di Martina Giovannini, Liceo Statale delle Scienze Sociali S.Gregorčič, Gorizia

17/03/2008 - 

Sono venuta a contatto con il confine già nei primi anni della mia infanzia, quando l'ho oltrepassato per prendere parte ad una rassegna corale con il piccolo coro dei bambini del paese e per visitare i luoghi sloveni con la scuola e con la famiglia. Negli ultimi tempi vado meno spesso a Nova Gorica, solo se devo prendere in prestito qualche libro o se devo cercare del materiale per delle ricerche. Non sento minimamente il passaggio da uno stato all'altro. Forse perché sono slovena e come tale ho la padronanza della lingua madre; le scritte in sloveno e l'idioma non mi disturbano minimamente. Solo l'accento e il paesaggio mi ricordano che mi trovo in un altro stato. Proprio l'ultima volta che sono andata a Nova Gorica, riflettevo sul fatto che i giovani e gli anziani considerano il confine in modo diverso e diversamente vedono la sua sparizione. Per noi ciò significa il libero passaggio da una parte all'altra, anche se bisognerà lo stesso esibire la carta d'identità.

Per le persone, invece, che hanno vissuto l'intolleranza sociale e successivamente gli esordi del comportamento razzista che ha portato a conseguenze tragiche, significa la realizzazione dei sogni e dei desideri che due popoli con la stessa lingua, ma con una cultura diversa possano finalmente vivere insieme. Penso che questo desiderio sia comune a tutti i popoli, ma prima non poteva diventare una realtà per le scelte politiche di quella minoranza che guidava il paese.

Alla fin fine il popolo e i suoi interessi vengono presi poco in considerazione in politica, anche oggi. Anche per questo noi giovani schiviamo la politica perché vediamo che gli stati perseguono altri ideali, come la ricchezza e il potere e non valori come la pace. Comportandoci così, però, sbagliamo. Proprio noi giovani, luce e sale della terra, dovremmo dare all'Europa una nuova immagine; dovremmo realizzare dei valori come la tolleranza, il rispetto, il desiderio di conoscere l'altro e la convivenza pacifica in un luogo comune abitato da persone appartenenti a diverse culture. È proprio in questo che crede la maggior parte dei giovani, compresi noi che viviamo vicino al confine con la Slovenia.

Ma cos'è in realtà il confine? La definizione ci dice che è una linea che divide, separa gli stati e i territori, più in generale è ciò che divide, separa. Bisogna però distinguere tra il confine fisico e quello mentale; il primo è facile da togliere, il secondo è ancorato in noi stessi, nel nostro modo di pensare; un pensiero che si fonda sulla divisione tra la "nostra" e la "vostra" parte del confine, che porta all'allontanamento di culture diverse e delle persone che vi appartengono. Forse è meglio al giorno d'oggi sostituire la parola "confine" con l'espressione "soglia", che indica lo spazio davanti alle porte di casa.

Perciò mi auguro che lo spazio dove alcuni stati terminano e ne iniziano di nuovi diventi un luogo di convivenza, incontro, conoscenza e amicizie, destinato al racconto e all'ascolto, quindi alla costruzione di legami nuovi e duraturi.


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