Politica

La stampa in Croazia

14/11/2001 -  Anonymous User nacional

Radio e media indipendenti in Serbia

14/11/2001 -  Anonymous User

Intervista con il giornalista di Radio Index, Pedja Urosevic.
Testo in inglese.

I media nei Balcani

14/11/2001 -  Anonymous User

Una panoramica sui media locali redatta dai nostri corrispondenti. Interviste, storia ed eventi significativi degli ultimi anni di informazione nei Balcani.

Boskovski dichiara: ex ministri degli interni complici nell'attentato a Gligorov

13/11/2001 -  Anonymous User

Le dichiarazioni del ministro dell'interno macedone sulla presunta complicità di tre ex ministri nell'attentato a Kiro Gligorov

Rimpasto governativo in Croazia?

09/11/2001 -  Anonymous User

La probabile elezione di Drazen Budisa alla presidenza dell'HSLS potrebbe portare ad un rimpasto governativo e forse anche alla messa in discussione dell'attuale maggioranza.

Serbia: nessun referendum sull'indipendenza dal Montenegro

08/11/2001 -  Anonymous User

Lo dichiara Dusan Pavlovic, analista politico, che considera improbabile il presidente Kostunica indica un referendum di questo tipo. "Se vincessero i voti a favore della divisione ci si ritroverebbe ad affrontare nuove elezioni".

Nostalgia del futuro

07/11/2001 -  Anonymous User

Contro i nuovi muri. Come la guerra nell'ex Jugoslavia, ancora sospesa, ha anticipato l'attuale rappresentazione del "conflitto di civiltà". I contenuti del'incontro tra il sindaco di Sarajevo e l'ambasciatore jugoslavo a Roma pubblicati da Il Manifesto.

Kossovo: accordo Haekkerup-Covic, i serbi andranno a votare

07/11/2001 -  Davide Sighele

A Belgrado UNMIK ed autorità federali yugoslave raggiungono un accordo per la partecipazione della comunità serba alle elezioni. Tra il malcontento dei partiti albanesi.

La Croazia più vicina all'Europa

06/11/2001 -  Anonymous User

Sottoscritto a Lussemburgo un accordo di associazione e stabilizzazione tra Zagabria ed i 15 dell'Unione Europea.

CRONOLOGIA DELLA CRISI ALBANO-MACEDONE (gennaio-ottobre 2001)

30/10/2001 -  Luka Zanoni

Dall'inizio dell'anno sino ad ora le vicende in Macedonia si sono evolute con una certa continuità e rapidità. Al fine di rendere più chiara ed agevole la comprensione di ciò che è accaduto, presentiamo un riepilogo cronologico degli eventi principali.

Esiti incerti del comizio della destra croata a Zagabria

30/10/2001 -  Anonymous User

Dopo averlo annunciato la destra croata è scesa in piazza a Zagabria. Secondo gli organizzatori sabato 20 erano 70.000 i manifestanti. Meno di 15.000 invece secondo le stime della polizia.

A Dubrovnik si discute di cooperazione transfrontaliera

29/10/2001 -  Anonymous User

A Dubrovnik tre organizzazioni non governative provenienti da Serbia, Croazia e Bosnia hanno promosso una conferenza internazionale sulla cooperazione tra i Paesi che hanno sottoscritto gli Accordi di Dayton. Per discutere di cooperazione regionale.

Movimenti e distanze: da Porto Alegre a Genova e, si spera, ritorno

29/10/2001 -  Anonymous User

Luca Rastello scrive del movimento no global. Forza e contraddizioni. Alla luce delle esperienze fatte nei Balcani, alla luce delle tragedie di Genova.

Serbia: hanno un futuro le autonomie locali?

29/10/2001 -  Anonymous User

Sempre più acceso il dibattito in Serbia sulle autonomie locali. Vengono riconosciuti al Governo gli sforzi verso l'approvazione di una nuova legge in questo campo ma le municipalità denunciano che fino ad ora tutto rischia di rimanere come prima.

