Tra otto mesi la Slovenia presiederà la Ue. Il premier Janez Jansa chiama i partiti dell'arco parlamentare all'unità in vista dell'importante impegno. Tre le questioni chiave su cui si dibatte: i rapporti con la Croazia, la regionalizzazione e la questione ancora aperta dei cancellati

11/04/2007 -  Franco Juri

A otto mesi dall' inizio della presidenza slovena dell'Unione europea il premier Janez Janša propone e ottiene una tregua interpartitica che dovrebbe consentire al governo di portare a termine l'importante impegno senza gli scossoni tipici della vigilia preelettorale.

L'opposizione risponde favorevolmente ma avverte: il governo stia attento e non faccia mosse infelici che la costringerebbero a reagire. La riunione tra tutti i partiti dell'arco parlamentare tenutasi il 6 aprile ha fermato le lancette su tre questioni chiave; i rapporti con la Croazia, la regionalizzazione e la questione ancora aperta dei cancellati.

Sul difficile contenzioso di confine con Zagabria Janša ha fatto un passo indietro sbattendo la porta in faccia all'alleato Partito popolare di Janez Podobnik che ha già bella e pronta una nuova dichiarazione da avallare in parlamento e che massimalizza ulteriormente, dopo aver rifiutato le proposte di un arbitrato internazionale, le posizioni negoziali slovene.

Secondo il premier e quasi tutti i partiti, con l'eccezione dei popolari e del Partito nazionale sloveno di Zmago Jelinčič, non è proprio il caso di gettare olio sul fuoco producendo nuove e rigide dichiarazioni. Un paese membro dell' UE che presiede la stessa non puo' permettersi un ulteriore inasprimento dei rapporti con un paese candidato.

E così il premier ha sconfessato lo stesso ministro degli Esteri Dimitrij Rupel che solo due giorni prima della riunione tra i partiti aveva convocato il suo particolare "consiglio strategico" composto da »esperti« tra cui lo stesso ultranazionalista Jelinčič , per annunciare una dichiarazione preparata dal suo ministero da votare quale alternativa ai documenti proposti dai due partiti nazionalisti.

Oltre a quella del Partito popolare che dichiara innegoziabli, perché "sloveni" tutto il golfo di Pirano e tre villaggi a sud del fiume Dragogna (sotto giurisdizione croata) e rispolvera il confine meridionale del Territorio libero di Trieste sul fiume Quieto, al parlamento arriverà pure la dichiarazione del Partino nazionale sloveno che dichiara "slovena" tutta la penisola istriana nonché la costa quarnerina fino a Fiume.

Documenti assurdi su cui nessuno in verità ha avuto da ridire ma che Janša - conscio delle deleterie conseguenze di tali forzature in periodo di presidenza UE - ha preferito far slittare con un accordo di maggioranza bipartisan che eviti il dibattito sui rapporti con la Croazia.

Sulla testa di tutti però incombe la minaccia di un referendum contro l'ingresso della Croazia nell' UE annunciato da Marjan Podobnik, fratello del ministro dell'Ambiente nonché presidente del Partito popolare, già vicepremier ai tempi della coalizione con Drnovšek e oggi uomo d'affari con lauti guadagni nel settore delle speculazioni immobiliari a Belgrado. Podobnik è a capo di un movimento nazional-populista che opera in seno al Partito popolare e annuncia la raccolta delle firme necessarie per indirre un referendum contro la Croazia »rea« di occupare - secondo lui - "mare e territorio dell' Unione Europea" ossia della Slovenia.

L'altro nodo da sciogliere insieme ai partiti dell'arco parlamentare è quello della regionalizzazione del paese; un progetto per anni osteggiato da gran parte delle forze politiche slovene e i cui ritardi sono costati la perdita di non trascurabili fondi strutturali europei.

Stando all'accordo di massima saranno non meno di 14 le ragioni o province in cui la Slovenia sarà divisa amministrativamente, seguendo un principio di sussidiarietà. Attualmente la situazione vede da un lato una forte centralizzazione e dall'altro una frammentazione del paese in oltre duecento comuni. Una situazione insostenibile e per molti versi unica nel contesto europeo.

Ma lo scoglio più duro da superare è quello dei cancellati. Il governo Janša ha fatto di tutto per bloccare una soluzione che rispettasse le due delibere della Corte costituzionale a favore dei diritti dei »cancellati« (persone ex jugoslave residenti in Slovenia che furono cancellate dai registri di residenza ) violati dal governo illegalmente nel 1992 e nell'attualità. Ora il governo di centrodestra auspica una legge costituzionale e cerca di coinvolgere in questo progetto pure l' opposizione che si mostra disponibile a soluzioni di compromesso. Il leader del partito socialdemocratico Borut Pahor non esclude infatti un suo appoggio alla legge costituzionale voluta da Janša - ma precisa: "Sempre che faccia proprie le due delibere dei giudici costituzionali".

Janez Janša è preoccupato anche per la perdita di consensi del suo Partito democratico sloveno (SDS) che di recente nei sondaggi è stato sorpassato per quasi dieci punti dai socialdemocratici di Pahor, astro in ascesa, indeciso se candidare per la carica di presidente della Repubblica o condurre il partito alle elezioni con una prospettiva di vittoria che sembra a portata di mano.

Il partito liberaldemocratico (LDS) è ormai letteralmente sgretolato e a stento conquisterà 4 seggi nel prossimo parlamento. Dalle sue ceneri sta nascendo una nuova compagine liberale (per ora solo un' associazione che si è data il nome di Zares - davvero) che nelle attuali intenzioni di voto potrebbe superare il 10 per cento. Altri nomi storici dell' LDS sono invece confluiti nella socialdemocrazia.

Ma sulla pace che governo e opposizione negoziano in vista della presidenza EU incombe la scandalo della SOVA, i servizi segreti sloveni che - come rivelato dal quotidiano Dnevnik e poi confermato da alcune confessioni eccellenti - sono direttamente controllati dai leader politici di governo, cominciando dal direttore dell'intelligence Matjaž Šinkovec un fedelissimo di Janša con in tasca la tessera del SDS.

Alcuni ministri, tra cui quello della giustizia Lovro Šturm, affiliato all'Ordine dei Cavalieri di Malta, Janez Podobnik e alcuni stretti collaboratori del premier, hanno avuto accesso agli archivi più riservati della SOVA. Ora c'è chi teme un uso preelettorale di dati riservati che riguardano anche la vita personale di alcuni leader politici dell'opposizione.

A denunciare a voce alta e con insoliti toni politicamente poco corretti questi presunti abusi è lo stesso presidente Janez Drnovšek, prima vittima eccellente delle soffiate compromettenti firmate SOVA. Già circolerebbero infatti voci che la SOVA finanziò in passato alcune terapie legate alla grave malattia che incomberebbe come una spada di Damocle sulla vita del presidente.


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