Nave da guerra nello stretto di Kerch - Maksimilian/Shutterstock

Nave da guerra nello stretto di Kerch - Maksimilian/Shutterstock

Lo scontro militare avvenuto nei giorni scorsi nel mar d'Azov rappresenta il primo confronto diretto tra Russia e Ucraina. Può rappresentare il casus belli per una più massiccia azione militare russa nel mar d’Azov e nel sud est ucraino?

28/11/2018 -  Oleksiy Bondarenko

Sale la tensione tra Mosca e Kiev dopo che alcune navi ucraine sono state attaccate dalla marina russa nei pressi dello stretto di Kerch, striscia di acqua che divide il mar Nero dal mar d’Azov. Uno scontro che potrebbe infiammare di nuovo il conflitto che non è mai terminato nell’Ucraina dell’est e complicare ulteriormente le vicende interne ai due paesi. Mentre continua lo scambio di accuse, l’Ucraina infatti ha introdotto la legge marziale con risvolti imprevedibili per le dinamiche politiche interne.

Le cause dello scontro

Lo scontro tra la marina ucraina e quella russa avvenuto domenica scorsa rappresenta il primo confronto diretto nel mar d’Azov. Inoltre, come sottolineato subito dal governo di Kiev, è stata la prima volta dall’inizio del conflitto in Donbass nel 2014 in cui l’esercito regolare di Mosca è entrato in contatto diretto, attaccando, quello ucraino.

Alla base dell’incidente però c’è una crescente tensione tra Kiev e Mosca nel mar d’Azov frutto dell’annessione della Crimea e della più recente costruzione del ponte sullo stretto di Kerch che collega la penisola alla Russia. L’incorporamento forzato della Crimea nella Federazione Russa ha portato infatti ad una discrepanza legale sull’appartenenza delle acque territoriali del mar d’Azov. Nonostante il fatto che l’accordo del 2003, che prevede la libertà di circolazione e la condivisione delle acque del mar d’Azov, sia ancora ufficialmente in vigore, Mosca de facto detiene ora il pieno controllo sullo stretto di Kerch .

La presenza della marina russa, rafforzata ulteriormente dopo la costruzione del ponte di Kerch, è ad oggi un’arma politica nella mani del Cremlino. Infatti, ciò non solo ha permesso di monopolizzare il controllo sul mar d’Azov, ma anche di esporre Kiev a una doppia pressione di carattere politico ed economico. Non è una novità la netta riduzione dell’attività economica dei porti di Berdiansk e Mariupol, che oggi si trovano in crisi economico-finanziaria.

Venti di guerra?

Non sorprende che, date le circostanze, si è assistito al solito scambio di accuse. Mentre Kiev definisce lo scontro come aggressione diretta nei suoi confronti, Mosca accusa la marina ucraina di provocazione e di aver eseguito manovre insolite e pericolose nel tratto di avvicinamento allo stretto di Kerch e alle acque che la Russia considera proprie . Rimane il dubbio sul perché, pur sapendo dello stretto controllo esercitato dalla marina russa sulle acque dello stretto e del mar d’Azov, l’Ucraina abbia deciso di spostare tre piccole navi delle propria flotta da Odessa a Mariupol. Una manovra legittima e legale, sia ben chiaro, ma che, a ben vedere, non poteva non provocare una reazione da parte russa.

La domanda che in molti si pongono ora è rivolta al futuro. Potrà questo incidente diventare il casus belli per una più massiccia azione militare nel mar d’Azov e nel sud est ucraino? Sebbene la tensione, ancora alta, e l’introduzione della legge marziale a Kiev, impongano cautela, il recente scontro andrebbe contestualizzato nella più ampia panoramica del conflitto tra i due paesi. Anche se è difficile prevedere le mosse e le motivazioni che muovono il Cremlino, molti analisti sostengono che la recente escalation possa essere un episodio limitato . Nessuna delle parti in causa sembra davvero interessata e disposta a rischiare un conflitto su larga scala, ancor meno per uno specchio di acqua che ha un’importanza strategica piuttosto limitata, specialmente per Mosca.

Infatti, se c’è una costante nell’atteggiamento russo in politica estera, essa sembra proprio quella di giocare su più tavoli usando, anche in maniera simbolica, piccoli episodi di crisi per trarne vantaggio in termini generali. Un tirare la corda da una parte e allentarla dall’altra, mettendo ulteriore pressione sull’Ucraina che si appresta ad affrontare il difficile periodo della corsa per le elezioni presidenziali.

Proprio per questo il Cremlino è rimasto piuttosto silenzioso nella giornate di domenica e lunedì, lasciando al ministro degli Esteri Lavrov l’onere di rilasciare dichiarazioni sull’incidente. E proprio per questo, si potrebbe dire, la Russia ha cercato di giocare d’anticipo all’interno delle istituzioni internazionali, convocando un incontro straordinario del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che si è risolto, come prevedibile, in un nulla di fatto. La comunità internazionale ha di fatto fin da subito appoggiato la posizione ucraina. NATO, Unione Europea e Stati Uniti hanno espresso quasi immediatamente il loro criticismo nei confronti dell’azione russa. Rimane evidente che, oltre al criticismo, ben poco possa essere fatto davvero a livello internazionale, oltre ai vaghi richiami a stemperare la tensione.

Le conseguenze interne

L’incidente nel mar d’Azov però non può essere analizzato solo in termini di politica estera. Paradossalmente, come sostiene Mark Galeotti, lo scontro sarà utilizzato da entrambi, Putin e Poroshenko, per scopi domestici .

Da una parte è un’occasione per Putin, il cui sostegno sembra in calo, di riaffermare il proprio ruolo di leader di una potenza regionale autonoma sul piano internazionale e di legittimare ulteriormente, di fronte all’audience interna, l’annessione della Crimea.

Dall’altra, a trarne beneficio potrebbe essere proprio il presidente ucraino uscente Petro Poroshenko. Non va dimenticato, infatti, che ad oggi il rating di Poroshenko rende piuttosto difficile le sua riconferma nelle future elezioni presidenziali . Sebbene dopo una lunga mediazione del parlamento la legge marziale introdotta appaia più limitata nel tempo (30 e non 60 giorni) e nello scopo (applicata solo in 10 regioni confinanti con la Russia e Transnistria) rispetto a quella inizialmente proposta dal Presidente, preservando formalmente le elezioni presidenziali pianificate per il prossimo 31 marzo, essa non di meno concede poteri straordinari al governo e al presidente limitando alcuni diritti garantiti dalla costituzione.

Come questi poteri straordinari saranno utilizzati è ancora poco chiaro, ma di certo non rappresentano un segnale positivo per lo svolgimento della campagna elettorale che, seppur non ufficialmente (inizio ufficiale previsto per il 31 dicembre), è già in piena corsa. Infine, e qui entriamo nel territorio caro agli studiosi di scienze politiche, l’aggressione subita dalla marina ucraina potrebbe innescare il famoso ‘rally ’round the flag effect’ (stringersi attorno alla bandiera), cioè un incremento del supporto popolare nei confronti del presidente in concomitanza con crisi militari ed internazionali. Basterà per cambiare il corso degli eventi?


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