Tre giorni trascorsi nella capitale albanese Tirana, dall'antevigilia al giorno del voto per le amministrative. Un diario elettorale che racconta di periferie, pic nic, concerti per l'Europa e rischi di brogli elettorali
Venerdi 6 maggio
Il primo fermo immagine non è incoraggiante. La superstrada che unisce la capitale dell'Albania a Durazzo, in non più di un quarto d'ora ci conduce all'estrema periferia di Tirana.
Di lato, di poco arretrati rispetto alle corsie, quando non addirittura incombenti su di esse, alberghi, motel di varie fogge e una sequenza pressoché incalcolabile di bar, gazebo con frutta, ristorantini dagli stili decontestualizzati, e "lavaz spezial", per intenderci ragazzini con una scopa e una spugna strapazzata dentro un secchio d’acqua nera in attesa di un automezzo di passaggio da lavare per i lek di un burek o un hot-dog.
Insomma, la porta dell’Albania che conosciamo da anni, rassicurante perché sempre uguale a se stessa e sempre un po’ estrema con il suo repertorio da una parte di modernità aggressive con i suoi empori ordinatissimi (fin troppo!) di status symbol, automobili soprattutto; dall'altra il bric a brac che accoglie sui marciapiedi della periferia, in un sequel interminabile.
Ma è tempo di elezioni amministrative. Si eleggono i sindaci del Paese, compreso quello della capitale. Elezioni decisive per il futuro immediato del Paese, una prova del nove per i due schieramenti maggiori dopo il black-out istituzionale con la maggioranza di Berisha in double face, di lotta e di governo e il Partito socialista di Edi Rama sull’Aventino orgogliosamente fermo nel proposito irrealistico di far annullare l’esito delle ultime elezioni politiche.
I Democratici e i Socialisti sono chiamati ad una prova di responsabilità istituzionale sotto gli occhi attenti quanto preoccupati degli osservatori internazionali e soprattutto dell’UE non proprio convinta della maturità democratica del Paese delle aquile in vista della sua piena integrazione europea.
Cornice inevitabile un delirio di bandiere di ambedue gli schieramenti appese ovunque insieme ai manifesti dei candidati sui muri delle abitazioni lungo Rruga Durres, Kavaia, Elbasan e automobili, non poche con targhe contraffatte (chissà perché?), strombazzanti, da cui spuntano le bandiere dei partiti pericolosamente inclinate verso la strada.
Ore 20.00 piazza madre Teresa di Calcutta. Grande folla per il comizio di chiusura di Berisha & Basha. Nulla di nuovo. A colpo d’occhio pochi, pochissimi i giovani, molti quelli di mezza età. Un tripudio di bandiere. Poi l’orchestra pop-rock e i fuochi d’artificio. Elezioni all’americana. Dispendio di denaro. Ma chi paga? Più sobria la chiusura di Edi Rama al palazzetto dello sport: orgoglio e preoccupazione per l’esito delle elezioni.
Sabato 7 maggio
Il 21 gennaio scorso - con l’imprevista (anche qui l’interrogativo è d’obbligo) esplosione di violenza tra la folla dei manifestanti pro-Rama e la polizia e ben quattro morti ammazzati sul boulevard, tra piazza Skandenberg e piazza madre Teresa di Calcutta - sembra in apparenza rimosso. Più che rimosso appare letteralmente dimenticato dai Democratici, dopo le incredibili accuse di complotto antigovernativo al Presidente della Repubblica e al Procuratore generale.
Berisha da attore consumato qual è, e regista da sempre della politica albanese, con un coup de theatre dei suoi mette in pista il giovane Lulzim Basha, ministro degli Interni (ora dimissionario) nei drammatici giorni di gennaio. Quest'ultimo non paga pegno né politico né giudiziario per quelle giornate drammatiche. Tutt'altro, viene candidato a sindaco contro Edi Rama.
Basha tra i malumori dei tanti numeri due di Berisha, si sussurra sia il delfino di Berisha. Il candidato dei Democratici, personaggio sveglio quanto spregiudicato, cresciuto all’estero, è già un consumato comunicatore mediatico. Su una tivù locale tiene banco per più di un’ora, faccia da bravo ragazzo e faccia tosta sui temi della città che non sembra conoscere al meglio.
Raccolgo le impressioni del mio amico fraterno E. che è un uomo di rara onestà intellettuale. Intellettuale lui stesso, osservatore spregiudicato del suo Paese, insomma non uomo di parte. Come il cinquanta per cento della popolazione è scettico sulle prospettive politiche dell’Albania.
Mi dice di temere brogli elettorali massicci.”Vuoi un esempio?”, mi chiede. Racconta: “Dei milioni e passa di emigrati all’estero tra la Grecia e l’Albania quanti rientreranno per votare? Pochissimi dall’Italia. Di più dalla Grecia, interessata a far vincere i “suoi” candidati. Vecchia questione questa. Ci sono di mezzo interessi economici a non finire. Bene, in giro circolano migliaia di carte di identità di albanesi non rientrati. A che serviranno? Lo vuoi sapere? Quelle carte di identità serviranno nei seggi a materializzare all’improvviso le Teuta, i Gezim, le Aline, Agim, Theodor, Edmond, non rientrati in patria per l’occasione”.
Tentativi di brogli bipartisan? chiedo.”No”, mi risponde E. senza alcun indugio ”soltanto la pervasività della macchina da guerra elettorale che è anche istituzionale di Berisha può arrivare a tanto con la massima tranquillità di non essere scoperta”.
