Mamula, Montenegro © Sergei Fedorov/Shutterstock

Mamula, Montenegro © Sergei Fedorov/Shutterstock

La fortezza di Mamula, all'ingresso delle Bocche di Cattaro in Montenegro, è stata da poco trasformata in un hotel di lusso da una società con sede in Svizzera. Ai clienti del nuovo resort non viene detto però che Mamula è stata un lager fascista durante la II Guerra mondiale

29/06/2022 -  Lado Tomičić

(Originariamente pubblicato da Lupiga , il 21 giugno 2022)

Quest’estate l’hotel di lusso “Mamula Island ”, frutto del restauro di una fortezza risalente al periodo austro-ungarico, situata sull’isola di Lastavica, in Montenegro, aprirà le sue porte ai primi ospiti. La fortezza di Mamula fu costruita a metà dell’Ottocento, per volere del generale austriaco Lazar Mamula, come parte di un sistema difensivo delle Bocche di Cattaro, costituito da vari edifici, tra cui la fortezza di Arza sulla penisola di Luštica e la fortezza di Prevlaka sulla Punta di Oštra (in Croazia).

Con il passare del tempo, il nome Mamula venne associato sempre più spesso all’intera isola, tanto che oggi questo piccolo fazzoletto di terra, situato all’ingresso del golfo delle Bocche di Cattaro, è più conosciuto col nome di Mamula che con quello di Lastavica.

“L’hotel mette a disposizione dei suoi ospiti 26 camere, 6 suite, un centro di terapie olistiche, un’area benessere con piscine, sale massaggi e palestre, una pista da jogging, nonché tre ristoranti e quattro bar. L’hotel dispone anche di una spiaggia attrezzata e di una terrazza, dove si può prendere il sole, che sovrasta le rocce lungo la costa meridionale dell’isola“, si legge sul sito dell’azienda Orascom Development Holding a cui il governo montenegrino nel 2015 aveva affidato in concessione l’isola di Lastavica per un periodo di 49 anni.

Questa azienda, con sede legale in Svizzera, di proprietà della famiglia egiziana Sawiris, sta costruendo anche un enorme complesso residenziale-turistico, “Luštica bay“, sulla penisola di Luštica, situata a poca distanza dall’isola di Lastavica.

In un comunicato stampa diffuso in occasione dell’apertura dell’hotel Mamula Island, Orascom Development Holding ha spiegato che all’interno della nuova struttura un posto speciale è riservato ad “una galleria storico-memoriale che offre ai visitatori uno sguardo alla ricca storia di questo luogo“. Non capita spesso che, leggendo i comunicati stampa sull’apertura di nuovi alberghi di lusso, ci si imbatta in affermazioni di questo tipo, affermazioni dietro alle quali, nel caso dell’hotel di Mamula, si nasconde una storia che affonda le sue radici nel tormentato passato dell’isola e della sua fortezza.

Sul sito ufficiale dell’albergo si legge che “la fortezza di Mamula fu costruita nel 1853 per difendere la porta di accesso al golfo. Durante entrambe le guerre mondiali servì da prigione, per poi essere abbandonata e lasciata al degrado“.

Questa spiegazione però corrisponde solo in parte alla verità, il che non stupisce considerando che uno dei principali fattori che hanno reso possibile la realizzazione del progetto Mamula Island è legato proprio alla superficialità con cui l’investitore ha interpretato la storia locale.

Durante la Seconda guerra mondiale la fortezza di Mamula non fu trasformata in prigione, bensì in un campo di concentramento fascista. Certo, una rinomata azienda svizzera si sarebbe trovata in imbarazzo a dover spiegare ai suoi clienti che verranno ospitati nello stesso spazio, o addirittura nelle stesse camere dove i fascisti tennero rinchiusi i civili e i membri del movimento di resistenza, sottoponendoli a varie torture e privandoli di cibo, spesso al punto da lasciarli morire di fame. Alcuni dei detenuti furono condannati a morte dai tribunali militari fascisti e fucilati.

Questo capitolo della storia dell’isola di Lastavica si potrebbe facilmente spiegare ai turisti, ma l’azienda svizzera evidentemente conta su una clientela per nulla tormentata dai fantasmi del passato di un paese così “esotico” come il Montenegro. L’azienda con tutta probabilità ha deciso di utilizzare il termine “prigione“ per adeguarsi al linguaggio politicamente corretto, perché un conto è costruire un albergo in un luogo precedentemente occupato da una prigione e un altro conto è letteralmente trasformare un ex campo di concentramento in un resort di lusso.

