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Attacchi dell’estrema destra alla libertà di stampa, invito alla “croatizzazione” e alla sospensione del finanziamento pubblico ai media, accusati di essere anti-croati. La professoressa Zrinjka Peruško, direttrice del Centro di ricerca sui media e la comunicazione, commenta la difficile situazione dei media in Croazia

17/05/2024 -  Dragan Grozdanić

(Originariamente pubblicato da Novosti , il 3 maggio 2024)

Nelle ultime settimane il Movimento patriottico [DP, partito di estrema destra, arrivato terzo alle politiche dello scorso 17 aprile] è tornato ad agitare lo spettro del passato, minacciando di “croatizzare” i media e le istituzioni culturali ed educative, e di sospendere il finanziamento pubblico al settimanale Novosti. Non è certo la prima volta che sentiamo queste minacce. Attaccare la libertà dei media e i diritti delle minoranze nazionali è un chiaro obiettivo del DP. Cito un frammento del programma di questo partito: “L’inclinazione ideologica assecondata dalla cosiddetta politica dello spazio mediatico indipendente di solito si rispecchia nella scelta del personale e nello spirito neo-jugoslavo”. Lei come interpreta questa affermazione?

Non è facile comprendere la frase che lei ha appena citato perché stride con la lingua croata standard. Se quelle parole sottintendono la necessità di giudicare i media sulla base delle inclinazioni ideologiche dei partiti o del governo, allora siamo di fronte ad una visione politica diametralmente opposta ai valori europei del rispetto della libertà e dell’indipendenza dei media, ma anche del pluralismo di idee e opinioni politiche nel panorama mediatico. Da un decennio ormai in Polonia e Ungheria si assiste ad una simile tendenza a sottoporre i media ad una profilazione ideologica. Nel frattempo, l’Ungheria è sprofondata talmente tanto da essere definita “autocrazia elettorale”. Per il Parlamento europeo l’Ungheria non è più uno stato democratico, e questa regressione è in gran parte dovuta alla sottomissione dei mezzi di informazione allo stato. Nella teoria dei rapporti tra media e stato, la sottomissione ideologica dei media, cioè la tendenza a costringere i mezzi di informazione a pubblicare contenuti che esaltano certe posizioni ideologiche, è una caratteristica dei regimi politici totalitari.

Nel corso di una recente conferenza stampa, convocata per denunciare le minacce che il Movimento patriottico rivolge esplicitamente ad alcuni media, Hrvoje Zovko, presidente dell’Associazione croata dei giornalisti (HND), ha messo in guardia sulla mancanza di una più ampia presa di posizione di condanna di tali atti intimidatori. Lei come commenta questa inerzia della società?

Non mi stupisce. In Croazia capita raramente che l’opinione pubblica reagisca, e lo stesso vale per le élite. Manca la cultura del dialogo su questioni e vicende importanti. Anche i giornalisti dovrebbero impegnarsi maggiormente su questo fronte, chiedendo commenti e organizzando dibattiti.

Quanto all’abolizione del finanziamento a Novosti, non credo sia uno scenario realistico. In Croazia ci sono leggi speciali che obbligano lo stato a sostenere la cultura e i media delle minoranze nazionali. Un eventuale intervento che pregiudichi questo meccanismo di sostegno pubblico alle minoranze con ogni probabilità metterebbe a rischio la posizione della Croazia all’interno dell’UE. Non credo che Plenković – il quale probabilmente verrà riconfermato alla carica di primo ministro – sia disposto ad accettare un’azione che potrebbe danneggiare anche la sua reputazione a livello europeo.

Nel 2015 abbiamo visto cosa accade quando la politica culturale viene decisa dall’estrema destra: molti programmi di sostegno ai media indipendenti sono stati aboliti, diverse istituzioni culturali hanno subito forti pressioni, c’è stato anche un repulisti e un cambio di linea editoriale della Radio televisione croata (HRT). Mi auguro che non accada nuovamente, perché i media croati non si sono ancora ripresi da quel colpo.

Va notato che anche Plenković, da quando ha assunto la carica di premier, si è dimostrato propenso a sfoggiare la sua arroganza screditando i giornalisti e i media, soprattutto quando denunciavano affari loschi dei suoi ministri. Nonostante l’evidente veridicità delle rivelazioni dei giornalisti, Plenković li tacciava di essere poco professionali, scorretti e aggressivi. Anche Nina Obuljen Koržinek, ex ministra della Cultura e dei Media, ha spesso assunto un atteggiamento di superiorità nei confronti dei giornalisti, come nel caso dello scandalo che ha visto coinvolta la Facoltà di Geodesia di Zagabria. Recentemente è stata approvata anche la cosiddetta Lex AP che avrà conseguenze disastrose per i whistleblower e il giornalismo investigativo. Come si spiegano queste dinamiche?

La politica tende sempre a definire la realtà. Alcuni partiti politici fanno a gara nell’imporre la propria visione della realtà o almeno nel portare avanti una politica basata su quella visione. Nelle democrazie i media competono con la politica, perché anche loro cercano di definire la realtà. In Croazia emerge una palese ostilità della sfera politica, in particolare di alcuni attori politici, nei confronti della tendenza dei media – una tendenza del tutto normale e necessaria in una società democratica – a mettere in discussione e criticare le concezioni politiche della realtà e a sollevare questioni che considerano valide. Questa ostilità è giunta al limite del sopportabile, tanto che si può parlare di pressioni sui media. L’intransigenza degli attori politici verso tutte le opinioni e concezioni della realtà diverse dalle loro rivela uno spirito autoritario che vorrebbe dominare ideologicamente la sfera pubblica. La democrazia però non funziona così.

