Milorad Dodik - © SariMe/Shutterstock

Milorad Dodik - © SariMe/Shutterstock

Il presidente della Republika Srpska Milorad Dodik attacca nuovamente l'UE, accusandola di applicare doppi standard alla Bosnia Erzegovina sul percorso di integrazione. Ma sono le stesse iniziative di Dodik, che limitano la libertà di associazione ed espressione, ad allontanare il paese dall'Unione europea

06/11/2023 -  Massimo Moratti

“Non ci sarà l’apertura dei negoziati di adesione all'Unione europea per la Bosnia Erzegovina. Per quanto ho capito da Bruxelles, il potenziale inizio dei negoziati è una notizia falsa. L’UE cercherà di promuovere i negoziati con l’Ucraina, che non ha nemmeno il pieno controllo del suo territorio, o molte altre cose che la Bosnia ha. L’UE andrà incontro [a Kyiv] mentre ci tengono al guinzaglio. Continuano a pensare che la Bosnia valga di meno.”

Sono le parole di Milorad Dodik al termine dell’incontro a Sarajevo con gli altri leader politici del paese. L’incontro, conclusosi infruttuosamente, aveva lo scopo di trovare un accordo in merito alla legge sui tribunali.

Le parole di Dodik sono rivolte al suo elettorato e rappresentano un nuovo pretesto per lanciare un’invettiva contro l’Alto Rappresentante Schmidt. Allo stesso tempo, però, forniscono un esempio lampante della retorica usata dal leader serbo-bosniaco nei confronti del processo di integrazione europeo. Dodik accusa non troppo velatamente l’Unione Europea di adottare doppi standard e preferire l’Ucraina alla Bosnia Erzegovina e si lamenta di un trattamento differenziale per la Bosnia che, secondo lui, ha molti più requisiti dell’Ucraina per ambire all'apertura dei negoziati di adesione.

Le priorità dell’Unione Europea per la Bosnia

Mentre a parole Dodik sembra esprimere frustrazione per il mancato riconoscimento del progresso della Bosnia Erzegovina, nei fatti, Dodik stesso, non solo rifiuta i compromessi necessari per avanzare nel processo di adesione, ma è attivamente impegnato nello smantellare i progressi finora raggiunti.

Un esempio lampante è la questione della libertà di espressione e di associazione. Nel contesto del processo di adesione, nel 2019, alla Bosnia Erzegovina venne richiesto di migliorare sostanzialmente il proprio quadro legislativo e istituzionale per far sì che il paese rispettasse 14 priorità fondamentali.

La libertà dei media è per l’appunto la priorità numero dodici in questa lista: la Bosnia Erzegovina deve garantire la libertà di espressione, la libertà dei media e la protezione dei giornalisti. Nello specifico, il paese ha il compito di continuare a perseguire casi di intimidazioni e violenza nei confronti di giornalisti e operatori dei media e di assicurare la sostenibilità finanziaria del sistema radiotelevisivo pubblico.

Nel 2022, il rapporto dell’UE sulla Bosnia Erzegovina ha fatto notare che il paese non aveva fatto progressi per quanto riguardava la libertà di espressione. Tra i vari aspetti relativi alla libertà d’espressione, il rapporto faceva notare che, nonostante la diffamazione fosse stata decriminalizzata già nel 2002, i politici e i funzionari pubblici continuavano ad intimidire i giornalisti facendo ampio ricorso ad azioni di querela, cosa che alla fine spinge i giornalisti all’autocensura, allo scopo di evitare annose e dispendiose cause in tribunale.

Un discorso analogo va fatto per le libertà di associazione e riunione, che sono la priorità numero undici, in merito alle quali la Bosnia Erzegovina deve garantire un ambiente favorevole per la società civile e rispettare gli standard europei in materia.

Lo stesso rapporto UE sulla Bosnia in merito a tali libertà notava come le leggi sulle libertà di riunione dovessero esser ancora armonizzate e che mentre la libertà di associazione continua ad esser generalmente rispettata, i difensori dei diritti umani che si occupano di questioni delicate (come le persone LGBT+, la corruzione, i migranti, i diritti delle donne e l’ambiente) continuano ad esser oggetto di minacce, intimidazioni e violenze e le autorità finora si sono ben guardate da condannare tali episodi.

