Besnik Bajrami/K2.0

Dopo un lungo e contestato iter approvata in Macedonia una legge che prevede che l'albanese sia lingua ufficiale, al fianco del macedone, su tutto il territorio nazionale

(Originariamente pubblicato da Kosovo 2.0 il 20 marzo 2018)

Con il voto a favore di 64 su 120 deputati, il parlamento della Macedonia ha approvato, il 14 marzo scorso, la Legge sull'uso delle lingue, nonostante i 35.000 emendamenti proposti e le forti obiezioni delle opposizioni. Da ora in poi, se la legge verrà implementata, verrà esteso in tutta la Macedonia l'uso della lingua albanese in comuni, ospedali e tribunali.

L'approvazione della legge è avvenuta nonostante ci fosse chi la contrastasse in seno al parlamento e al di fuori e con tentativi di entrambi gli schieramenti di spingere la situazione a proprio vantaggio. I media sulla questione hanno dimostrato quanto sanno essere polarizzati e, al centro dell'attenzione è risultato più l'antagonismo tra i protagonisti della disputa piuttosto che i contenuti in sé della legge.

Nel frattempo i cittadini macedoni hanno ricevuto poche informazioni sostanziali per farsi un'idea nel merito sulla legge e su tutto ciò che circonda la sua approvazione.

Furkan Saliu, giornalista di TV21, sostiene che è proprio la mancanza di un dibattito serio il punto più dolente dell'approvazione di questa legge. Si sofferma poi sulle proteste di un gruppo di cittadini – qualche migliaio secondo quanto riportato dai media – che si sono riuniti davanti al parlamento per protestare contro l'approvazione della legge.

“Il fatto che vi siano persone che protestano contro la legge perché credono che non saranno più in grado di utilizzare la lingua macedone presso le istituzioni dimostra come i media abbiano fallito nello spiegare i cambiamenti previsti”, ha dichiarato Saliu a Kosovo 2.0. “Non dimentichiamoci che l'albanese era già lingua ufficiale e che vi era una legge che lo prevedeva”.

Molti dei diritti delle minoranze in Macedonia derivano dagli Accordi di Ohrid dell'agosto del 2001 che posero fine al conflitto tra albanesi e macedoni. L'accordo venne sottoscritto dall'ex presidente Boris Trajkovski e dai quattro principali partiti politici dell'epoca. Tra le altre cose prevedevano il diritto ad un utilizzo più ampio della lingua albanese incluso il suo divenire lingua ufficiale dove la comunità albanese rappresentava più del 20% della popolazione.

Ora la nuova legge rende ufficiale l'albanese su tutto il territorio macedone – un paese nel quale la comunità albanese rappresenta circa un quarto della popolazione – prevedendo venga utilizzato in tutte le istituzioni. Inoltre viene creata un'agenzia speciale che avrà il compito di monitorare l'utilizzo effettivo delle lingue nelle istituzioni.

La nuova legge viene vista come un passo positivo sia dall'Albania che dal Kosovo. Il presidente kosovaro Hashim Thaci ha dichiarato a Kosova TV che l'adozione della nuova legge è una buona notizia per tutta la regione.

Legge incostituzionale?

Rendere su tutto il territorio nazionale l'albanese lingua ufficiale è una delle promesse che il primo ministro Zoran Zaev ha fatto creando la maggioranza di governo con partiti politici albanesi nel marzo 2017. Questa posizione viene fortemente criticata dal VMRO-DPMNE che lo accusa di tradire gli interessi nazionali macedoni.

Nel luglio scorso il partito albanese Alleanza per gli albanesi ha minacciato di ritirare il proprio appoggio al governo se la legge non fosse stata approvata rapidamente. Nel gennaio quest'ultima passò in parlamento ma venne bloccata dal presidente Gjorge Ivanov, che affermò fosse incostituzionale. Ivanov, che proviene dalle fila del VMRO-DPMNE, ha ottenuto il sostegno di un ceto numero di accademici, organizzazioni della diaspora e politici di estrema destra. Questi ultimi argomentano che la legge, nella sua forma attuale, mina lo status costituzionale della lingua macedone introducendo il bilinguismo ed una sorta di identità nazionale binaria.

Dopo il veto la legge è ritornata nelle mani dei parlamentari e l'opposizione ha presentato 35.000 emendamenti. Tutti questi sono stati ignorati dato che i Socialdemocratici dell'SDM hanno deciso che la legge doveva essere approvata senza alcuna modifica.

