Belgrado, Serbia 13 aprile 2025 (foto M. Moratti)

Lo scorso weekend a Belgrado si sono radunati i sostenitori del presidente Vučić e del suo SNS. Trasporti e cibo pagati dal partito, poco entusiasmo, poca creatività e molta retorica. Intanto a Novi Pazar gli studenti in protesta hanno mostrato di saper abbattere divisioni e pregiudizi

14/04/2025 -  Danijela Nenadić Belgrado

Dall’11 al 13 aprile a Belgrado si è tenuta una manifestazione organizzata dal Partito progressista serbo (SNS) e dal presidente Aleksandar Vučić con lo slogan “Giù le mani dalla Serbia”.

L’evento centrale si è svolto sabato 12 aprile: a dominare la scena è stato lo stesso Vučić che, durante il suo discorso, ha presentato cinque richieste alle istituzioni competenti, comprese quelle rivolte a lui stesso come presidente della Repubblica.

L’obiettivo ufficiale del “più grande raduno della storia della Serbia” - come lo hanno definito gli esponenti della leadership al potere, da tempo annunciato - era quello di promuovere il nuovo "Movimento per il popolo e lo stato" e riunire i sostenitori di Vučić che, secondo i media allineati, “da mesi sono sottoposti a torture da parte di una minoranza che impedisce loro di esprimere sostegno al presidente e alle sue politiche”.

In uno degli spot pubblicitari realizzati per invitare i cittadini a partecipare alla manifestazione, Vučić ha affermato che “la nostra Serbia ha bisogno di aiuto” e che “la Serbia vincerà”.

Pochi giorni prima dell’incontro, Vučić aveva annunciato che durante l’evento avrebbe presentato alcune richieste. Ancora però non è chiaro in nome di chi le abbia avanzate (a nome dell’SNS o del nuovo movimento), chi e quando le abbia adottate e a chi siano rivolte.

La manifestazione dei sostenitori di Vučić, protrattasi per tre giorni, si è conclusa in modo tutt’altro che glorioso. Il primo giorno, migliaia di persone, senza un’idea chiara, hanno attraversato il centro di Belgrado portando quella che era stata annunciata come la bandiera nazionale più lunga mai vista in Serbia, informazione poi smentita.

Belgrado, Serbia. (foto M. Moratti)

Belgrado, Serbia. (foto M. Moratti)

Ad un certo punto al corteo si è unito anche Vučić, sfilando sotto la bandiera insieme ai serbi del Kosovo e altri sostenitori.

Davanti al palazzo del parlamento e lungo il viale centrale della capitale sono stati allestiti stand e bancarelle, simili a quelli dei mercatini di Capodanno, dove sono stati presentati prodotti locali, offerte turistiche, etc. C’erano anche alcuni gazebo per giocare ai videogiochi e stand con alimenti e bevande.

Belgrado, Serbia. (foto M. Moratti)

Belgrado, Serbia. (foto M. Moratti)

Nelle tende più grandi, i presenti potevano firmare il modulo di adesione al nuovo movimento lanciato da Vučić e lasciare una lettera al presidente. Sono apparsi nuovamente anche i trattori, posizionati davanti al parlamento, pur non essendo chiaro quale fosse il loro scopo.

Nonostante gli annunci, nel Pionirsi park (ormai noto come Ćacilend), di fronte alla sede del parlamento, si sono riuniti pochi giovani che vogliono studiare, come vengono definiti gli studenti sostenitori del governo.

Sabato, poco dopo le 15.00, sono giunti a Belgrado i primi autobus provenienti da tutta la Serbia. Come ormai consueto, l’SNS per settimane ha organizzato gli arrivi.

Un copione già visto: quote di partecipanti stabilite in ogni città e comune, autobus a noleggio, paghe giornaliere, panini, ricatti, gruppi sociali vulnerabili costretti a venire senza alcuna spiegazione, sapendo solo di “amare il ​​presidente” e di non voler lasciare la Serbia ai “ladri Đilas e Šolak”.

Molti abitanti di Belgrado si sono radunati spontaneamente nei quartieri dove erano parcheggiati gli autobus e, al suono di fischietti e vuvuzela, hanno dimostrato cosa pensavano del loro arrivo.

Vučić si è rivolto alla folla sabato 12 aprile poco dopo le 19.00. Nel suo lungo discorso ha affermato ancora una volta che in Serbia si assiste al tentativo di “una rivoluzione colorata”, tentativo che, secondo il presidente, fallirà. Vučić ha sottolineato che i sostenitori del partito al governo rappresentano “una Serbia onesta”, ripetendo le solite affermazioni che ascoltiamo ormai da mesi.

Al termine del discorso, estenuante sia per il presidente che per il pubblico, Vučić ha precisato le richieste. In primo luogo, ha invitato le istituzioni e le autorità competenti, in primis la procura, ad avviate le procedure necessarie per ripristinare l’ordine e la pace nel paese, in particolare il pieno rispetto della Costituzione e delle legge.