Ma i fatti sono fatti. Stando all’Enciclopedia croata, i campi di concentramento sono “luoghi di internamento di massa della popolazione civile locale o straniera (a volte anche di internamento dei militari) all’interno delle grandi aree isolate e recintate. Aprendo e mantenendo in funzione i campi di concentramento, i regimi totalitari o militari mirano a reprimere gli oppositori politici. I criteri per l’internamento possono variare da persona a persona, ma il più delle volte riguardano intere categorie della popolazione (massicce persecuzioni politiche, etniche, religiose o razziali). Tra i motivi alla base dell’internamento ci sono la sicurezza nazionale, lo sfruttamento economico, la volontà di punire e intimorire il resto della popolazione”.

Questa definizione descrive perfettamente la funzione attribuita alla fortezza di Mamula durante la Seconda guerra mondiale.

All’inizio del 1942 l’esercito italiano deportò sull’isola di Lastavica un centinaio di donne e bambini provenienti dal villaggio di Pobor, nei pressi di Budva. Fu il primo gruppo ad essere internato nel campo di concentramento di Mamula. Il regista Aleksandar Reljić ha raccontato la storia del lager di Mamula in un film documentario intitolato “Mamula All Inclusive “.

Oltre ai civili, nel campo di concentramento di Mamula furono internati anche i membri e i simpatizzanti della resistenza jugoslava al nazifascismo. Delle 2300 persone che, stando alle stime di alcuni storici montenegrini, furono internate nei campi di Mamula e di Prevlaka, 130 furono uccise o lasciate morire di fame. Tra le vittime del lager di Mamula c’era anche Ešo Sarajlić, fratello del grande poeta bosniaco-erzegovese e jugoslavo Izet Sarajlić. Ešo, all’epoca studente del liceo di Trebinje, fu arrestato dai fascisti italiani e deportato a Mamula, dove fu fucilato.

Fino a poco tempo fa all’ingresso della fortezza di Mamula campeggiava una targa commemorativa, apposta nel 1965 dal “popolo delle Bocche di Cattaro”, riportante la scritta: “Né il buio né l’umidità, né la fame né le torture, né i famigerati tribunali delle forze occupanti né le fucilazioni sono riusciti a corrodere l’animo e la fiducia nella vittoria di quelli che furono imprigionati in questo luogo nelle due guerre mondiali. Nel periodo tra il 1941 e il 1943, nelle celle di questa fortezza, più di millecinquecento combattenti e partecipanti alla lotta popolare di liberazione provenienti da diverse parti del nostro paese sopportarono le torture più terrificanti, dimostrando come si combatte e muore per la felicità dei nostri popoli – per il socialismo. L’atteggiamento che assunsero di fronte al nemico su questa isola orgogliosa e triste fungerà da esempio di lotta e di sacrifico per la libertà e il benessere della patria”.

Nelle loro testimonianze, raccolte negli anni Settanta del secolo scorso, i sopravvissuti al lager di Mamula, parlando dell’esperienza dell’internamento, hanno ricordato soprattutto di aver patito una fame insopportabile. In quegli anni anche i media parlavano di Mamula come di un lager e un luogo di tortura.

Negli anni Novanta l’isola di Lastavica divenne uno spazio visitabile, aperto a chiunque volesse recarvisi. Ogni anno all’interno della fortezza di Mamula i membri della sezione locale dell’Unione delle associazioni dei combattenti della guerra popolare di liberazione (SUBNOR) organizzavano una cerimonia in ricordo delle vittime della Seconda guerra mondiale. L’isola era anche l’habitat naturale del gabbiano e meta di scampagnate, ed è stata più volte utilizzata come set cinematografico.

Alla fine, sull’onda della tendenza a “valorizzare” ogni metro quadrato di mare e di costa, l’intera isola di Lastavica, compresa la fortezza di Mamula, è stata affidata in concessione all’azienda Orascom Develompent ad un prezzo piuttosto basso. L’azienda ha pagato 1,5 euro al metro quadrato di terreno e 0,9 euro al metro quadrato di mare territoriale per specchi acquei. Le autorità montenegrine stimavano che questo affare, solo nei primi dieci anni dalla stipula del contratto, potesse portare alle casse dello stato 7,5 milioni di euro.

In Montenegro il progetto Mamula Island ha i suoi sostenitori e oppositori. I sopravvissuti al lager di Mamula e i loro familiari sin dall’inizio erano contrari al progetto. Nel summenzionato documentario Mamula All Inclusive, Ivo Marković, uno dei superstiti, afferma: “Siamo contrari a questo affare riguardante la fortezza di Mamula, ma non abbiamo alcuna voce in capitolo, siamo impotenti, non possiamo farci nulla”.

La fortezza di Mamula non è l’unico ex campo di concentramento e luogo di tortura ad essere stato trasformato in hotel di lusso. Un caso simile si trova in Ucraina, nella città di Lviv, dove la famigerata Torre della morte – un ex campo nazista per prigionieri militari – è stata trasformata in un albergo a cinque stelle denominato “Citadel Inn”.


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