Nel parco di Tirana ancora affascinante , nonostante il lago abbandonato a se stesso disegnato da un’ipertrofica produzione di alghe da colibattteri e aggredito da una speculazione edilizia da far spavento, frotte di giovani e giovanissimi corrono lungo una ciclabile sconnessa, ridono, scherzano, si danno la voce. Qualcuno porta a passeggio il cane. Le famiglie, tante, con bambini e nonni, accoccolati su coloratissime coperte aprono le borse da pic-nic in attesa del tramonto, che si annuncia dolcissimo. E’ un'altra Tirana. Lontana, lontanissima dai clamori eccessivi della campagna elettorale. Disincantata forse, ma per certo con una gran voglia di normalità.
Ore 19.00. Palazzo dell’Opera. Concerto di musica classica in occasione della festa dell’Europa per iniziativa della delegazione dell’UE. Programma di sala gradevolissimo da Harapi a Vivaldi passando per Mozart e Boccherini. Bravissime Suela Mullaj violinista solista di grande talento e la soprano Ardita Mani dalla voce talentuosa. Ottima la direzione del maestro Palumbo. Numerosissime le autorità provenienti anche dall’estero, clima disteso. Il padrone di casa è naturalmente il Capo delegazione dell’UE, l’ambasciatore Ettore Sequi. Un sobrio saluto agli ospiti in sala con la bella immagine, assai pertinente, di un’Europa come una grande orchestra fatta di solisti, ma per un unico grande concerto. In sala anche il primo ministro Sali Berisha. Successo rotondo dell’iniziativa.
Domenica 8 maggio
Mattina .Una giornata estiva, luminosissima, allegra, come sa offrire Tirana quando è Tirana. Folla ordinata ai seggi, senza fretta. La giornata elettorale sarà lunga. Si spera non troppo. Vorrebbe dire che qualcosa non ha funzionato. Exit pool autorevoli, sulla capitale darebbero il candidato Democratico Basha in testa di qualche punto sul sindaco uscente Edi Rama. Ma nelle ultime ore Rama avrebbe recuperato qualcosa sul suo avversario dopo aver smesso i panni dell’oppositore senza se e senza ma, per vestire quelli dell’uomo di governo con concrete proposte per la città di cui è stato sindaco amato e ammirato e negli ultimi tempi anche contestato. Staremo a vedere.
La giornata elettorale trascorre in una calma apparente. Sembra che gli appelli degli “internazionali” ai candidati affinché, in attesa dei risultati, non esternino sui media con dichiarazioni che fomentino la tensione tra le fazioni siano stati ascoltati.
Misurati, nei TG della sera, i primi commenti a urne chiuse di Basha e Berisha e altri leader su Klan e Top Channel e sulla tivù di stato. Rama usa un tono altrettanto pacato ma durissimo nella sostanza: ”Queste elezioni sono bellissime in tivù e bruttissime nella realtà”. Si riferisce naturalmente a possibili brogli.
E’ sera. Io e mia moglie siamo ospiti a cena da vecchi amici, nel loro appartamento in cima ad un palazzo nel cuore di Tirana. Da lì si può ancora ammirare il Dajti ( il monte di Tirana che dà il nome allo storico albergo costruito dagli italiani e reso famoso da Kadarè nel suo “Generale dell’armata perduta”). Non vi è alcun schermo obbrobrioso da parte dei nuovi grattacieli pretenziosi che infestano il centro di Tirana.
I nostri amici sono espressione di una middle class albanese ( non sappiamo quanto diffusa) assolutamente europea, per stili di vita e consapevolezza dei problemi che imbrigliano lo sviluppo del Paese delle aquile. La televisione è accesa e scorrono le immagini di interminabili dibattiti tra i politologi di turno. Con loro anche il figlio e la futura nuora.
Sono due giovani laureati e hanno già un impiego. Raro, rarissimo nell’Albania di oggi a quell’età. Appartengono all’ultima generazione, quella cresciuta dopo la crisi del ’97. Ma non hanno, dei ventenni e trentenni di quella stagione, l’entusiasmo e la sensazione di essere attori di un nuovo inizio.
”Ci hanno rubato la speranza!” dice lei, alludendo alla politica, in un italiano senza accento. E aggiunge: ”Sono andata oggi a votare e non mi sentivo sicura, sicura che la mia scheda non fosse poi manipolata.” “Sai cosa ci succede? Cosa succede a noi giovani quando siamo in compagnia?”si ferma un attimo e cerca gli occhi, quasi per una conferma del fidanzato. Poi riprende: ”Quando ci capita di commentare la politica albanese, dopo il 21 gennaio, abbassiamo la voce, temiamo di essere ascoltati”. “Capisci?” ora incalza lui,”è vero, c’è un senso di insicurezza in giro. I colpevoli di quelle morti, poliziotti e politici, non saranno mai puniti. E tutto alla luce del sole e nell’indifferenza del mondo e degli “internazionali”. Sono passati tre mesi e tutto è come prima, come se non fosse successo niente”.
E’ tardi,un abbraccio e, naturalmente, un “arrivederci” a presto con un po’ di commozione. Regular.
Ennio Grassi Sociologo della letteratura, è stato parlamentare alla Camera dei Deputati, Consigliere Diplomatico a Tirana e Consigliere scientifico presso il Ministero della Pubblica Istruzione e il Ministero degli Affari Esteri Italiani.