Giorgio Di Giuseppe 3 marzo 2015

Domenica scorsa si è concluso, al Museo Revoltella di Trieste, il programma di celebrazioni del 75’ anniversario della tragedia mineraria della miniera di Arsia, in Istria. Riceviamo e volentieri pubblichiamo

La manifestazione che si è svolta, in tre giorni, sia a Trieste sia ad Albona, (Rasa) ha avuto grande successo ed ha visto la partecipazione di numerose personalità e associazioni italiane e croate che hanno mostrato un vero spirito di collaborazione e riconciliazione transfrontaliera.

“La tragedia dell’Arsia, in Istria, in cui nel 1940 persero la vita 186 minatori, rappresenta una pagina tragica della storia umana, che non possiamo e non dobbiamo mai dimenticare. A quei 186 morti sulla trincea del lavoro oggi l’Ugl tributa un doveroso e caro ricordo”. Lo ha dichiarato il segretario confederale dell’Ugl, Geremia Mancini, aggiungendo che “purtroppo di questo tragico avvenimento si è sempre parlato meno e sempre troppo poco si è detto. Ecco perché oggi più che mai riteniamo doveroso inchinarci dinanzi a quei minatori, dinanzi al loro sacrificio che per molti anni ha rappresentato ricchezza per il resto del Paese”.

Inoltre per il sindacalista “è altrettanto opportuno restituire agli italiani la memoria di un loro grande concittadino minatore, Arrigo Grassi, un vero e proprio eroe che, scampato alla tragedia, si prodigò oltre ogni umano sacrificio per salvare i suoi amici e colleghi, e per il cui gesto gli fu assegnata la Medaglia d’oro al valor civile. Purtroppo, ha poi concluso Mancini, la tragedia dell’Arsia rappresenta una macchia indelebile della nostra storia, e ricordare quanto avvenuto è doveroso sia nei confronti di quanti sacrificarono la loro vita per il benessere del Paese sia per le tante famiglie che allora persero i propri cari”.

Il sindaco di Arsia Glorija Paliska Bolterstein in occasione della firma del gemellaggio con il comune di San Giorgio di Nogaro sulla triste vicenda ha dichiarato: “E' un grande onore per noi ricordare la tragedia mineraria insieme agli amici di San Giorgio. Questa triste vicenda comincia ad ottenere il giusto spazio. E’ doveroso quindi rendere omaggio ai minatori e alle loro famiglie.”

L’Associazione Veneziani nel mondo, ha quindi immediatamente lanciato la proposta di far erigere un monumento commemorativo che rappresenti tutte le vittime. L’idea è stata accolta favorevolmente dal sindaco Bolterstein e dall’intero consiglio comunale e si pensa che in tempi relativamente brevi verrà realizzata l’opera commemorativa.

Dopo le sanzioni ai danni dell’Italia per l’aggressione all’Etiopia e la svolta economica autarchica decisa da Mussolini, le miniere di lignite dell’Arsa erano diventate strategiche. Furono pertanto sottoposte a uno sfruttamento intensivo al punto che la produzione raggiunse in breve tempo il milione di tonnellate di carbone all’anno e la forza lavoro di 7.000 addetti. Nella valle del torrente Carpano venne edificata la città mineraria di Arsia, alla cui fondazione fu presente Mussolini, che pose la prima pietra per la Casa del fascio e scese in miniera cimentandosi nel lavoro del minatore.

A fare le spese di una produzione febbrile e incosciente fu la sicurezza dei lavoratori. Infatti, già prima del disastro del 28 febbraio, ci furono altri incidenti collettivi, di cui due particolarmente gravi nel 1937 e 1939 che causarono, rispettivamente, la morte di 13 e 7 operai. Poi la tragedia: alle 4.35 di mercoledì 28 febbraio 1940, ai livelli 15, 16, 17 e 18 della miniera ci fu uno scoppio che causò un’ondata esplosiva che percorse cantieri e gallerie alimentandosi dove fu possibile attraverso la combustione della polvere di carbone e mutandosi successivamente in aria compressa e quindi in fumo e ossido di carbonio. In quel momento, alla fine del turno di notte, in miniera si trovavano centinaia e centinaia di uomini: i morti alla fine furono 185, gli intossicati circa 150: cittadini italiani di nazionalità italiana, croata e slovena.

Si trattò di uno dei più gravi disastri della storia mineraria mondiale e probabilmente del più grave infortunio collettivo della storia d’Italia. Pochi giorni dopo, ci fu l’azzeramento dei vertici dell’Ente Nazionale Carboni, la stampa di regime mise la sordina sulla sciagura, causata, secondo i rapporti riservati dei regi carabinieri, dall’omissione delle misure di sicurezza.