Con una mossa a sorpresa il premier serbo Aleksandar Vučić ha deciso di rimuovere i vertici della polizia. Perché? Quali i legami della polizia con la criminalità locale? Un approfondimento

30/06/2014 -  Dragan Janjić Belgrado

Sono partiti per un viaggio lungo e pericoloso e non hanno controllato che la macchina fosse a posto. A dirla tutta non sanno nemmeno quanto è lontana la prima pompa di benzina. Si potrebbe descrivere così l’ultima mossa del premier serbo Aleksandar Vučić che la settimana scorsa ha sostituito tutti i generali della polizia serba, eccetto il direttore Milorad Veljović.

E' tutto avvenuto all'improvviso: stando a quanto noto finora, Vučić non ha né preparato in anticipo una soluzione per i posti che restano vuoti, né si è premurato di preparare un piano preciso e chiaro per riformare nel suo complesso la polizia.

Per ora l’unico risultato tangibile di tutta quanta l’operazione è l’uscita di scena dei generali che per anni hanno occupato le funzioni chiave nella polizia. Ciò significa che Vučić ha di fronte a sé uno spazio vuoto che può riempire con persone che ritiene gli possano essere fedeli. Il fatto però che non lo abbia fatto in parallelo con le destituzioni dei generali porta a concludere che ancora non abbia idea di chi mettere in quei posti.

Alla conferenza stampa durante la quale è stata divulgata la notizia delle rimozioni, oltre naturalmente al premier Vučić, erano presenti anche il ministro degli Affari Interni Nebojša Stefanović e il direttore della polizia Veljović. Ma sono rimasti del tutto passivi. Il premier si è così presentato come quel politico che in modo risoluto e consapevole entra in una questione potenzialmente rischiosa, pronto a prendersene tutta la responsabilità.

Il modo di fare di Vučić contrasta però con la prassi usata nelle azioni complicate e potenzialmente rischiose, come può essere la sostituzione dell'intero vertice della polizia. È consuetudine, infatti, preparare in anticipo le sostituzioni dei quadri e, contemporaneamente, pubblicare le nomine dei nuovi capi della polizia. In questo modo si evita quel “vuoto di potere” che potrebbe compromettere il regolare funzionamento della polizia stessa.

Le motivazioni

La domanda chiave che l’opinione pubblica e gli analisti meglio informati si pongono è quali siano i motivi per questa mossa del premier? Nessuno per ora ha fornito una risposta chiara e fondata. In molti però ritengono che sia errato cercare motivi arcani e che si tratti solo di una decisione impulsiva di un uomo politico che ha reagito “di pancia”, ritenendo che fosse arrivato il momento di rimuovere quei generali nominati durante i precedenti governi.

Il premier, comunicando la sua decisione, si è anche immischiato direttamente nel lavoro della polizia. Ha precisato infatti che il principale narcoboss in Serbia sarebbe Dragoslav Kosmajac che “nessuno osa toccare”. Ha indirettamente quindi fatto sapere di essere convinto che i più alti funzionari della polizia tramano con i capi della malavita e li proteggono. L’uscita del premier, come c’era da aspettarsi, ha suscitato anche un effetto collaterale: Kosmajac subito dopo aver capito di essere in pericolo è fuggito dalla Serbia.

Ad innescare la valanga di sostituzioni al vertice della polizia è stata un'affermazione di Darko Šarić, fino a poco tempo fa il principale narcoboss della Serbia e ora sotto processo. Una decina di giorni fa quest'ultimo, durante un interrogatorio, ha affermato che il generale della polizia Rodoljub Milović, a capo dell’Ufficio della Criminalpol serba, protegge i principali criminali serbi.

Capendo in quale situazione si trovava, Milović ha negato l’accusa e ha chiesto subito di essere sottoposto al test della macchina della verità, che ha superato, ma è stato rimosso ugualmente, in compagnia dei capi di tutti gli altri settori della polizia. Vučić non li ha accusati di qualcosa nello specifico, ha solo dichiarato di non essere soddisfatto del lavoro della polizia. Va da sé che il premier ha sfruttato abilmente la testimonianza di uno dei capi della malavita serba per liberarsi dei generali di cui aveva iniziato a perdere fiducia.

Speculazioni

Sui legami fra i criminali e vertici della polizia per ora non vi sono prove concrete. Detto questo resta un’opzione possibile. Kosmajac era già stato descritto una decina di anni fa dalla polizia come uno dei più potenti capi della malavita serba. Da anni però nessuno ne parla più, anche si sa che non ha dismesso i suoi affari. 

Per quanto riguarda i legami polizia-criminalità non si può non nominare il cosiddetto Clan di Zemun, coinvolto nel 2003 nell'attentato al premier Zoran Đinđić. Il principale testimone al processo sull'omicidio dell'ex premier è stato proprio il capo di questo clan, Ljubiša Buha Čume. Quest'ultimo ha ricevuto lo status di testimone protetto ma fonti ben informate affermano che continua a svolgere affari illegali in modo indisturbato. La cosa non sarebbe possibile senza un sostegno, quantomeno indiretto, dei vertici della polizia.

È possibile che alcuni capi della malavita abbiano voluto far fuori Buha e che per farlo abbiano iniziato a lanciare accuse contro i generali della polizia, e in particolare contro Milović. È anche possibile che Šarić, sostenendo la tesi di Milović come principale informatore della malavita, volesse creare le condizioni per l’arrivo di altre persone ai vertici della polizia, a lui forse più favorevoli.

Vučić, per come stanno le cose, non ha ben capito cosa stava accadendo ed ha iniziato la caccia a Kosmajac, che i media e alcune fonti ben informate definiscono come il capo di Šarić. Così facendo Vučić ha voluto dimostrare di voler affrontare tutti i principali capi della malavita. Solo quando avrà nominato i nuovi generali della polizia, sarà chiaro se sarà però davvero in grado di farlo.

Se riuscirà a trovare persone capaci e oneste, avrà la possibilità di riuscirci. In caso contrario, tutto si concluderà come in Serbia accade ormai da anni in merito ai cosiddetti passi importanti nelle riforme degli organi statali e dell’economia: grandi proclami sui media e poi più nulla.


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