L'autunno caldo dei Balcani

26/10/2001 -  Davide Sighele

Arriva l'inverno ed i Balcani sono in sciopero. Delusioni in Serbia rispetto al nuovo governo, difficoltà in una Bosnia ancora dipendente dagli aiuti internazionali. Uno sguardo sui fatti della settimana.

Per una Serbia delle regioni

25/10/2001 -  Anonymous User

Dalla Sumadija, regione della Serbia centrale, un documento programmatico a favore della regionalizzazione del Paese. Ed intanto ancora caldo il clima politico in Vojvodina.

Federazione Jugoslava: nuova proposta di legge sulle forze armate

24/10/2001 -  Anonymous User

E' stata approvata dal governo federale una nuova proposta di legge sulle forze armate. Scarsa la voce in capitolo della società civile.

L'OSCE: nelle scorse elezioni politiche in Albania vi furono pesanti irregolarità

23/10/2001 -  Anonymous User

L'ODHIR, istituzione dell'OSCE che si occupa di democratizzazione e diritti umani, ha presentato la relazione conclusiva sulle elezioni politiche in Albania dello scorso 24 giugno.

Croazia: scandalo nel Sabor

23/10/2001 -  Anonymous User

Anto Kovacevic, dell'HKDU, ha pesantemente insultato in Parlamento la Presidente dell'HNS Vesna Pusic. Dure le reazioni di partiti e società civile.

Il Primo Ministro della RS Ivanic: non firmerò per l'ammissione della BiH nel Consiglio d'Europa

22/10/2001 -  Anonymous User

Il Primo Ministro Mladen Ivanic ha dichiarato davanti al Parlamento della Republika Srpska che si rifiuterà di sottoscrivere il documento dove l'ammissione della BiH viene condizionata all'accordo tra Federazione e RS per la creazione di un'unica forza armata per l'intera Bosnia-Erzegovina.
"Sostengo l'ammissione della Bosnia - Erzegovina - ha dichiarato - ma senza condizionamento di sorta".

Secondo Ivanic la richiesta di costituire un unico esercito va contro gli Accordi di Dayton e contro la stessa Costituzione della Bosnia-Erzegovina. Il Consiglio d'Europa, a detta di Ivanic, avrebbe posto anche altre condizioni: l'approvazione, entro due anni, da parte delle due entità di nuove leggi sulle migrazioni, sulla cittadinanza e sulla procedura penale.
Soprattutto le ultime due incontrano l'opposizione del primo ministro della RS. Rifiuta infatti la costituzione di un registro centrale per i documenti personali che coprirebbe l'intera Bosnia -Erzegovina. "La Republika Srpska deve mantenere un proprio registro ed anche le carte d'identità, pur uguali per RS e Federazione, devono riportare ciascuna il nome dell'Entità dove è stata rilasciata". Per poi aggiungere che " la Bosnia-Erzegovina ha un futuro solo se si agisce rispettando la Costituzione e se le due Entità dalle quali è costituita goderanno degli stessi diritti". Ha inoltre accusato l'Alleanza per il Cambiamento, che ha la maggioranza dei seggi in Federazione, di proporre una visione "idealistica" della BiH ed ha accusato parte della Comunità Internazionale di sbagliare sostenendo quella visione.
Ivanic non ha rinnegato l'appoggio dato in passato all'Alleanza per il Cambiamento pur ribadendo che "non vi è mai stato grande amore tra di noi. Abbiamo dato il nostro sostegno solo poiché dall'altra parte vi erano SDA ed HDZ" (Srna, 10.10).

Stanno venendo dunque al pettine alcune ambiguità presenti negli stessi Accordi di Dayton dove da una parte si sostiene l'idea di una Bosnia-Erzegovina unitaria dall'altra, scendendo a forti compromessi con le élites nazionaliste, si è prevista l'esistenza di due Entità, esistenza che mette da sempre in dubbio l'integrità territoriale del Paese. La Comunità Internazionale sta cercando, con difficoltà, di far emergere una BiH unitaria, spingendo le due entità a stringere il prima possibile, legami rilevanti.

