Venezia e Istanbul in epoca ottomana

Mostra a cura di Giampiero Berlingeri, Nazan Ölçer, Giandomenico Romanelli, con il coordinamento di Proje Koordinasyonu, Camillo Tonini e Gabriella Fortunato

La mostra presenta centoventisei opere delle collezioni dei Musei Civici Veneziani (Museo Correr, Biblioteca e Gabinetto Stampe e Disegni, Museo di Palazzo Mocenigo-Centro Studi di Storia del Tessuto e del Costume, Ca’ Pesaro-Galleria Internazionale d’Arte Moderna, Museo Fortuny e Palazzo Ducale) e quarantacinque opere dei musei di Istanbul (Topkapi, Pera, Yapi Kredi “Vedat Nedim Tör” e Opere Turche e Islamiche).

La mostra, che in qualche modo avvia le celebrazioni “Istanbul 2010, Capitale della Cultura”, è stata ideata dalla Fondazione Musei Civici di Venezia su sollecitazione del Ministero degli Esteri Italiano, per rimarcare i legami di amicizia e di collaborazione tra i due Paesi in occasione della visita di Stato in Turchia del Presidente Giorgio Napolitano.

I preziosi pezzi delle vaste collezioni veneziane vengono accolti dal Sakip Sabaci Museum di Istanbul alla cui collaborazione si deve anche un allestimento di grande atmosfera, arricchito da gigantografie. Pezzi emblematici di cui, scrive Giampiero Berlingeri in catalogo, «si sottolinea l’influenza degli stilemi turchi sul decorativismo occidentale e del continuo passaggio tra le due civiltà di uso di materiali e tecniche di lavorazione. Una selezione per lo più inedita, di oggetti in vetro, cuoio, tessuti, maioliche, nonché di tappeti provenienti dalle raccolte civiche veneziane e dai musei turchi.»

Tappeti mai prodotti a Venezia, tanto ambiti da essere rappresentati in pittura con una così precisa attenzione ai loro motivi da suggerirne e permetterne la ripresa in nuove manifatture che portavano il nome dei pittori: tappeti Lotto, tappeti Bellini, e così via. Tappeti orientali considerati veri e propri status symbol come quello shiraz, assai prezioso che, in “Ritratto di Famiglia” (1550ca) di Cesare Vecellio, costituisce il punto focale attorno al quale posano ben tre generazioni.

E ancora, il percorso espositivo si muove tra i bellissimi “cuoridoro” in cuoio, eseguiti a Venezia tra il XII e il XVI secolo e di ispirazione assolutamente orientale. Rari per qualità pittorica dei decori e per il numero limitato scampato alle ingiurie del tempo, avevano goduto di un largo commercio tra i due Paesi e venivano usati nell’arredamento o, nelle chiese, come paliotti. Gli strumenti musicali collezionati da Francesco Morosini durante le sue imprese nei territori ottomani, allora usuali, oggi assai rari anche in Turchia. E naturalmente vetri. In particolare lampade prodotte a Venezia per illuminare le moschee, la cui lavorazione veniva terminata in Turchia; o a olio, di forma cilindrica, chiamate cesendelli e destinate alle abitazioni. Senza dimenticare, tra i libri “con le coperte prodotte a Venezia con decorazione d’arte orientale”, manoscritti, disegni, le vedute topografiche, in parte inedite, eseguite dall’ingegnere Gianfrancesco Rossini che, attorno al 1724, fu a Istanbul presso il bailo Gritti e -scrive Camillo Tonini- “fece dei precisi rilievi dell’Elesponto, dei Dardanelli e delle opere difensive costruite dai turchi a loro sbarramento e difesa. Sostanzialmente un’operazione di intelligence.”

Testimonianze forti di continui approfondimenti e di reciproca conoscenza intercorsi tra le due potenze che dopo la caduta della Repubblica (1797) continuano per più di un secolo. Il pittore veneziano Ippolito Caffi, (1809-1866) sentirà l’esigenza di recarsi in Turchia nel 1842-‘43 e di narrare in olii di alta qualità le luminose visioni di Costantinopoli che saranno accolte nei più esclusivi salotti europei. E, più in là nel tempo, di nuovo Oriente, Occidente e innovazione si fondono nelle creazioni dello spagnolo Mariano Fortuny (1871-1949), che aveva scelto Venezia come sede per realizzare drappi e vesti di particolare pregio dove è chiara la trasmigrazione di motivi iconografici ispirati ai tessuti turchi ereditati dalla madre e ai dipinti del Rinascimento veneziano.