Meto Jovanovski durante una scena del film Tetoviranje 1991

Meto Jovanovski durante una scena del film Tetoviranje 1991

Si è spento lo scorso 16 novembre a Skopje l’attore Metodi "Meto" Jovanovski. Un ritratto di un grande maestro tra cinema e teatro macedone e jugoslavo

01/12/2023 -  Božidar Stanišić

Ora che non posso che parlare al passato, forse dovrei limitarmi ad affermare che Meto Jovanovski era un attore nato, uno di quegli attori della vecchia guardia che mettevano al primo posto la spontaneità della costruzione del personaggio. Potrei anche aggiungere, ovviamente senza voler offendere in alcun modo i suoi colleghi più giovani, che oggi gli attori come Jovanovski sono sempre meno. Quindi, quegli attori che anche quando non sospirano, non ridono e non piangono riescono a comunicare sentimenti ed emozioni con un’espressione del volto, inteso come specchio dell’anima e dello spirito di ogni personaggio cinematografico e teatrale.

Jovanovski è stato il protagonista di talmente tanti film e spettacoli teatrali che anche un semplice elenco dei titoli delle sue opere, per non parlare dei premi ricevuti, occuperebbe l’intero spazio riservato a questo articolo commemorativo. Pertanto, chi vuole saperne di più, può cercare in rete informazioni su decine di opere cinematografiche e teatrali in cui Jovanovski ha recitato, sempre a modo suo.

Meto Jovanovski nacque il 17 gennaio del 1946 a Pančarevo (all’epoca frazione del comune di Berovo), nella Macedonia orientale. Frequentò la scuola a Delčevo. Sin dalla tenera età dimostrò talento per la recitazione. Ogni volta che parlava della sua carriera da attore, menzionava il suo primo ruolo in una commedia di Jovan Sterija Popović intitolata Zla žena [La donna malvagia]. Conclusi gli studi liceali, per un certo periodo lavorò al Teatro nazionale di Štip. Ora un dettaglio curioso: si rivolse per ben due volte all’Accademia d’arte drammatica di Belgrado, chiedendo di poter partecipare alla prova di ammissione. Nessuna risposta. E Meto? Fece le valigie – direzione Sofia, anno 1966.

Quattro anni dopo si diplomò presso l’Accademia di Sofia, come uno degli studenti dell’ultima generazione del professor Bojan Danovski, a tutt’oggi considerato un’icona del teatro bulgaro. Tornato in Macedonia, Jovanovski venne assunto dal Teatro drammatico di Skopje, dove rimase per quarant’anni. Vale la pena ricordare che in questo teatro lavorarono molti registi che lasciarono un’impronta indelebile nella storia dell’arte drammatica jugoslava: Ljubiša Georgievski, Slobodan Unkovski, Vladimir Milčni, ma anche alcuni registi belgradesi. Nel corso della sua carriera, Jovanovski fu ospite d’eccezione dei teatri di tutta la Jugoslavia da Veles a Podgorica, passando per Strumica, Kumanovo, Sarajevo, Spalato, Belgrado. Era dedito anche alla regia teatrale e all’insegnamento della recitazione.

Esordì nel cinema con un ruolo nel film Makedonski dio pakla [La parte macedone dell’inferno, 1971], ispirato alla lotta partigiana contro le forze di occupazione (tema diventato assai caro ai fautori del revisionismo storico dopo la dissoluzione della Jugoslavia.) Parlando della filmografia di Meto Jovanovski, diverse fonti tendono a porre l’enfasi sui suoi ruoli nei film Tetoviranje [Tatuaggio, 1991] di Stole Popov, Pred doždot [Prima della pioggia, 1994] di Milčo Mančevski e Kad svane dan [Quando si farà giorno, 2012] di Goran Paskaljević, nonché sul ruolo di Dimče in una serie televisiva molto popolare intitolata Selo gori a baba se češlja [Il villaggio brucia, la nonna si pettina, 2007-2017] del regista Radoš Bajić.

Da semplice spettatore, non me la sento di giudicare i ruoli di Jovanovski di cui sopra. Mi torna però in mente un’osservazione espressa da Meša Selimović parlando di quei critici che mettevano a confronto le sue opere. Secondo Meša, paragonando diverse opere di uno stesso autore, inevitabilmente si finisce per screditare quell’autore, seppur forse inconsapevolmente. Ad ogni modo, è un metodo molto diffuso e consolidato.