Il Kosovo si prepara alle elezioni

18/10/2001 -  Luka Zanoni

Tra mille polemiche, rifiuti di partecipare alle elezioni e scontri tra le diverse fazioni politiche in campo, tra un mese circa il Kosovo affronterà la prima tornata elettorale parlamentare del dopo guerra. Le elezioni sono state fissate per il 17 di novembre e da queste verrà eletto un parlamento con 120 rappresentanti, dei quali, dieci spetteranno di diritto alla minoranza serba ed altri dieci alle altre minoranze che compongono la regione. Per i 120 posti nel futuro parlamento si calcolano 26 tra partiti, associazioni e coalizioni>. Il futuro del Kosovo rimane comunque nelle mani dell'amministrazione internazionale e nella fattispecie nelle mani di Hans Haekkerup.

I serbi kosovari alle elezioni

Una massiccia campagna di informazione riguardante la registrazione dei cittadini di nazionalità serba era iniziata questa estate, dopo che i politici di Belgrado si sono accordati con i rappresentati della comunità internazionale. Numerosi ed enormi cartelloni pubblicitari comparivano nelle vie di Belgrado, così come sull'intera facciata delle pagine centrali dei quotidiani. Una cartina del Kosovo ed in sovrimpressione una mano con l'indice puntato, in alto una scritta riportava: "pokazi sta je tvoj, da vidimo koliko nas ima" (mostra ciò che è tuo, per dimostrare quanti siamo).
Cosicché la registrazione dei serbi del Kosovo, dopo le incertezze iniziali e dopo gli inviti di Kostunica e la stessa registrazione del Patriarca Pavle, ha richiamato un largo numero di cittadini. In totale si parla di 178.296 serbi ufficialmente registrati (dato pubblicato dal quotidiano Danas, 6-7 ottobre 2001) riuniti nell'unica coalizione di partiti serbi dell'Iniziativa civile "Povratak" (il ritorno), che ancora non ha fornito la lista dei candidati (il termine di presentazione è stato prorogato al 25 ottobre). Secondo quanto affermato da Nebojsa Covic, presidente del Centro di coordinamento per il Kosovo e Metohija, "È stato dimostrato che i serbi presenti in Kosovo sono circa il 15% della popolazione e non il 3,5% come qualcuno voleva insinuare, ma addirittura se si fossero registrati tutti quanti i serbi presenti - aggiunge Covic - si sarebbe raggiunto almeno il 18,5% della popolazione complessiva" (Danas, 8-10-2001).
Tuttavia la partecipazione della componente serba alle prossime elezioni è ancora oggetto di dibattito. La seduta della presidenza della DOS fissata per martedì 16 ottobre è stata fatta slittare al martedì successivo (cfr. Beta, B92, 16-10-2001), pertanto l'effettiva partecipazione alle elezioni da parte della componente serba, rimane per il momento in sospeso. Le indecisioni legate alla partecipazione alle urne sono un tasto ancora delicato che divide i partiti politici sia in Serbia che in Kosovo. Esiste infatti una corrente dei serbi kosovari, guidata da Rada Trajkovic, rappresentate del Kosovo centrale e vice presidentessa del Partito Democristiano, che propende per un dialogo aperto con l'amministrazione internazionale e con gli albanesi. Mentre esiste una corrente, guidata da Marko Jaksic, rappresentate del Kosovo settentrionale (Kosovska Mitrovica) e vice presidente del DSS (partito di Kostunica), che è più incline a non presentarsi alle elezioni del prossimo novembre, con la motivazione che andando alle elezioni si legittimerebbe il potere degli albanesi e si perderebbe definitivamente il Kosovo, anche se la risoluzione 1244 dell'ONU di fatto non prevede l'indipendenza della regione.
In un interessante dibattito tra i due pubblicato dal settimanale Danas Vikend (6-7 ottobre 2001) si leggono bene i differenti punti di vista. Da un alto, la Trajkovic teme che la non presenza alle urne possa di fatto comportare la separazione del Kosovo, abbandonando quindi le enclavi serbe del Kosovo centrale al proprio destino, ossia sganciate dal nord della regione, e lasciate senza rappresentanza in parlamento perché appunto non riconosciuto. Dall'altro, il non riconoscimento del prossimo assetto politico-parlamentare del Kosovo è sostenuto da Jaksic, che preferirebbe non presentarsi alle elezioni per non, come più volte ha affermato, consegnare il paese agli albanesi. Perché di fatto ci sarà un presidente albanese e l'esecutivo sarà formato da una maggioranza o quasi di albanesi.
Ma aldilà di queste ultime sottolineature che hanno il netto sapore del nazionalismo, l'effettività del non riconoscimento del nuovo parlamento potrebbe veramente condurre, e non solo in termini politici, alla spaccatura del paese in due entità: l'una con un parlamento dove i serbi non sono rappresentati e dove ciononostante vi abitano, e l'altra che farebbe capo al governo centrale, o forse sarebbe meglio dire della Serbia.
L'ipotesi delle due entità è stata sostenuta recentemente proprio da Marko Jaksic, il quale considera che i serbi del Kosovo settentrionale hanno un proprio piano che abbraccia l'ipotesi delle due entità al posto di una ipotetica cantonalizzazione. Quest'ultima è stata invece avanzata da Momcilo Trajkovic, presidente del Comitato federale per il Kosovo e leader del Movimento di resistenza serbo (SPOT). In un documento dove si presenta la cantonalizzazione della regione, e che è stato presentato alla presidenza della DOS, si specifica che il Kosovo potrebbe essere diviso in cinque regioni, ovvero: centrale, settentrionale, la regione della Morava, della Sar Planina e della Metohija. Secondo Trajkovic questo programma non è per nulla un'artificiale multietnicità, né un parallelismo, ma bensì la coesistenza e la possibilità offerta alla comunità internazionale, così come ai serbi del Kosovo e agli albanesi e allo stato, per fermare le persecuzioni dei serbi e della popolazione non albanese (Danas Vikend, 6-7 ottobre 2001).

