I Thank you Baudelaire

I Thank you Baudelaire

I "Thank you Baudelaire" hanno vissuto tutto il fermento dell'underground belgradese. E propongono un sound elettronico molto originale. L'incontro con la loro cantante, Alex T

28/04/2017 -  Gianluca Grossi

Una band indie rock proveniente da Belgrado con un nome quantomeno bizzarro: Thank You Baudelaire (ma non è un caso, e ci spiegheranno il perché). Sono insieme dal 2011 e propongono un sound originale, figlio di elettronica, new wave, dance punk, nu rave. La firma? La voce femminile di Alex T e una linea di basso che ricorda tanto i Metronomy (band inglese di musica elettronica in voga dal 1999), quanto i Klaxons (i londinesi del brillante Myths of the Near Future). Incontriamo Alex T in occasione dell'imminente nuovo disco.

Partiamo dal nome. Come è nato e perché?

E' una provocazione legata al significato dell'arte. Dire grazie a Baudelaire, fra i più grandi poeti di tutti i tempi, significa ringraziare l'arte vera… Baudelaire era un maestro, molti altri no.

In quanti siete e qual è la vostra storia musicale?

Siamo in tre. La sottoscritta, Alex T (Aleksandra Tomovic), canta e suona le tastiere. Alex D (Aleksandar Dobrić) suona il basso. E Pavle Petrović la chitarra e le tastiere. Per anni abbiamo vissuto l'underground belgradese, cimentandoci con molti generi, dall'hardcore al jazz. Alex D e Pavle si sono incontrati al liceo; in seguito, dopo una gita sciistica, è arrivato il mio turno.

E la batteria?

L'abbiamo avuta per un po’. Poi però ci siamo resi conto di volere dare una sterzata più elettronica al nostro sound, e così ci siamo buttati su tastiere e drum machine.

Avete trascorsi universitari?

Alex D sta finendo degli studi in lingua e letteratura tedesca; Pavle è alle prese con corsi in arte digitale e ha un master in elettronica; io ho da poco concluso un master in lingua e letteratura inglese.

"Sublime" ricorda un vecchio pezzo dei Virvel. Li conoscete?

Certo, suonano da tempo insieme, ma non abbiamo mai collaborato. Tuttavia possiedono un suono più morbido e acustico del nostro.

Cosa mi dici di Racing Raindrops?

Hai presente le gocce di pioggia che cadono sul finestrino? Ecco, con questa immagine vorremmo accompagnarti per descrivere il nostro EP. Che mostra un andamento simile a quello delle gocce, appunto, che non si sa mai dove vadano a parare. Si muovono, infatti, a zigzag, e per quanto tu possa immaginare un tragitto, è sicuro che giungeranno da tutt'altra parte. Così accade - o vorremmo che accadesse - con la nostra musica.

E della label Kišobran Music?

Si occupa di organizzare e promuovere eventi perlopiù musicali; in Serbia e all'estero. Pavle è un socio di Kišobran e pertanto è stato automatico debuttare con questa ragione sociale. Ora però si occupa solo di eventi e non più di produzioni.

Belgrado offre ottima musica. Quali sono i locali dove è più facile proporsi dal vivo?

Belgrado produce musica eccellente! Davvero. Dove suonare dal vivo? Purtroppo la risposta non è confortante. Molti locali storici hanno chiuso o si sono trasformati in strutture troppo grandi per ospitare band non supportate da management di rilievo. Di conseguenza le band giovanili sono sparite dalla circolazione. Vorrei menzionare almeno il Cultural Center Grad e l'Elektropionir, due belle realtà dove trovano spazio anche nomi non altisonanti.

Quali sono le vostre influenze musicali?

Ognuno di noi ha un proprio background che trascende il suono della band. In ogni caso le nostre influenze convergono all'interno del progetto Thank You Baudelaire. Ci sono artisti che apprezziamo tutti: Metronomy, Foals, Alt-J, Local Natives. E potremmo aggiungere qualcosa di Chat Faker e Bonobo.

Suonate anche oltre i confini serbi?

Direi che ci esibiamo soprattutto in patria. Ma ci piace ricordare il live che abbiamo fatto al Demofest di Banja Luka, in Bosnia Erzegovina.

Di cosa si tratta?

E' un festival annuale che si tiene presso la fortezza, storica costruzione della città; un'avventura nata nel 2008 per dare spazio alle band emergenti; e oggi uno degli eventi musicali più importanti dell'ex Jugoslavia. Dai primi show a oggi si sono esibite più di 3mila band.

Che tipo di musica propone?

Non c'è una linea; tuttavia prevalgono rock, punk, metal e hip-hop.

Ospiti stranieri?

Guano Apes, Fun Lovin' Criminals, Asia Dub Foundation.

Tappe future?

Argentina?

E in Italia?

Ci piacerebbe molto ma non abbiamo agganci per il momento. Potrebbe essere questa l'occasione buona.

Quanti lavori avete dato alle stampe?

Racing Raindrops e ora stiamo lavorando al secondo disco, un album di otto canzoni.

A che punto siete?

Manca la masterizzazione.

Piani futuri?

Per prima cosa dobbiamo trovare una label disposta a promuovere e distribuire l'album. Poi dovremmo organizzare un tour. Il successo? Perché no.

Puoi dirmi qualcosa della scena musicale belgradese?

Io sto iniziando un'esperienza con un gruppo proveniente da Seattle, i Sofie, con altre ragazze di band belgradesi, fra cui Ika e Lula Mae. Ika ha un'altra band chiamata On Tour. E ci sono molti altri ragazzi che vorrei menzionare: Stray Dogg, Straight Mickey and the Boyx and VVhile. Può bastare?

E dell'inglese (che tu parli benissimo) che mi dici? Come mai usate una lingua straniera nelle vostre canzoni?

C'è chi ci critica per questa scelta. Ma fin dall'inizio abbiamo pensato di esprimerci in inglese e difficilmente cambieremo rotta. Peraltro il sound che proponiamo sposa meglio il lessico anglosassone.

Cosa ne pensate della musica tradizionale serba?

Certamente è curiosa. Con ritmi che inducono al movimento ma lontani dalla musica pop. Parliamo per esempio di brani in 7/8 o 9/8. Ci sono delle interessanti proposte che mischiano i suoni moderni con la musica tradizionale, e begli esempi come Balkan Beat Box, Barcelona Gipsy Balkan Orchestra, Kultur Shock .

E i cantanti storici?

Il mainstream tradizionale è qualcosa di terribile.

Bob Dylan premio Nobel per la letteratura. Ti pare plausibile?

In serbo canzone e poesia rispondono a un unico termine: "Pesma". In inglese, per fortuna, c'è distinzione. Così la penso anch'io. Le canzoni non sono letteratura. Però Dylan è Dylan e non ci resta che ripetere il nostro slogan: se non fosse stato per lui non potremmo chiamare le canzoni opere d'arte. Con ciò: Thank You Bob Dylan!


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