Ha chiesto poi l’accertamento della responsabilità di chi ha partecipato agli “attacchi vandalici” contro i cittadini durante le manifestazioni pacifiche, soprattutto per quanto riguarda “le aggressioni violente del 21 marzo a Niš” (quando i cittadini hanno lanciato uova contro i funzionari dell’SNS, impedendo una riunione del partito).

La terza richiesta è quella di garantire un’istruzione adeguata a tutti gli alunni e studenti che vogliono tornare in classe. Con la sua quarta richiesta Vučić ha esortato a individuare gli istigatori, gli autori e i complici degli attacchi contro le istituzioni e le strutture statali vitali, nonché a impedire futuri attacchi di questo tipo.

La quinta e ultima richiesta è quella di impedire “qualsiasi attività che, arbitrariamente e illegittimamente, possa paralizzare le attività economiche e impedire ai cittadini di svolgere le loro attività vitali in modo normale e nel rispetto dell’ordine pubblico, dove tutti possono contare sul fatto che in una società democratica lo stato proteggerà gli interessi esistenziali vitali”.

Forse per la stanchezza, forse per la lunga attesa del discorso di Vučić o per qualche altro motivo, i presenti hanno cominciato a disperdersi prima ancora che il discorso iniziasse. Sui social circolano alcuni video che mostrano gli addetti alla sicurezza che cercano di impedire ai cittadini di andarsene.

Belgrado, Serbia. (foto D. Nenadić)

Belgrado, Serbia. (foto D. Nenadić)

Stando alle stime dell’Archivio delle manifestazioni pubbliche, al culmine dell’evento di fronte al palazzo del parlamento c’erano cinquantacinquemila persone, mentre i media allineati parlano di 145 mila.

Indipendentemente dal numero dei presenti, l’impressione è che la manifestazione si sia svolta senza energia, idee e visione e che le persone siano venute solo perché sono state costrette oppure spinte da un autentico affetto verso il presidente, un sentimento che porta alcuni ad andare ovunque il regime lo richieda, a prescindere dal “tema” dell’incontro.

Il discorso di Vučić non è stato accompagnato da ovazioni, a parte qualche grido “Aco, serbo” dalle prime file. La manifestazione di sabato, per molti versi, è stata pensata per rispecchiare le proteste studentesche, però non ci è riuscita.

Anche il tentativo di “imitare” le marce studentesche non ha avuto gli stessi effetti delle camminate e dei viaggi in bicicletta degli studenti. I serbi del Kosovo, che – come sostengono loro stessi – hanno camminato fino ​​a Belgrado, hanno ricevuto un’accoglienza tiepida nella capitale, come anche in altre città attraversate.

La manifestazione si è svolta in modo tutto sommato pacifico. Sono stati però registrati alcuni attacchi verbali e fisici contro i giornalisti, gli attivisti e gli esponenti dell’opposizione.

L’impressione generale è che il pubblico sia subito “scappato via” al temine della manifestazione. Anche il concerto del cantante folk nazionalista Baja Mali Knindža si è concluso in fretta. I partecipanti al raduno hanno portato via tutto quello che potevano portare: bevande, cibo, persino le sedie posizionate in diversi punti in centro città.

I manifestanti hanno lasciato dietro di sé una montagna di rifiuti, che poi i servizi comunali hanno rimosso nel corso della notte.

La manifestazione di Novi pazar

Lo stesso giorno, sabato 12 aprile, nella città di Novi Pazar, abitata principalmente da bosgnacchi, si è tenuta una grande manifestazione promossa dagli studenti. Molti liceali, studenti universitari e semplici cittadini hanno raggiunto la città a piedi, in bicicletta, in moto o in auto.

Novi Pazar non ricorda una manifestazione così massiccia, così come la Serbia non ricorda un’espressione così intensa di affetto, rispetto e gioia tra i cittadini che, fino a pochi mesi prima, si guardavano con diffidenza e paura.

L’immagine delle studentesse bosgnacche che sventolano la bandiera della Serbia illustra al meglio l’importanza dell’incontro a Novi Pazar, dove si sono potute vedere anche alcune bandiere bosgnacche, la cui presenza però non ha infastidito nessuno.

A differenza del comizio organizzato a Belgrado, la manifestazione di Novi Pazar, durata dodici ore, è stata caratterizzata da un clima di creatività e gioia. Gli abitanti di questa città non solo hanno ricambiato l’ospitalità ricevuta durante le proteste in altre città della Serbia, ma si sono dimostrati capaci di organizzare un’ottima accoglienza.

Per la maggior parte delle persone provenienti da Belgrado, Novi Sad, Niš e altre città, quella di sabato scorso è stata la prima visita a Novi Pazar dove, grazie agli studenti, sono stati abbattuti molti pregiudizi.


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