Assolti 8 poliziotti accusati di crimini di guerra. Opinione pubblica divisa, i nazionalisti plaudono, gli altri si chiedono come uscire dall'impasse morale nella quale ci si trova.
Traduzione di un articolo di Milica Cubrilo, pubblicato su Diplomatie Judiciaire.

29/11/2002 -  Anonymous User

Otto poliziotti croati accusati di crimini di guerra per tortura e sequestro di persona sono stati assolti da un tribunale di Spalato. Il processo ha mostrato con chiarezza la difficoltà di giudicare su tali crimini a livello nazionale.
"Nel 1992 non era possibile commettere crimini di guerra" ha stimato il tribunale di Spalato quale giustificazione alla base dell'infondatezza dell'accusa nei confronti di otto poliziotti croati. "A Spalato non vi è stato né conflitto armato né occupazione. E non si possono commettere tali crimini contro i propri concittadini". Al termine di cinque mesi di processo e dieci anni dopo che i fatti si erano compiuti, questo tribunale del sud della Croazia ha dichiarato, all'unanimità, innocenti questi poliziotti accusati di aver torturato sia psicologicamente che fisicamente 80 civili, per la maggior parte serbi e montenegrini nati e residenti in Croazia. Questo nel campo militare di Lora. Due delle vittime morirono in seguito alle percosse: Nenad Knezevic e Gojko Bulovic. Il verdetto senza dubbio dividerà l'opinione pubblica croata e provocherà un vero e proprio choc in seno alle associazioni che si occupano della difesa dei diritti umani, sconvolti da questa "farsa di processo".

Il giudice/presidente al centro della polemica

"una decisione che ci si attendeva" è la considerazione di Savo Strbac, direttore del centro di documentazione e d'informazione Veritas. Il contenuto della sentenza si intuiva già dai modi con i quali il Presidente della corte dirigeva il dibattimento. Il giudice, Slavo Lozina, sulla quarantina, capelli rasati ed occhiali da sole, non prova nemmeno a distanziarsi da un'apparenza di "cattivo ragazzo". La sua autorità è stata contestata durante tutta la durata del processo. All'apertura del dibattimento il folto pubblico presente si mette ad applaudire gli imputati ed il giudice Slavo Lozina non trova altro di meglio da fare che complimentarsi per una recente vittoria della nazionale di calcio.
Le testimonianze di personaggi chiave nel processo vengono ignorate motivando che "contestano l'esercito croato". Lo stesso giudice rifiuterà di inserire nel dossier del processo le testimonianze dei sopravvissuti alle violenze ora residenti per la maggior parte in Serbia, Montenegro e Bosnia. Questi ultimi inoltre verranno sistematicamente invitati ad apparire davanti al giudice solo all'ultimo momento. E la loro assenza viene interpretata come assunzione di colpa da parte loro. "Non vengono perché sono ex-prigionieri e criminali" ha affermato in modo perentorio Slavo Lozina. Nel suo rapporto 2002 Amnesty International riporta le gravi intimidazioni nei riguardi dei testimoni e le minacce subite dalle loro famiglie, non senza la complicità della polizia. "In questo modo prima o poi finiscono per ritrattare tutto", si afferma nello stesso rapporto, "né il presidente della corte né la polizia prendono provvedimenti per assicurare l'ordine nella sala delle udienze dove circa 80 persone minacciano permanentemente i testimoni e mancano di rispetto alle vittime".
Il presidente della corte risponde alle lamentele della autorità jugoslave senza badare a diplomazia: "I tempi nei quali da Belgrado si nominavano i giudici a Spalato sono terminati, le lamentele jugoslave rappresentano ingerenza nei nostri affari interni".

Un giudice nazionalista

E' nazionalista e ne è fiero. Membro di un comitato che difende l'onore della "guerra per la patria", Slavo Lozina non si esime dal partecipare alle manifestazioni organizzate dall'estrema destra. Al concerto di Mark Thompson, brulicante di simboli ustascia è sul balcone della autorità circondato dalle mogli degli accusati nel processo Lora, e saluta un pubblico profondamente ostile al Presidente croato Stipe Mesic.
Una parte della autorità ha provato a reagire. Dopo lo scandalo causato dalla presenza del giudice al concerto il presidente della Corte Suprema, Ivica Crnic, chiederà che provvedimenti nei suoi confronti vengano presi. Invano. Il Ministro della giustizia tenterà di iniziare un procedimento disciplinare: ma che si risolverà in un fallimento.

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Una parte dell'opinione pubblica croata certo ha approvato con entusiasmo questa visione un po' parziale e di parte della giustizia. A Spalato il verdetto di innocenza sarà applaudito da una sala di tribunale colma, composta da tutti i notabili della regione. "L'opinione pubblica croata è comunque divisa" ritiene Sonja Biserko, presidente del Comitato di Helsinki di Belgrado aggiungendo che questo caso dimostra come le autorità nazionali non siano in grado di giudicare sui crimini di guerra.

Una sconfitta dell'attuale governo

La questione è delicata e molti politici hanno deciso di non pronunciarsi in merito. Per contro la stampa croata pro-europea e progressista si è occupata lungamente ed in profondità della questione. Secondo Davor Butkovic, ex redattore capo di Globus, ora editorialista presso il quotidiano Jutarni List, si tratterebbe di "una vera e propria sconfitta del governo attuale nei confronti della destra croata radicale". "Questo dimostra che una parte dell'opinione pubblica ritiene si possa uccidere, torturare, abusare di qualcuno se questo permette di raggiungere certi scopi o, peggio ancora, se questo riesce a soddisfare l'odio. Se è questo il caso, sette anni dopo la fine della guerra, la società deve affrontare un grande problema morale, al quale per ora non si intravede soluzione all'orizzonte".
Jelena Lovric, di Fiume, non è più tenera. "Il verdetto è il coronamento di un processo vergognoso che ha invertito Giustizia e circo politico". Nel processo la Lovric vede la dimostrazione che il Tribunale Internazionale dell'Aja è indispensabile alla Croazia. "Nessuno in Croazia è stato condannato per crimini di guerra e le accuse del TPI vengono accolte con il coltello in mano. Non si intende far fronte alla pesante eredità del passato, spetta alla comunità internazionale fare pressione e forzare questo processo". Questa pressione è venuta solo in parte in ogni caso dal Segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan che, durante una recente visita a Zagabria, si è felicitato senza condizioni con la Croazia (...).