Cosa dice la comunità internazionale

Quest'ultima nelle espressioni di alcuni dei suoi rappresentati, quali Owen Masters, capo della missione osservatrice del Consiglio europeo per le elezioni in Kosovo, oppure l'ambasciatore americano in FRJ, William Montgomery, continua a rassicurare i vari partiti politici che il Kosovo rimarrà parte della Federazione di Jugoslavia così come sancito dalla risoluzione dell'ONU. In particolare l'ambasciatore americano durante un'intervista per il primo programma di Radio Beograd ha insistito sulla partecipazione dei serbi alle elezioni, dichiarando che "i serbi del Kosovo devono votare nel maggior numero possibile, in modo di assicurare ai propri rappresenti di avere ancora a disposizione tutte le possibilità politiche". Riguardo la situazione in Kosovo Montgomery ha ribadito che "gli estremisti di entrambe le parti impediscono completamente ogni sforzo nella creazione di una società multietnica, per questo credo che sia necessario moltiplicare gli sforzi per combattere gli estremismi". Montgomery ha infine aggiunto che i serbi "commetteranno un grosso errore se diranno che non voteranno a causa della mancanza di condizioni", necessarie alla loro presenza alle urne (Danas, 15-10-2001).
Anche il capo missione dell'unione Europea per le elezioni in Kosovo, Owen Masters, ha dichiarato in un'intervista al quotidiano Politika che i serbi non avranno nulla da perdere dalle elezioni, anzi avranno solo da guadagnare e che l'indipendenza voluta e sostenuta dai partiti albanesi fa solo parte di una propaganda preeletorale, dal momento che non avrebbero così tanti voti se non si dichiarassero per l'indipendenza del Kosovo, ma ciò è contrario alla risoluzione 1244. Masters dichiara di comprendere pienamente la difficile situazione dei serbi del Kosovo, "capisco la loro preoccupazione. Già dal luglio 1999 visito le comunità serbe del Kosovo e so in quali pericoli si imbattono. Benché riconosciamo che la loro vita non sia sicura, crediamo che sia molto importante la loro partecipazione alle elezioni e i luoghi delle elezioni saranno organizzati in modo che la loro partecipazione (o la loro votazione tramite posta) saranno completamente al sicuro. Ai serbi sono stati garantiti dieci posti nel futuro parlamento e in caso in cui tutti i 175.000 serbi registrati andranno alle elezioni, potranno ottenere altri quindici e forse altri venti posti in questo parlamento" (Politika, 15-10-2001).

