danielo/Shutterstock

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Nuova escalation nella guerra doganale tra Kosovo, Serbia e Bosnia Erzegovina: Pristina ha alzato al 100% i dazi sulle merci serbe e bosniache, provocando le proteste di Belgrado, Sarajevo e dell'Unione europea. Francesco Martino (OBCT) per il GR di Radio Capodistria [22 novembre 2018]

È ormai scontro aperto tra Pristina, Belgrado e Sarajevo sulle tariffe doganali. Nella giornata di ieri il governo kosovaro ha nuovamente ritoccato i dazi sui prodotti in entrata da Serbia e Bosnia Erzegovina, portandoli al 100%.

La tensione era cominciata due settimane fa, con l'introduzione di una prima tariffa al 10%: come più volte minacciato, però, il governo guidato da Ramush Haradinaj ha deciso di portare lo scontro ad un livello più alto, poche ore dopo che il tentativo di Pristina di essere ammessa nell'Interpol è naufragato per l'ennesima volta.

Secondo le parole del premier kosovaro, le nuove tariffe sono una misura di ritorsione contro le politiche “ostili” di Belgrado, con una mossa che coinvolge però anche Sarajevo, “rea” di non riconoscere l'indipendenza dichiarata da Pristina nel 2008. “Elimineremo i dazi quando la Serbia ci riconoscerà come stato indipendente”, ha dichiarato ai giornalisti Haradinaj, aggiungendo poi che “Belgrado capisce soltanto il linguaggio della forza”.

La sfida lanciata dal Kosovo ha sollevato vive proteste sia in Serbia che in Bosnia. Nonostante la prima reazione negativa del presidente Aleksandar Vučić, il ministro del Commercio serbo, Rasim Ljajić, ha però annunciato che Belgrado per ora non intende rispondere con misure analoghe. “Alla follia non si risponde con la follia”, ha dichiarato Ljajić.

Contro i dazi kosovari, che sono in contrasto con gli accordi di libero scambio nell'area centro europea, si è schierata con forza anche l'Unione europea, che ha invitato Pristina ad un immediato passo indietro.

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