Subotica

Subotica, Vojvodina (Klovovi/flickr)

Come è vista dal confine serbo la decisione dell'Ungheria di erigere un muro anti-migranti? Intervista col pastore calvinista Tibor Varga

19/06/2015 -  Matteo Tacconi

Una barriera lungo il confine che separa l’Ungheria dalla Serbia. È il modo con cui il governo di Budapest intende “murare” il flusso di migranti in arrivo dal paese balcanico. Flusso notevole, se è vero che nel primo trimestre di quest’anno le richieste di asilo politico pervenute alle autorità ungheresi sono state 32800. Si tratta del numero più alto in Europa, dopo quello tedesco.

L’annuncio sulla realizzazione della barriera al confine è stato dato il 17 giugno. Fioccano in queste ore, sulla stampa di tutto il mondo, polemiche e riflessioni sulla postura spiccia che il primo ministro magiaro, Viktor Orban, ha assunto sull’immigrazione.

Ma è il caso di guardare anche dall’altra parte del limes. Puntando i riflettori su Subotica, la città serba di confine che fa da “hub”, se così si può dire, per coloro che cercano di superare la frontiera e dunque entrare nel territorio europeo. A Subotica non ci sono strutture di accoglienza, né servizi: i migranti arrivano e cercano di ripartire. Lo fanno spesso senza dare nell’occhio, sfruttando le infrastrutture dei trafficanti. Ma alcuni di loro si fermano qualche giorno in una vecchia fabbrica di mattoni, alla luce del sole. È lì che Tibor Varga, pastore calvinista membro dell’associazione Eastern European Outreach, dà loro una mano. Per quel che può. L’abbiamo sentito telefonicamente.

Attualmente quanti migranti ci sono a Subotica?

Credo sulle duecento persone.

Ma non sono un po’ poche, rispetto al numero di migranti transitato in Ungheria in questi primi mesi dell’anno? Frontex parla di 50000 ingressi non regolari. Le richieste di asilo, solo nel primo trimestre, sono state 32800.

No, non ci sono controsensi. Quando dico duecento persone mi riferisco alle persone che mediamente, nell’arco di una giornata, arrivano in città. Restano poco tempo. Uno, due giorni. Poi tentano di passare il confine. Ma molti di loro lo fanno in segreto, appoggiandosi ai canali del traffico di migranti. Pertanto a Subotica il colpo d’occhio può tradire. Oltre a questo c’è da dire che i migranti sono concentrati in un fazzoletto di terra: quello che sorge tra una vecchia fabbrica di mattoni e la linea ferroviaria che porta a Belgrado.

Lei fornisce loro assistenza proprio in questo posto. Che condizioni ci sono?

Sono estreme. Questa gente non ha acqua potabile. L’unica acqua di cui dispone serve a lavarsi, non è potabile. Manca anche il cibo. Noi cerchiamo di fare il possibile, ma non è facile. Non abbiamo sostegni da parte del governo o di grandi organizzazioni. Diverse persone, inclusi i giornalisti, si stanno interessando negli ultimi tempi a questa storia. Vengono qui a vedere. Nessuno porta ai migranti qualcosa, fosse anche un pezzo di pane o due litri d’acqua. Con questo intendo dire che non ci sono aiuti pubblici o di grandi organizzazioni, ma se i singoli iniziassero a prestare aiuto questa storia potrebbe raggiungere una platea più ampia di persone e innescare solidarietà.

La gente di Subotica come si rapporta ai migranti?  

La loro presenza non ne tange più di tanto la quotidianità. Qualcuno a ogni modo è timoroso, soprattutto nelle giornate in cui arrivano molti migranti o quando costoro si recano nel centro della città. Direi tuttavia che nel complesso la situazione è tranquilla. Non ci sono mai stati incidenti, almeno da quando assisto queste persone.

Se il governo ungherese costruisse davvero questo muro pensa che i migranti non passerebbero più da Subotica? Crede che cercherebbero di entrare in Europa da altre frontiere?

Potrebbero insistere sui confini con la Croazia e la Romania, cercando nuove vie di ingresso in Europa. Ma non escludo che possano studiare modi più sofisticati di superamento della frontiera. D’altro canto questa è la via più breve e consolidata all’Europa. Dalla Serbia all’Ungheria, dall’Ungheria all’Austria, dall’Austria alla Germania. Prima ancora, risulta agevole l’arrivo in Serbia, via Macedonia. Il confine non è ermetico, si può passare abbastanza bene. Questa via è praticata da anni. 


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