Suppongo che lei sia a conoscenza di alcune recenti analisi del settore dei media. Quanta fiducia c’è nei media? In questo contesto, qual è il ruolo del servizio pubblico?

Come diceva il sociologo francese Pierre Bourdieu, anche la scienza compete con la politica e il giornalismo nel definire la realtà. Stando all’ultimo rapporto dell’Istituto V-Dem dell’Università di Göteborg, la Croazia rientra tra le democrazie elettorali, quindi in una categoria inferiore a quella delle democrazie liberali, e vi si evidenzia una tendenza al peggioramento. Invece l’Ungheria e la Serbia sono classificate come autocrazie elettorali, soprattutto a causa del mancato rispetto della libertà di stampa e di espressione.

Per quanto riguarda la fiducia, nell’Europa meridionale, compresa la Croazia, ci si fida poco dei media, nell’Europa orientale ancora meno. Stando al nuovo Reuters Digital News Report, che verrà pubblicato a giugno, la fiducia nei mezzi di informazione – che l’anno scorso era al 34% - continua a diminuire.

Un altro aspetto problematico riguarda il fatto che in Croazia, così come in alcuni altri paesi del sud est Europa, i cittadini utilizzano e si fidano più dei social che dei media tradizionali. Questa tendenza ostacola fortemente la democrazia deliberativa, come emerso da una ricerca internazionale condotta nell’ambito del progetto Mediadelcom , a cui ha partecipato anche il nostro Centro di ricerca sui media e la comunicazione.

Inoltre, la Croazia è in fondo alla classifica dei paesi europei per quanto riguarda la fiducia e la percezione dell’indipendenza del servizio pubblico. Nel nostro paese, come del resto anche in altre parti dell’UE, ci si fida maggiormente delle emittenti commerciali, anche se – per evidenziare un aspetto positivo – la Radio televisione pubblica (HRT) è ancora tra le fonti di informazione preferite dai croati.

Secondo lei, qual è il futuro del giornalismo, considerando che molti giornalisti sono sottopagati, per non parlare delle minacce e querele temerarie che ormai sono diventate parte integrante del lavoro giornalistico?

Stando ad alcuni dati, negli ultimi dieci anni in Croazia il numero di professionisti dell’informazione è diminuito, eppure, fortunatamente, ci sono ancora bravi giornalisti, giornaliste e media che non cedono alle pressioni, nonostante la crescente precarietà e l’insicurezza sociale.

D’altra parte, l’enorme quantità di cause legali intentate contro i giornalisti incidono negativamente sul loro lavoro, esponendoli a ulteriori pressioni. Le recenti modifiche del Codice penale non fanno che aggravare la situazione. Anche altri cambiamenti avvenuti nel mondo dei media, come la digitalizzazione e la diffusione delle piattaforme, minacciano il vecchio modello di finanziamento basato sulla pubblicità e sui servizi a pagamento. Quindi, i media tradizionali si trovano in una situazione economica poco invidiabile. Tutte queste dinamiche, ovviamente, incidono sulla trasformazione del mestiere del giornalista.

EFJ: inaccettabile attacco dell’estrema destra al settimanale Novosti

(Originariamente pubblicato da EFJ , il 10 maggio 2024)

La Federazione europea dei giornalisti (EFJ) si unisce ai suoi partner croati – l’Associazione croata dei giornalisti (HND) e il Sindacato dei giornalisti croati (SNH) – nel condannare la richiesta del Movimento patriottico (DP, partito di estrema destra) di sospendere il finanziamento pubblico al settimanale Novosti , edito dal Consiglio nazionale serbo (SNV), organizzazione che rappresenta la minoranza serba in Croazia.

Lo scorso 8 maggio, nel corso di una conferenza stampa a Sebenico, Ivan Penava, leader del Movimento patriottico, ha affermato che il suo partito sosterrà una nuova coalizione governativa guidata dal partito conservatore Unione democratica croata (HDZ) solo se verrà sospeso il finanziamento a Novosti. Secondo Penava, l’unico giornale della minoranza serba “minaccia le fondamenta dello stato con la scusa di proteggere le minoranze”.

Il settimanale Novosti – finanziato dal Consiglio per le minoranze nazionali, nell’ambito di un programma che promuove l’autonomia culturale delle minoranze, e pubblicato dal Consiglio nazionale serbo – è uno dei giornali più rinomati del paese, noto anche per le sue storie investigative.

“L’idea stessa di vincolare il raggiungimento di un accordo di coalizione alla chiusura di una testata giornalistica è scandalosa e inaccettabile”, ha dichiarato Hrvoje Zovko, presidente dell’HND, precisando che “il finanziamento di Novosti, come anche di altri giornali e riviste delle minoranze nazionali in Croazia, è previsto dalla Legge costituzionale sulle minoranze nazionali, quindi minacciare Novosti significa minacciare i diritti di una minoranza sanciti dalla Costituzione”.

“Il ricatto riguardante il finanziamento di Novosti è un attacco al pluralismo dei media e ai diritti delle minoranze”, ha sottolineato Maja Sever, presidente dell’EFJ. “Se questo accordo dovesse essere siglato, il nuovo governo croato poggerebbe su un patto che calpesta lo stato di diritto e la Costituzione”.


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