(jtyerse/Flickr)

Secondo numerose statistiche, la Georgia sarebbe tra i primi Paesi al mondo per libertà economica e semplicità di fare business. Ma la disoccupazione è al 15% e lo stipendio medio è di 250$

28/01/2010 -  Tengiz Ablotia Tbilisi

Quando si nomina la Georgia lo si fa quasi sempre per parlare di guerre, elezioni, controversie politiche, lotte tra governo e opposizione, di Putin, della NATO, ecc.

Tuttavia, come dimostrato dalla quasi totalità dei sondaggi, tra i temi che maggiormente preoccupano i cittadini georgiani ci sono l'economia, la disoccupazione, i problemi sociali, il basso livello degli stipendi (in media circa 250 dollari al mese) e delle pensioni (circa 50 dollari al mese).

Come sempre accade quando si discutono temi così complessi, è rarissimo sentire opinioni moderate e imparziali: l'opposizione si dice certa che l'economia stia crollando, che il mondo degli affari stia soccombendo alle pressioni esercitate dalle autorità governative, che i posti di lavoro andranno sempre più riducendosi, e non solo a causa della crisi finanziaria mondiale.

Il governo invece dipinge uno scenario completamente diverso: la Georgia sta scalando a tempo di record le classifiche internazionali di rating, l'imprenditoria prospera liberamente come non mai, e le difficoltà di tipo economico sono da imputarsi principalmente alla crisi finanziaria mondiale.

Capire dove finisce la propaganda e dove comincia la verità spesso non è affatto semplice.

Cifre e dati statistici

Come dimostrano i dati a disposizione, rispetto alla prima metà del decennio appena conclusosi l'economia georgiana ha registrato una serie di importanti progressi.

Basti pensare che nel 2003 le casse dello stato disponevano di circa 300 milioni di dollari, una cifra irrisoria per un paese di 4, 5 milioni di abitanti. Oggi la cifra a disposizione ammonta a circa 3 miliardi di dollari, escludendo dal conteggio gli aiuti ricevuti dall'estero. Ciò costituisce un chiaro segnale del fatto che lo stato ora funziona in modo decisamente più efficiente: l'erario raccoglie i proventi della tassazione, le frontiere sono meglio sorvegliate e gli stipendi degli impiegati statali vengono regolarmente versati.

Prendiamo ad esempio il segmento più redditizio del mercato: l'importazione della benzina. Durante l'epoca di Shevardnadze, quasi l'80% del carburante veniva fatto entrare nel paese senza pagare i regolari dazi imposti sulle importazioni. Questo fenomeno poteva sembrare a prima vista un semplice problema di contrabbando; tuttavia, si trattava della quasi totalità della benzina e del carburante diesel importati, e ha quindi più senso affermare che esisteva una vera e propria economia sommersa.

Anche gli indicatori relativi all'importazione di altri prodotti, dalla farina di frumento alle sigarette, hanno registrato un'analoga tendenza positiva.

Oggi il problema dell'economia sommersa è stato in gran parte risolto: gli imprenditori, come d'abitudine, escogitano sempre nuove strategie per evadere le tasse, ma oggi questo fenomeno non si presenta più su scala tale da mettere a repentaglio la sicurezza nazionale.

Tuttavia, le cifre sembrano delineare anche un altro scenario: vi è, infatti, un pericoloso squilibrio tra i volumi di merci esportate (per un ammontare di 1,028 miliardi di dollari) e importate (3,918 miliardi). La differenza tra i due indici è notevole, e costituisce un chiaro segnale della sostanziale debolezza che affligge le strutture produttive georgiane.

Sono, infatti, pochissime le merci prodotte direttamente all'interno del paese. La Georgia produce principalmente prodotti alimentari, materiali edilizi allo stato grezzo (mattoni, cemento, calcestruzzo, ecc.), mobili, prodotti in plastica e metallo, tubi in metallo, prodotti metallurgici in lega, concentrato di rame. Al contrario di quanto si crede comunemente i prodotti agricoli sono tra le merci meno esportate. I prodotti metallurgici sono invece saldamente in cima alla classifica delle esportazioni già da molti anni: nel solo 2009 sono stati esportati prodotti metallurgici per un ammontare pari a circa 80 milioni di dollari, vale a dire, l'11,9% del volume totale delle esportazioni.

In Georgia non vengono praticamente prodotti articoli high-tech; l'unica eccezione è costituita dall'industria aeronautica, un retaggio dell'epoca sovietica. Tuttavia, anche questo settore ha bisogno di essere svecchiato: l'aeronautica georgiana continua, infatti, a produrre obsoleti aerei militari SU-25, praticamente impossibili da piazzare sul mercato. La "Tbilisi Aeronautica" è ad oggi nota in Georgia per le sue caldaie a gas, particolarmente robuste e a buon prezzo.

All'interno dell'assetto generale attuale dell'economia globale, la Georgia riveste il ruolo di area strategica per il transito delle merci. Questo settore è l'unico ambito dell'economia in continua espansione: i trasporti via camion, i porti, i terminal di movimentazione del petrolio, oleodotti e gasdotti, costituiscono il maggior potenziale economico della Georgia, la vera carta vincente su cui puntare per garantire al paese una posizione di rilievo nell'economia mondiale. La maggioranza degli esperti di economia si farà probabilmente grandi risate pensando all'ipotesi che la Georgia si metta a produrre prodotti high-tech considerando il livello di concorrenza del vasto Sud-Est asiatico.

