Kutaisi, Georgia (Lukasz Machowczyk/Shutterstock)

È crisi in Georgia, dal giugno scorso le proteste di piazza si scagliano contro il governo a guida Sogno Georgiano, reo secondo i manifestanti di alterare le regole del gioco democratico

19/12/2019 -  Marilisa Lorusso

Una catena quasi ininterrotta di proteste anti-governative: Sogno Georgiano, partito guidato da Bidzina Ivanishvili, è sempre più esposto e sfrangiato davanti alle critiche di quella società civile che due legislature fa lo aveva scelto in massa. Le manifestazioni contro delle scelte – grottesche, contraddittorie, pericolose, sempre e comunque potenzialmente molto impopolari – proseguono da giugno. E alcune riguardano misure atte a cambiare le regole del gioco.

Da una piazza all’altra

A giugno ha dato il via alle danze l’affare Gavrilov, i cui strascichi pesano ancora sulle tasche dei georgiani. La crisi aperta allora non si è più sanata. Non sono più stati ripristinati i voli diretti con la Russia. A novembre le compagnie aeree russe hanno reso noto che le loro perdite dovute al divieto di voli diretti tra Russia e Georgia ammonterebbero a circa 3,2 miliardi di RUB /45,2 milioni di euro. Il 13 dicembre Koba Gvenetadze, governatore della Banca nazionale della Georgia, ha dichiarato che il bilancio del paese ha subito perdite per circa 300 milioni di dollari per la stessa causa. Le tensioni nei rapporti con Mosca - con la sospensione dei voli nel luglio 2019 e le informazioni su altre possibili sanzioni economiche contro la Georgia - avrebbero anche contribuito al deprezzamento della valuta della Georgia, il lari (GEL). 

Ancora si doveva chiudere questo scenario, che già lo stesso Ivanishvili creava il casus belli per altre due proteste, una legata ad un nome, l’altra alle regole del gioco con la mancata riforma della legge elettorale.

A settembre è stato nominato nuovo Primo ministro Giorgi Gakharia, ministro degli Interni uscente e assai contestato per la gestione delle proteste durante l’affare Gavrilov.

Ma se questa è stata una protesta legata a una persona, il primo ministro, la questione della legge elettorale scava nella fiducia del processo democratico. È dal 2007 che la fiamma di una legge elettorale percepita come troppo distorsiva incendia le piazze georgiane. Il tarlo nella fiducia è per molti l’assegnazione di seggi con la quota maggioritaria. Il sistema del “più votato che si prende tutto”, metodo maggioritario secondo il quale chi ha il 50%+1 dei voti viene eletto, ha il pregio di ridurre la frammentazione del quadro politico, ma il difetto di ignorare il 50%-1 delle preferenze, che rimangono quindi non rappresentate. Vice versa per il proporzionale, che rende il rapporto votati/votanti più fedele alle preferenze espresse, ma che spesso ha come effetto collaterale la frammentazione del quadro politico.

Attualmente in Georgia il sistema elettorale è misto, ma sulla quota maggioritaria grava discredito e i sondaggi dicono che l’elettorato è a favore del passaggio al proporzionale pieno. Ivanishvili per venire incontro alle richieste della piazza in estate aveva promesso la riforma della legge elettorale.

A novembre quindi, quando finalmente la promessa si sarebbe dovuta concretizzare, il forfait di alcuni parlamentari del Sogno che non ha fatto passare la legge promessa ha scatenato la piazza

Il 26 novembre sui manifestanti sono stati usati gli idranti e poi, per impedire l’occupazione dello spazio adiacente al parlamento è stata eretta una barriera.

A far dialogare le parti, e a cercare di raggiungere un compromesso accettabile, è intervenuta la comunità internazionale. Il 30 novembre a un tavolo si sono riuniti gli ambasciatori di diversi paesi con lo scopo di facilitare una soluzione. L’8 dicembre ne è avvenuto un secondo, un terzo il 15 dicembre. Tutti conclusi con un nulla di fatto .

La Corte Suprema

L’ultima crisi in ordine cronologico è quella causata dalla nomina dei giudici della Corte Suprema. Il 12 dicembre scorso il parlamento, boicottato dalle opposizioni e in una sessione assai concitata con proteste e arresti fuori, ne ha nominati 14.

La questione è spinosa. Dopo la riforma costituzionale, secondo l’Articolo 61.2 la Corte Suprema deve essere composta da 28 giudici. Da luglio ne sono rimasti in servizio solo 8. La procedura per la nomina dei giudici della Corte Suprema si è rivelata difficile. L’Alto Consiglio di Giustizia ha presentato un primo elenco che doveva essere votato dal Parlamento ma che è stato poi ritirato a causa di controversie e critiche da parte della popolazione, della società civile e da alcuni membri dell'Alto Consiglio di Giustizia stesso. Le critiche sono mosse dal fatto che la procedura di selezione manca di criteri chiari e obiettivi, nonché di trasparenza. A questo proposito, le ONG hanno affermato che il processo di nomina è controllato da una rete politica di giudici influenti, che non godono della migliore reputazione a causa di decisioni passate.

Dopo la riforma costituzionale i giudici avranno un incarico a vita, e un numero così incidente di nomine in contemporanea, 20 su 28, consegna di fatto la Corte Suprema all’attuale governo per decadi. E la Corte Suprema ha un ruolo fondamentale: si pensi che il recente intricato e combattuto caso sulla proprietà di Rustavi 2, rete da sempre schierata non a favore del Sogno Georgiano [Partito di governo], è stato alla fine deciso dalla Corte Suprema. Il potere della Corte come ago della bilancia politico è grande, e la sua imparzialità è un principio cardine della divisione dei poteri, pilastro di una democrazia funzionante.

Sale la tensione

In questa protratta fase di polarizzazione politica Transparency International, come tra l'altro anche alcune Ong georgiane, hanno registrato episodi allarmanti. Affiliati al Sogno georgiano, anche con incarichi pubblici, si sono resi protagonisti di una serie di interventi anche violenti contro membri e sedi dell’opposizione in varie città del paese. La polizia si è dimostrata incapace o non interessata a impedire gli scontri fisici, che hanno portato anche a ricoveri. Gli episodi non stanno avendo un seguito legale come dovrebbero, nonostante la presenza di pubblici ufficiali del ministero degli Interni. Transparency denuncia il rischio di una escalation di violenza estrema a fronte della continua mobilitazione del proprio elettorato da parte del Sogno e dell’inattività preventiva degli organi di sicurezza.

Nel suo discorso di conclusione di mandato davanti al Parlamento Europeo, Federica Mogherini, alta rappresentante per la politica estera Ue,  ha unito la sua voce a quanti lamentano un’involuzione della democrazia in Georgia, fatta non solo di episodi singoli, ma di misure che alterano le regole del gioco.


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