I cittadini di altre nazionalità (ovvero non serbi e non albanesi)

Come è noto in Kosovo sono presenti altre minoranze che non sono né serbe né albanesi, si tratta in maggiornaza di Bosgnacchi, Turchi, Gorani, Rom e Askalija. I Bosgnacchi si sono dichiarati in due partititi, che sono rappresentati da Hilmija Kadic e Numan Balic, mentre in un solo partito si sono raggruppati i Turchi, i Rom e gli Askalija. Le differenze di vedute sono presenti anche in questi piccoli partiti. Infatti non dello stesso parere sono i due partiti bosgnacchi, l'"Azione democratica dei bosgnacchi del Kosovo", guidata da Numan Balic che propende per l'indipendenza della regione e il "Partito dei Bosgnacchi", di Hilmija Kadic, che invece è in disaccordo con la linea politica di Balic e l'indipendenza del Kosovo. Questo è infatti uno dei motivi per cui i bosgnacchi non si sono presentati insieme in un'unica coalizione. Il partito di Kadic insiste sul ritorno dei bosgnacchi che sono stati scacciati e sulla ricostruzione delle loro abitazioni. Kadic si impegna inoltre per una formazione scolastica esclusivamente nella lingua madre. Sebbene i turchi abbiano dichiarato il loro partito alle elezioni sotto il nome di "Partito democratico dei turchi kosovari", sembra che tuttavia siano propensi a boicottare le elezioni (cfr. Politika, 16-10-2001).

La struttura politica del Kosovo dopo il 17 novembre

Dopo il 17 novembre il Kosovo, come sancito dalla Cornice costituzionale per l'autogoverno provvisorio del Kosovo, avrà un parlamento, un presidente, un premier e nove ministeri. I nove ministeri saranno: il Ministero dell'economia e delle finanze, il Ministero del commercio e dell'industria, della cultura, della gioventù e dello sport, il Ministero dell'educazione, della scienza e della tecnologia, il Ministero del lavoro e della protezione sociale, il Ministero della sanità, della difesa dell'ambiente e della pianificazione territoriale, il Ministero dei trasporti e delle comunicazioni, il Ministero degli affari pubblici, il Ministero dell'agricoltura, delle foreste e dello sviluppo rurale. Come si può notare da questo elenco, rimangono fuori da questi ministeri, ovvero rimangono di gestione dell'UNMIK, l'ordine e la legge, la politica estera e la difesa. Tuttora il Kosovo è amministrato dall'UNMIK e dal suo capo missione Hans Haekkerup, e fino al 3 ottobre, data di inizio della campagna preelettorale, esisteva il Consiglio di Transizione del Kosovo e il Consiglio di Amministrazione di cui facevano parte i rappresentanti serbi e albanesi. Ma questi organi voluti dalla comunità internazionale e dove vi partecipano i rappresentati delle varie comunità che compongono il Kosovo, non sembra che finora abbiano prodotto nulla di più di liti interne, utilizzando quindi le riunioni settimanali per esporre le personali frustrazioni (AIM, 9 -10-2001, la versione in italiano è disponibile sul sito di Notizie Est). Attualmente vi sono 20 dipartimenti che regolano le attività amministrative della regione, ma dopo le elezioni verranno ridotti ai soli nove ministeri summenzionati. Gli ufficiali della missione Onu in Kosovo hanno motivato questa riduzione dicendo che serve a razionalizzare i ministeri. Mentre le funzioni dei nuovi organi così come i loro limiti e le loro competenze sono stati decisi dal capo missione dell'ONU, Haekkerup, nell'ultimo Decreto.

