olšanska - la fase più difficile è stata convincere i proprietari degli alloggi ad affittare i loro immobili a persone della comunità Lgbt+ e per di più sfollati provenienti da Crimea o Donbass. Questo processo ha richiesto oltre un mese. Inoltre, pagavamo un affitto pari al doppio del normale". Scontratasi con ostacoli nei finanziamenti al progetto, l’organizzazione è ricorsa anche al crowdfunding per sostenere il progetto “Shelter”. Durante la durata totale del progetto, dal maggio 2014 all'agosto 2019, Insight ha ricevuto oltre 300 domande e l’associazione è stata in grado di ospitare 112 persone, tra cui 35 lesbiche, 36 uomini gay, 8 bisessuali e 33 persone transgender.


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