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Bandiera europea e filo spinato (Corgarashu - Shutterstock )

Una tesi di laurea dedicata alle politiche migratorie dell'Unione europea con un focus specifico sui paesi attraversati dalla cosiddetta rotta balcanica della migrazione. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

29/05/2020 -  Federico Uez

Le politiche migratorie che stanno venendo portate avanti dall’Unione Europea, seppur apparentemente poco chiare e uniformi, si stanno sviluppando secondo un iter ben definito: la decentralizzazione dei confini dell’UE lungo i Paesi terzi confinanti.

In particolare, in questo lavoro di tesi mi occupo della situazione nell’area dei Balcani, regione che, in particolare dal 2015, viene attraversata a piedi e con mezzi di fortuna da profughi di guerra, profughi economici ed eco-profughi diretti in Unione Europea. In questa regione si sviluppa la “Rotta dei Balcani Occidentali”, il tracciato che attraversa via terra i paesi balcanici seguendo diverse rotte secondarie sino alle porte dell’Europa Centrale; questa è la naturale prosecuzione della “Rotta Orientale del Mediterraneo”, che dalla Turchia conduce via mare alla Grecia, dalla quale si ha il vero e proprio accesso alla penisola balcanica. Le due rotte, se unite, vengono definite più semplicemente “Rotta Balcanica”.

La ricerca comincia con una prima parte dedicata a ricostruire le tappe che hanno portato all’origine della “crisi” dei rifugiati del 2015 lungo la Balkan Route, che ha visto circa 850 mila persone arrivare in Unione Europea transitando dalla Grecia. In seguito, mi concentrerò sulle reazioni e sulle decisioni dell’Unione Europea in merito alla gestione di questo movimento migratorio: dalla “crisi”, al cosiddetto corridoio umanitario che ha favorito il passaggio di migliaia di persone fino al cuore dell’UE, alla seguente chiusura e politica dei muri.

Una politica perseguita in particolare dall’Ungheria, poi diffusasi lungo tutti i confini dell’Unione Europea: fili spinati, sensori termici, respingimenti a catena, detenzioni, polizia. Un approccio che vede nella dichiarazione tra Unione Europea e Turchia del 18 marzo 2016 la sua realizzazione dal punto di vista istituzionale. L’accordo “informale”, di soft law, ha visto l’Unione Europea finanziare la Turchia con lo scopo di delegarle la gestione, o per meglio dire il “contenimento”, del movimento migratorio proveniente da Est.

Lo scopo di questo lavoro di tesi è quello di dimostrare come le politiche emergenziali e just in time dell’UE abbiano perseguito lo scopo di decentralizzare ed esternalizzare le proprie frontiere nell’area dei Paesi balcanici, agendo a scopo preventivo prima di tutto lungo la frontiera tra Grecia e Turchia. Una politica di sicurezza e contrasto all’immigrazione portata avanti dall’Unione Europea sin da fine anni ’80 e che ha raggiunto in questi ultimi anni il suo apice.

Le azioni portate avanti dall’Unione Europa nella regione Balcanica infatti hanno influenzato e influenzano tutt’oggi l’agenda politica migratoria dei Paesi Terzi come in particolare Serbia, Bosnia ed Erzegovina e Repubblica di Macedonia del Nord, tutti in procedura di adesione all’UE e Paesi come Croazia e Bulgaria, già facenti parte dell’Unione Europea, ma in fase di application al trattato di Schengen. Emerge infatti come i finanziamenti dell’UE ed i requisiti di accesso alla stessa e all’area Schengen abbiano contribuito nella realizzazione delle politiche  e delle scelte dei singoli governi dei Paesi appartenenti all’area dei Balcani Occidentali: dalla difesa dei confini, alle politiche di accoglienza e sicurezza interna e di conseguenza delle frontiere dell’Unione Europea stessa.

Questo lavoro ha l’obiettivo primario di sottolineare e denunciare come migliaia di emigranti siano stati e continuino ad essere vittime senza voce di questa politica europea e dei paesi dell’area balcanica. Persone che quotidianamente rischiano la vita, perdono la vita, alla ricerca di una nuova vita.

Un ringraziamento particolare va a tutte le associazioni, i singoli e i gruppi che operando lungo la Rotta Balcanica tentano di portare una testimonianza, di dar voce e volto a chi viene rappresentato spesso come semplici e meri numeri. Un grazie va soprattutto alla testimonianza delle tante persone emigranti che ho conosciuto in Italia e lungo la Rotta Balcanica, esempio di forza, coraggio e vita.

La tesi completa

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