Il vero vincitore delle elezioni: Hans Haekkerup

Come commenta, Rahman Pacarizi, per l'AIM di Pristina>, "non è difficile concludere che il vincitore delle elezioni sarà Hans Haekkerup, mentre i partiti che avranno il maggior numero di voti rimarranno in effetti 'partner' dell'ampia coalizione di governo, con Haekkerup che manterrà la chiave amministrativa: la difesa e l'ordine, la giustizia e la politica estera. Nelle sue competenze rimarranno anche la politica fiscale, la riscossione delle imposte e la nomina dei giudici e dei magistrati" (AIM, cit.).
In sostanza il capo della missione civile in Kosovo potrà: annullare qualsiasi decisione che non sia in accordo con i documenti approvati, risolvere la crisi parlamentare sciogliendo il parlamento, destituire il presidente del Kosovo o il suo premier. "Per fare un semplice confronto, - sottolinea il giornalista di AIM - l'autorità dell'amministratore del Kosovo può essere commisurata come minimo ai due terzi del parlamento del Kosovo che sono necessari per eleggere coloro che sono incaricati delle funzioni di cui sopra. Di conseguenza, l'amministrazione internazionale del Kosovo, con queste elezioni e con la creazione di organi centrali del potere, si spoglierà in una certa misura della responsabilità di alcune funzioni esecutive che non sono poi molto importanti per una decisione politica dei cittadini del Kosovo riguardo allo status finale di quest'ultimo" (AIM, cit.).
Da notare è inoltre che "nell'ambito delle strutture di governo funzioneranno anche alcune cosiddette agenzie esecutive, come l'Autorità per l'emissione di decreti nel campo della farmaceutica, l'Ufficio per la statistica, l'Ente del catasto, nonché tutta una serie di altre agenzie simili, che verranno create ex novo e saranno dirette da rappresentanti internazionali" (AIM, cit.).
Ci si renderà conto quindi che il Kosovo lungi dal godere di una situazione chiara e definita, rimane, come ben si evince dalle pressioni della comunità internazionale sui kosovari serbi, ma soprattutto dal potere effettivo nelle mani della stessa, un grande protettorato internazionale con la parvenza di un assetto parlamentare democratico sul quale è immaginabile che verranno scaricate le difficoltà concernenti la convivenza multietnica e l'implementazione di una pace che, ad oltre due anni dalla guerra umanitaria, ancora sembra un miraggio.

Vedi anche:

UNMIK

Notizie Est

ICS Italia

AIM Pristina

Il Presidente dell'Assemblea della Vojvodina: Belgrado si comporta ancora da padrone

