Pixabay

Per anni ha fatto da tramite tra l'Italia e le comunità italiane in Istria. Ora, l’Università popolare di Trieste, travolta dalla bufera, potrebbe uscire definitivamente di scena

18/09/2018 -  Stefano Lusa Capodistria

(Pubblicato originariamente da Radio Capodistria )

Il ruolo dell’Ente morale triestino era già stato superato dal tempo. La struttura che durante il regime jugoslavo faceva da tramite nei rapporti tra la Comunità nazionale italiana e l’Italia da decenni non serve più.

È tempo di un rapporto diretto, non più mediato da Piazza Ponterosso. La minoranza tacitamente sembra volerlo e da Trieste arrivano incoraggianti segnali in questo senso. L’Università popolare, così, potrà tornare a fare quello per cui era stata costituita: istruire la popolazione.

Era dalla democratizzazione di Slovenia e Croazia che questo passo sembrava ineludibile. Per la Comunità Nazionale Italiana era cambiato il mondo: non c’era più il partito, si potevano cominciare ad affrontare temi che fino a quel momento erano stati considerati tabù e si poteva inseguire il sogno dell’economia di mercato. Grandi sfide erano all’orizzonte: forse troppo grandi per una comunità piegata dal regime e dai suoi uomini che l’avevano gestita fino a quel momento.

Era quello, comunque, il periodo in cui si credeva che le Comunità degli italiani - che Franco Juri negli anni Ottanta aveva definito circoli dopolavoro di stampo staliniano – dovessero cambiare. In realtà, nel tranquillo mondo della minoranza nulla o quasi è mutato. Le Comunità ancor oggi continuano ad essere quello che erano negli anni Sessanta con la filodrammatica, il coro, qualche gruppo artistico e qualche concerto. Ora le loro sedi non sono più dei buchi fatiscenti, ma degli splendidi palazzi, per i quali, senza il contributo dell’Italia, non ci sarebbero nemmeno i soldi per pagare le spese di acqua e luce. Accade anche in aree dove l’amministrazione dietina non manca di offrire prestigiosi incarichi a connazionali e coprire di elogi la minoranza. Quando si tratta di aprire i cordoni della borsa però è un’altra storia.

La storica collaborazione tra UI e Upt è stata per tutti un porto sicuro: la borsa libro, la gita per gli attivisti, quella per i presidenti e qualche altro piccolo benefit che non aveva più alcun senso. Soldi buttati via, che avrebbero potuto essere impiegati meglio. Per tagliarli ci sono voluti anni e lo si è fatto solo quando qualcuno dall’alto ha fatto la voce grossa, ma intanto non mancano quelli che continuano a sognare le gite e quelli che continuano ad alimentare il sogno, senza capire che è giunto il tempo di pagarsi di tasca propria l’escursione a Firenze o a Cattaro.

L’uscita di scena dell’Università popolare segnerà la fine di tutta una serie di rendite di posizione. Non ci sarà più la porta a cui bussare, con cui alcuni avevano un rapporto diretto e privilegiato, costruito in decenni di collaborazione. L’uragano che ha colpito l’ente triestino potrebbe essere destinato a segnare una rivoluzione copernicana anche all’interno della sonnacchiosa vita della Comunità nazionale italiana. Nel prossimo futuro saranno destinate ad essere messe sulla graticola tutte le voci di spesa e molto probabilmente il ragionamento che bisognerà fare sarà quello dei costi, dei benefici e soprattutto dei risultati conseguiti. Sarà il caso di prepararsi per tempo, perché dire che è sempre stato così e che così deve continuare ad essere anche in futuro non sarà più un argomento vincente.


Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!

I commenti, nel limite del possibile, vengono vagliati dal nostro staff prima di essere resi pubblici. Il tempo necessario per questa operazione può essere variabile. Vai alla nostra policy

blog comments powered by