Il principale problema che affligge il paese resta il debito estero, che continua, lentamente ma inesorabilmente, a lievitare: in un contesto di crisi globale, in cui si registra un brusco calo sia del consumo esterno che delle esportazioni, le casse dello stato sono a rischio di tracollo. Per questo motivo il governo è costretto a richiedere continuamente prestiti agli istituti finanziari internazionali. Al fatto che, prima o poi, sarà necessario restituire questi soldi, per ora non pensa nessuno. Al momento, occorre infatti, semplicemente, pensare a sopravvivere.

Al 30 novembre 2009 il debito estero della Georgia ammontava a quasi 3,4 miliardi di dollari, con un PIL pari a 11,5 miliardi di dollari (circa 2.500 dollari di reddito pro-capite).

Rating

A giudicare da quanto riportato dalla maggioranza dei rating internazionali, l'economia georgiana ha fatto passi da gigante. Contrariamente a quanto affermato dall'opposizione, la maggior parte di questi rating è discretamente neutrale dal punto di vista politico. Gli esperti di rating individuano sempre in maniera piuttosto precisa i punti deboli di un paese: ad esempio, tutti gli specialisti di rating, senza nessuna eccezione, ritengono che il tallone d'Achille della Georgia risieda nel suo sistema giudiziario, ritenuto troppo debole e dipendente dalle autorità governative.

La Georgia occupa la sessantasettesima posizione nella classifica degli stati più corrotti stilata dall'organizzazione Transparency International. Solo nel 2005, il paese si attestava al 130° posto. All'interno della stessa classifica, l'Armenia e la Moldavia occupano il 109° posto, l'Ucraina il 134°, il Kazakistan il 145°, la Russia il 147°, la Bielorussia il 151° e l'Azerbaijan il 158° .

Nella classifica dei paesi più liberi dal punto di vista economico, stilata dal Wall Street Journal e dalla Heritage Foundation, la Georgia occupa il 32° posto, l'Estonia il 16°, il Kazakistan l'82°, l'Azerbaijan il 96°, l'Ucraina il 162° e la Russia il 143° posto.

Nella classifica della Banca Mondiale sulla semplicità di fare affari la Georgia è addirittura all'11° posto su 183 Paesi.

Tali risultati sono stati raggiunti grazie alle riforme effettuate per iniziativa dell'esperto di economia più radicale del paese, l'ex imprenditore russo Kakha Bendukidze, noto per le sue vedute molto liberiste. Di conseguenza, la presenza dello stato nel mondo dell'imprenditoria è stata ridotta al minimo, e la drastica semplificazione del sistema di regolamentazione dell'economia ha fatto sì che a livello basso e medio il fenomeno della corruzione sia praticamente scomparso.

Vita reale

Come sempre, la realtà risulta sempre un po' più complessa di quanto indicato nelle classifiche redatte da organizzazioni internazionali. Oggi si può dire che l'economia georgiana è tutto sommato libera: infatti, non esistono monopoli (ad eccezione di accordi di cartello tra i principali attori economici in alcuni ambiti imprenditoriali) e la criminalità organizzata sembra aver allentato la sua morsa sugli imprenditori.

Tuttavia, gli imprenditori non possono ancora dirsi totalmente liberi e al sicuro, poiché la loro sfera d'azione è fortemente controllata dai politici al potere. Per fare affari in santa pace, occorre infatti rispettare alcune regole del gioco: rubare sì, ma non in maniera eccessiva e non troppo platealmente, destinare qualche risorsa a iniziative intraprese dal governo (sotto forma di beneficenza, concerti, ecc.) e non finanziare troppo i gruppi d'opposizione radicale al governo. Violare queste regole può portare a conseguenze davvero spiacevoli: alla fin fine, in qualsiasi impresa possono essere rilevate irregolarità.

Il fisco e gli imprenditori sono spesso in conflitto: il fisco pretende sempre versamenti che l'imprenditore, naturalmente, è riluttante ad accettare. Ciascuna delle due parti in gioco pretende di avere ragione: l'agenzia delle entrate sostiene infatti di raccogliere fondi da destinare alle casse dello stato, mentre gli imprenditori accusano lo stato di derubarli.

In queste situazioni è molto difficile capire chi ha ragione e chi ha torto, soprattutto quando entrambe le cose sembrano essere almeno in parte vere.

In conclusione quindi, sembra che nonostante la crisi e un tasso di disoccupazione al 15%, l'economia georgiana si stia mantenendo in qualche modo a galla.

Crisi a parte, tra i diversi problemi che affliggono la Georgia vi sono inoltre i rischi di natura bellica e politica generati dal rapporto conflittuale tra Tbilisi e Mosca, la scarsa disponibilità di prodotti high-tech e la presenza di una classe di manager di impresa ancora in fase embrionale che solo ora inizia a poter essere paragonata a quella occidentale.

E poi, naturalmente, la Georgia deve fare i conti con il grande assente di sempre: un sistema giudiziario indipendente, in grado di garantire agli imprenditori di operare in tutta tranquillità e allo stato di non venire accusato di rapina ai danni degli imprenditori.


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