Produzione, marchi di qualità e promozione. Due ONG italiane e quasi 400 produttori locali investono sulla tradizione culinaria e sui prodotti tipici per il rilancio dell'economia locale e del turismo rurale in Erzegovina

08/08/2008 -  Dario Terzić

La crisi d'identità è un processo che la Bosnia Erzegovina vive da anni e che coinvolge elementi geografici, politici, linguistici. Forse un aspetto della vita sociale del paese non subisce tale crisi. Stiamo parlando dell'identità culinaria. Basta dire Bosnia e tutti coloro che sono passati da queste parti si ricorderanno subito di ćevapčići, pita, e così via. La cucina bosniaco-erzegovinese è ricca e piace molto agli stranieri. Oltre alle specialità gastronomiche non dimentichiamo i vini, la grappa (rakija) e i formaggi tipici.

Tuttavia, anche in questo settore manca quello che in Bosnia Erzegovina manca a livello generale, un sistema. Mancano i marchi, ossia i prodotti tipici, registrati, riconosciuti. In Bosnia ci sono tantissimi piccoli produttori che non riescono ad affermare i loro prodotti sul mercato. E inoltre, il paese, ancora fuori dall'Unione Europea, deve fare ancora tantissimi passi per poter entrare nel sistema normativo europeo.

"Tutela e valorizzazione dei prodotti agricoli tradizionali di pregio dell'Erzegovina", è questo il titolo di un progetto finanziato dal ministero italiano degli Affari Esteri, realizzato dalle ONG Ucodep e Cefa. I settori di produzione nei quali il progetto si prefigge di intervenire sono il caseario (formaggio di Livno e formaggio nel sacco di Nevesinje), il settore dell'apicoltura e della produzione di miele nell'area di Trebinje, ed il settore vitivinicolo.

 Molti turisti che hanno visitato la Bosnia Erzegovina rimangono positivamente colpiti dai prodotti tipici come il kajmak, o i formaggi di Livno e quello nel sacco. Per esportarli fuori dalla Bosnia ci sono tuttavia tantissime difficoltà amministrative e doganali. Per i prodotti del settore apistico e vitivinicolo è un po' più facile perché la normativa europea è meno rigida. Però per poter pensare all'esportazione sul mercato europeo di questi prodotti tipici è necessario creare i veri marchi di qualità. E lì molte cose ancora non funzionano. Queste sono le principali motivazioni del progetto che ci vengono illustrate da Sorinel Ghetau di Ucodep e Nicola Tiezzi di Cefa.

Il formaggio di Livno, ad esempio, dovrebbe essere prodotto utilizzando l'80 % di latte di pecora e il 20% di latte vaccino. I produttori bosniaci, tuttavia, non rispettano questa proporzione e vendono con lo stesso nome formaggio con una percentuale di latte di pecora inferiore al 20 % . Inoltre, per questo tipo di formaggio dovrebbe essere usato latte non pastorizzato. Lo sforzo quindi sta nel creare un sistema di regole per poter contrassegnare i prodotti tipici attraverso un marchio che li renda riconoscibili e sicuri.

Prima di questo progetto, che finirà nell'aprile 2011, ne è stato realizzato un altro, "I sapori dell'Erzegovina", anch'esso dedicato ai piccoli produttori e al miglioramento della qualità delle produzioni agro-alimentari della regione dell'Erzegovina, finanziato dalla regione Toscana.

Al momento ci sono 23 piccoli produttori del formaggio di Livno che collaborano con Ucodep. In questo processo è inoltre molto importante coinvolgere le istituzioni locali - governative e non - per poter raggiungere l'ambita qualità. Sarà certamente un processo complesso e lungo. Ma un accordo si potrebbe trovare per poter realizzare un prodotto di grande qualità che rispetti anche le regole di sicurezza igienico-sanitaria.

Dalla zona occidentale dell'Erzegovina ci spostiamo verso quella orientale, a Nevesinje dove viene prodotto il particolare formaggio nel sacco, e a Trebinje per i prodotti a base di miele.

In totale, nel progetto sono coinvolti circa 390 produttori, più funzionari pubblici e giovani. Si lavorerà per migliorare le competenze delle pubbliche amministrazioni, così come per aumentare la qualità e la quantità della produzione locale.

Nell'ambito dello stesso progetto è inoltre inclusa la produzione dei vini, e qui troviamo gli esperti che lavorano per la Cefa. Questa parte del progetto riguarda la zona di Buna e Stolac (nei pressi di Mostar) dove esitono le già note specie Žilavka (vino bianco) e Blatina (vino rosso). Anche in questo caso l'obiettivo è il miglioramento della qualità dei prodotti e la creazione di marchi locali. Nel progetto sono coinvolti 60 piccoli produttori. Certo, il lavoro per ottenere un buon prodotto è tanto, dalla piantagione all'imbottigliamento.

Una volta realizzati e 'incartati' bene, questi prodotti potranno essere presentati. E per questo ci sono le fiere. Ad ottobre, i prodotti nati nell'ambito di questo progetto andranno a Torino al noto 'Terra madre', nell'ambito del Salone del Gusto, dove a parte i formaggi e il vino saranno presentati anche la prugna gialla, il fagiolo "poljak", tutto con la partecipazione di due cuochi della Bosnia Erzegovina.

Un aspetto importante del progetto è il significativo coinvolgimento di giovani produttori. Le attività di pomozione dei vari prodotti tipici, inoltre, permetteranno un più efficacie marketing territoriale. E potenzialmente un rilancio del settore turistico e dell'occupazione. In particolare, il turismo rurale sembra offrire numerose prospettive. Nell'intento di promuovere il territorio sono stati coinvolti nelle attività del progetto altri soggetti come "Green tour" di Sarajevo e l'associazione "Sapori di Erzegovina".

Ci auguriamo che ad assaggiare il formaggio di sacco verrà un sacco di gente. L'Erzegovina ha tanto da offrire. Ma prima deve essere scoperta. Come territorio e come marchio. Il futuro può nascere qui, dalle risorse locali.


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