Una delle tavole del lavoro di Giada Galvan

Un progetto urbanistico che punta al superamento della "fase colorata" di Tirana proponendo soluzioni di rinnovamento attraverso un nuovo modello abitativo in una zona informale a nord del boulevard Zogu I. Una tesi di laurea. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

Tirana è una città caotica ma non noiosa immersa in uno scenario popolato, inquinato e arrogantemente cementificato. E’ la capitale europea che ha evidenziato i maggiori cambiamenti negli ultimi 20 anni. Dopo i mutamenti sociali che hanno interessato l’Albania nell’ultimo quarto di secolo e la morte del dittatore Enver Hoxha nel 1985, il paese ha agito con un’ esplosione urbana, una successiva crescita economica rapidissima estranea ai 50 anni di isolazionismo comunista.

Oggi l’ Albania è un paese giovane (il 30% della popolazione ha meno di 18 anni), alcuni della generazione di ragazzi fuggiti come boat people sono tornati a Tirana con una laurea all’estero. Edi Rama, artista, ex sindaco di Tirana e attuale premier del paese delle aquile nel 2004 aveva individuato nel colore l’elemento di trasformazione dell’immagine urbana di una Tirana nella “capitale del colore”.

Il nostro progetto punta al superamento di questa fase cosiddetta “colorata” proponendo soluzioni rinnovamento attraverso un nuovo modello abitativo in una zona informale a nord del boulevard Zogu I a Tirana come risposta ai vuoti urbani e alla frantumazione della periferia.

Il progetto rispecchia le strategie progettuali a scala paesistica, fino alla definizione dell’oggetto architettonico. Il tentativo è stato quello di restaurare e cucire il nucleo urbano, seguendo le leggi e dimensioni del carattere rurale dell’area.  Lo sviluppo ipotizzato è localizzato tra due direttrici, rappresentate dall’estensione dei tracciati urbani esistenti che diventano snodo verso l’aeroporto, capace di assorbire e smistare il traffico e allo stesso tempo come infrastruttura che serve la città, con la riduzione del traffico veicolare in favore del trasporto pubblico del tram già previsto.

L’area viene regolarizzata attraverso un principio insediativo per fasce (costruito e spazi verdi) e terrazzamenti, diventando principio di allineamento per i manufatti.

Gli spazi urbani si integrano con la nuova orografia attraverso segni forti nel terreno capaci di trasformare e caratterizzare lo spazio, mentre le zone verdi attraverso un tentativo di mimesi. E’ un progetto topografico, dove spazi aperti ed edifici sono pensati alla stessa stregua.

Gli spazi aperti disegnati sono il frutto dell’interpretazione del paesaggio mettendo in campo sia la questione insediativa legata a particolari modi d’uso dello spazio aperto sia stabilendo gerarchie dei percorsi e delle viste.

Il restauro urbano fatto tenta di cucire la polverizzazione con nuovi quartieri strutturati e chiusi a corte che vengono rivisitati in altezza: l’attacco a terra funge da base per parcheggi e risalite, mentre i piani superiori lasciano posto alle residenze che si stringono attorno a piazze pubbliche.

La presenza di polmoni verdi all’interno dell’area rafforza la natura del luogo stesso e le zone boschive oggi poco consistenti fungono poi da naturale barriera acustica contro l’inquinamento del traffico stradale e nello stesso tempo tengono il sotto suolo umido. Da ultimo l’inquinamento del suolo, dovuto ad attività industriali consistenti nell’immediato intorno, potrebbe essere sanato da tecniche sostenibili per la bonifica dei terreni come il fitosanamento. Questo implementa la rete ecologica rinaturalizzando il terreno attraverso bonifiche, coltivazioni di campi dismessi, eliminando barriere, connettendo il pubblico-privato.


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