In tal senso il rapporto ripete l’obbligo di garantire un ambiente favorevole alla società civile e in particolare di consultare il settore al momento dell’adozione di nuove leggi in materia di libertà di associazione.

La scure di Dodik sulle libertà di associazione ed espressione

È proprio sulle libertà di associazione ed espressione che nel corso degli ultimi mesi la Republika Srpska ha posto in atto una serie di misure particolarmente restrittive.

Il giro di vite di Dodik consiste in un pacchetto di tre leggi che progressivamente restringono lo spazio per la libertà di espressione per un giornalismo libero ed indipendente. A sentire gli osservatori locali, il motivo per cui la leadership della Republika Srpska le ha adottate è dato dall’incerto risultato elettorale del 2022 del partito di Dodik (SNSD) e dal tentativo di bloccare ogni voce dissenziente in vista delle amministrative del 2024.

Le leggi in questione sono: la legge che criminalizza nuovamente la diffamazione, la legge sugli agenti stranieri e infine la legge sui media nella Republika Srpska.

La legge sulla criminalizzazione della diffamazione è già stata approvata e prevede sanzioni fino a tremila euro per chi la violi, il tutto è reso ancora più difficile dal fatto che il potere giudiziario gode di scarsa indipendenza dal potere politico.

La seconda legge è modellata sulle leggi sugli agenti stranieri in vigore in paesi come la Russia. In base a questa legge, organizzazioni non governative dovranno iscriversi ad un registro speciale se ricevono fondi dall’estero e contraddistinguere chiaramente con un logo apposito tutto il loro lavoro. Il risultato di questo provvedimento sarà con tutta probabilità una stigmatizzazione ulteriore dei rapporti prodotti dalle organizzazioni della società civile e ulteriori adempimenti burocratici da adempiere. Tendendo conto che la gran parte delle ONG operanti in Bosnia si finanzia tramite progetti e donazioni da ambasciate e istituzioni internazionali è facile capire qual è l’impatto di questa legge. La norma è stata approvata in prima lettura dall’Assemblea Nazionale della RS e si attende la seconda lettura.

La terza è la legge sui media, per la quale al momento ufficialmente non è ancora stato creato il gruppo di lavoro, mentre in realtà tale gruppo esiste e sta lavorando in modo poco trasparente come recentemente accertato dalla missione del Media Freedom Rapid Response. Le poche informazioni finora ricevute suggeriscono che la legge di fatto restringerebbe le possibilità dei media di registrarsi come ONG.

Organizzazioni di esperti come la Venice Commission e l’ODIHR dell’OSCE si sono pubblicamente espressi criticando la legge sulla criminalizzazione della diffamazione e la legge sugli agenti stranieri. Tali critiche però hanno raggiunto risultati molto limitati, dato che il governo della RS ha semplicemente ammorbidito il contenuto della legge sulla diffamazione. L’adozione della legge sulla diffamazione ha provocato una critica congiunta da parte delle Nazioni Unite, dell’OSCE, del Consiglio d’Europa e della Delegazione dell’Unione Europea in Bosnia Erzegovina.

Meno libertà per i residenti della RS, ma non solo

Il risultato delle leggi di Dodik è che ora i residenti della Republika Srpska sono meno liberi di quanto lo fossero un anno fa. La libertà di espressione viene quindi ulteriormente limitata e l’ambiente favorevole alla società civile è ben lontano dall’essere garantito dalle autorità della Republika Srpska. Ad esserne colpiti non sarebbero solo i residenti della RS, ma, molto probabilmente, anche quelli della Federazione nel caso in cui le loro pubblicazioni circolassero anche in Republika Srpska. Le leggi quindi favoriscono ulteriormente l’incertezza legislativa che può facilmente condurre ad ulteriori forme di autocensura in RS.

Rimane da vedere come reagirà l’Unione Europea, dato che a giorni si attende la pubblicazione del rapporto del 2023 sulla Bosnia Erzegovina. L’adozione di queste leggi ha di fatto ridotto le libertà dei cittadini della Bosnia Erzegovina, che è esattamente il contrario di quanto richiesto alla Bosnia. Ne terrà conto il rapporto UE sulla Bosnia? E come influirà questa diminuzione di libertà sulla possibile apertura dei negozia di adesione alla UE? A giorni la risposta.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del Media Freedom Rapid Response (MFRR), cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.

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