Dal gennaio scorso i deputati dell'opposizione non partecipano più ai lavori dell'assemblea e la legge è stata discussa solo in incontri tra il presidente del parlamento e i coordinatori dei singoli gruppi parlamentari.

Prima del voto di mercoledì 14 marzo addetti alla sicurezza in parlamento hanno dovuto dividere con la forza l'ex primo ministro e leader di VMRO-DPMNE Nikola Gruevski e il presidente del parlamento Talat Xhaferi; mentre, prima del voto, saliva la tensione, Gruevski si è avvicinato a Xhaferi ed ha tentato di interferire con l'equipaggiamento elettronico del suo banco, e questo ha portato ad un breve alterco tra i due.

Alla fine i deputati del VMRO-DPMNE non hanno preso parte al voto ribadendo che la legge è incostituzionale e che non contribuirà a migliorare i diritti della comunità albanese.

Profonde divisioni

La copertura mediatica dell'intero processo di approvazione della legge ha dimostrato non solo quanto sono divisi i media locali ma anche le difficoltà dei giornalisti nell'andare alle radici di questioni così complesse in un contesto politico polarizzato.

Secondo Dusica Mrgja, caporedattrice a Television 24, l'adozione della legge è stata accompagnata da molta confusione e poco dibattito. A suo avviso la copertura della questione è stata molto complessa date le argomentazioni così divaricanti tra governo e opposizione.

“Entrambe le parti hanno manipolato la situazione. Il governo ha manipolato le procedure e l'interpretazione di queste ultime, continuando però ad insistere sul fatto che si procedesse secondo Costituzione, anche se molti professori emeriti contestavano questa posizione”, spiega a K2.0.

“Il governo ha tentato di far passare il fatto che tutti coloro i quali criticavano la legge erano contro i diritti degli albanesi... D'altro canto l'opposizione ha manipolato i sentimenti nazionali, giocando sulle relazioni interetniche”.

Concorda Vesna Velkova, di Channel 5 Television, che racconta di aver tentato di avere maggiori informazioni in merito alle procedure da parte di membri del parlamento, ma con poco successo. “Ho provato a fare domande in modo che il presidente del parlamento potesse rispondere alle accuse di non aver rispettato le procedure parlamentari che, secondo le opposizioni, avrebbero richiesto l'esame degli emendamenti proposti – ha spiegato a K2.0 – ma invece di rispondermi nel merito mi ha detto qualcosa di completamente diverso, una risposta che ha lasciato l'impressione che la legge sia stata approvata in modo incompleto”.

Velkova e Mrgja ritengono entrambe che l'intero processo si sia svolto senza la dovuta trasparenza e aggiungono che si aspettavano che le cose cambiassero con la nuova amministrazione, ritenuta in grado di cambiare il modo con cui si fa politica in Macedonia.

Mefail Ismaili, giornalista di TV Shenja, sottolinea dal canto suo che le ambiguità presenti nel testo della Costituzione e nelle regole procedurali del parlamento hanno permesso differenti interpretazioni e questo ha messo i media alla prova durante le votazioni. “È stato molto difficile. E la ragione principale sono le grandi lacune non solo nelle regole procedurali, ma anche nella costituzione”, ha raccontato a K2.0. “Per queste mancanze i partiti politici hanno avuto gioco facile a interpretare le regole a seconda del proprio vantaggio politico. La mia opinione è che le istituzioni non siano state abbastanza trasparenti né prima né dopo l'approvazione di questa legge”.

La legge è ora passata ma la confusione sembra regnare ancora. Il presidente Ivanov ora non ha più alcun potere di veto e l'unico modo che ha per bloccare la legge sarebbe quello di chiedere il suo annullamento, o di alcune delle sue previsioni, alla Corte costituzionale.

Alla vigilia di queste controversie e di tutta questa confusione, nel suo intervento a seguito della prima adozione della nuova legge, il primo ministro Zaev aveva dichiarato che la nuova legge avrebbe fatto del bene a tutti e che avrebbe contribuito alla coesistenza tra macedonia e albanesi, e che nessuno avrebbe perso alcunché.

Se questo cosiddetto “bilinguismo” aiuterà effettivamente ad avvicinare i cittadini o non contribuirà invece a dividerli ulteriormente è qualcosa che solo il tempo potrà dire.

Nei vari commenti apparsi sui social media negli ultimi giorni uno è particolarmente sagace. Vi si afferma che ora finalmente i cittadini macedoni potranno ufficialmente dire in due lingue “Siamo affamati”.

Ma non è chiaro se legislatori e politici saranno in grado di capire il messaggio.


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