Non è però il momento di criticare certi metodi, ormai consueti. Mi limiterò ad elencare alcuni ruoli di Meto Jovanovski a mio avviso indimenticabili. Ne citerò solo alcuni, data la ristrettezza dello spazio a disposizione: Vani Urmov nel film Crveni konj [Il cavallo rosso, 1981] e Dragoslav nel film Srećna nova ’49 [Buon anno ’49, 1986], entrambi diretti da Stole Popov; Dimitrije nel film Dorotej (1986) di Zdravko Velimirović, rabbino nel film Treće poluvreme [Il terzo tempo, 2012] di Darko Mitrevski…

Parallelamente al cinema, Jovanovski ha portato avanti anche la sua attività teatrale (molto tempo addietro, quando ero ancora giovane, un vecchio attore del Teatro nazionale di Zenica mi disse che l’anima di un attore si riflette con maggiore chiarezza nei ruoli teatrali.) Jovanovski ha interpretato numerosi ruoli nei drammi degli autori jugoslavi e stranieri sui palcoscenici teatrali di tutta la ex Jugoslavia. Uno degli ultimi spettacoli che lo hanno visto protagonista è Urnebesna tragedija [Una tragedia esilarante]di Dušan Kovačević, per la regia di Velimir Mićunović, messo in scena al Teatro nazionale del Montenegro nel 2014. Per Kovačević, è stata una delle migliori messe in scena di quest’opera.

Da anni ormai mi addentro con piacere nella lettura di interviste con artisti e scienziati. Conservo una sorta di catalogo che potrei intitolare Parole delle persone buone, talentuose e intelligenti. È chiaro l’ordine degli aggettivi? Se non lo è, cambia poco. O meglio, non importa. Meto Jovanovski era una di quelle persone: buone, talentuose, intelligenti. Credo che nel profondo del suo animo Jovanovski abbia sofferto per la tragedia della dissoluzione dell’ex paese comune, ma non era uno di quegli jugonostalgici che ricordavano solo i lati positivi del passato. Son convinto che anche nel sonno fosse in grado di attraversare quel complesso mondo jugoslavo a occhi ben aperti. Nel suo cammino ha sempre incontrato persone vere e umanità, senza mai voltare lo sguardo altrove di fronte ai fenomeni sociali e (sotto)culturali negativi.

Altrimenti, non ci avrebbe lasciato le sue osservazioni critiche spingendoci a riflettere (una riflessione, utile o meno, è pur sempre migliore dell’indifferenza ottusa).

Ecco alcune osservazioni di Jovanovski.

“Viviamo in un’epoca di grandi cambiamenti, di fenomeni devianti e retrivi e di molteplici contrapposizioni. Da artista, non posso affermare di essere felice e libero in tale ambiente. Si ricorre spesso al termine ‘democrazia’, ma la democrazia non è anarchia”.

Dell’opera Urnebesna tragedija di Kovačević parlava con schiettezza, paragonandola ad un vero manicomio in cui i giovani pagano le conseguenze dei peccati e degli errori degli adulti. “Purtroppo, è un tema tuttora attuale. I fenomeni devianti, la miseria spirituale e le conseguenze che non possiamo dimenticare facilmente”. Nella cosiddetta “mentalità balcanica” affrontata in quell’opera ha intravisto alcuni rigidi schemi sociali che “ci frenano e ci riportano indietro nel tempo in un’altra epoca”.

Detestava il nazionalismo.

“Il nazionalismo non ha mai portato nulla di buono. Alcuni ne hanno tratto profitto, facendo del male agli altri, ma alla fine anche loro hanno dovuto pagarne il prezzo. Tutto torna prima o poi. Tutto ha un prezzo, l’unica questione è se lo paghiamo in denaro o con il nostro cuore e l’anima”.

Per Jovanovski, siamo i cattivi allievi della storia perché “siamo diventati voraci, insolenti, senza scrupoli, infidi, inumani gli uni verso gli altri. Perché abbiamo dimenticato i veri e autentici valori tradizionali, o meglio quei valori biblici e universali della nostra civiltà. Perché abbiamo dimenticato il volto di Dio, l’icona di Dio che è un segnavia e l’unico vero punto di riferimento per ogni essere umano. Perché siamo diventati quello che con maggiore tenacia dobbiamo evitare di essere, cuori ciechi, abbiamo permesso che ‘il signor dollaro’ diventasse un dio, e noi i suoi ‘bambini’ fedeli e obbedienti”.

Interpretando Amleto nell’omonima opera messa in scena da Slobodan Unkovski, pensava che per ogni attore quel ruolo fosse una scalata dell’Everest. E un’occasione irripetibile per la creatività e per “l’immersione in un mondo ignoto”. Meto Jovanovski - e su questo punto non vi è alcun dubbio – non ha mai dimenticato il grande e complesso palcoscenico della Storia in Movimento dove ognuno di noi recita il proprio piccolo ruolo, ma non dobbiamo mai smettere di chiederci come e con chi lo recitiamo. Mi sembra un interrogativo che non ha bisogno di spiegazioni.


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