17/10/2001 -  Anonymous User

Non appena è venuto a conoscenza della decisione della rete nazionale televisiva pubblica RTS in merito ai direttori della filiale di Novi Sad il Presidente dell'Assemblea della Vojvodina, Nenad Canak, si è recato presso gli studi della Radio Televisione della Vojvodina ed ha platealmente strappato dall'entrata la targa della rete nazionale. Calpestandola ha poi dichiarato che non avrebbe permesso più a Belgrado di calpestare i diritti della Vojvodina.
Su suoi ordini il logo della RTS è stato rimosso da entrambe le reti televisive di Novi Sad. Nenad Canak nello specifico contesta che i direttori editoriali della televisione vengano ancora nominati dall'ufficio centrale della RTS a Belgrado e non dall'Assemblea regionale della Vojvodina. Dopo il cambio di governo, che ha portato alla presidenza della Federazione Kostunica, ci si aspettava infatti che l'autonomia della sede locale di Novi Sad della RTS venisse ristabilita ma invece, secondo le dichiarazioni di Canak "Belgrado si comporta ancora da padrone". I diritti che originalmente spettavano all'Assemblea della Vojvodina, fondatrice della NS TV (Radiotelevisione della Vojvodina), erano stati trasferiti all'Assemblea della Serbia quanto la rete locale era stata integrata nella RTS (rete nazionale). Canak ha di fatto dichiarato che la NS TV non farà più parte della RTS e che sarà compito dell'Assemblea della Vojvodina discutere e decidere sul futuro dell'emittente.
Le reazioni a questa dura presa di posizione, che si inserisce in un ampio dibattito in merito all'autonomia, se non indipendenza, di questa relativamente benestante provincia della Serbia, non si sono fatte attendere.
Zoran Zivkovic, uno tra i leader della coalizione DOS, ha affermato di aver trovato strano che la reazione così significativa di Canak avvenga adesso e non quando è stato nominato il consiglio d'amministrazione della RTS. "Avessero scelto il candidato sostenuto da Canak, ha aggiunto, certamente tutto questo non sarebbe accaduto". Si è poi soffermato sulla questione dell'autonomia della Vojvodina: "La Vojvodina ha pieno diritto nella propria autonomia, cosa che tra l'altro è anche prevista dalla Costituzione. Certo è che questo tipo di comportamento rischia di compromettere e render più difficoltoso il cammino verso l'autonomia sulla quale, in generale, siamo tutti d'accordo" (Glas Javnosti, 11.10).E' meno moderata invece la posizione del Partito Democratico della Serbia (DSS) guidato da Vojislav Kostunica. Secondo il Presidente Federale, Canak si sta comportando come se tentasse i primi passi verso un colpo di Sato. La medesima opinione è ribadita in un comunicato da parte del DSS fatto in seguito alla "rumorosa" entrata di Canak nella sede dell'NS TV ed alle minaccie da parte dello stesso di portare parte della compagnia petrolifera nazionale sotto il diretto controllo dell'amministrazione provinciale della Vojvodina.( B92, 10.10).

Kossovo: i serbi per ora non andranno a votare

17/10/2001 -  Anonymous User

La campagna elettorale per le elezioni generali del 17 novembre è definitivamente iniziata senza però che alcun partito o coalizione che rappresenta la comunità serba abbia ad oggi confermato la propria partecipazione. Questo anche dopo l'inaspettata registrazione per votare di 178,000 serbo-kossovari, avvenimento che aveva fatto ben sperare. Dopo l'insuccesso della Comunità Internazionale nel convincere la componente serba della popolazione a prendere parte alle ultime amministrative molti temevano che il totale fallimento si sarebbe infatti ripetuto. Per ora non è ancora così e la situazione permane statica e nessuno conferma in modo definitivo la propria partecipazione.
Nebojsa Covic, a capo dell'apposita commissione creata dalle autorità serbe per gestire la "questione Kossovo", si è recato questa settimana in Italia dove è stato esortato ancora una volta a fare in modo che la comunità serba del Kossovo prenda parte a queste elezioni. Per rassicurare la autorità serbe sono state anche in quest'occasione ribadite le garanzie delle quali la Comunità Internazionale si farà carico: libertà di movimento, accelerare il ritorno degli sfollati ecc.
Ma la comunità serba rimane del tutto indecisa. In un incontro di protesta a Mitrovica, il segretario dell'espressione locale del DSS di Kostunica, Marko Jasic, davanti ad una folla di 4,000 persone ha dichiarato che "...i serbi non dovrebbero partecipare alle elezioni se per muoversi in Kossovo devono farlo all'interno dei blindati della KFOR e se vengono ancora assassinati per le strade...se parteciperemo perderemo tutto, non partecipando ci rimarrà almeno qualche speranza...". Jaksic ha poi terminato chiedendo ai politici di Belgrado di spendere un po' più tempo in Kossovo in modo da rendersi conto delle terribili condizioni di vita alle quali è costretta la comunità serba (Tanjung, 13.10). Intanto il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha esortato, dopo un briefing con i responsabili dell'amministrazione internazionale del Kossovo, i leader albanesi a sostenere gli sforzi per garantire la sicurezza e combattere l'estremismo e gli atti terroristici nei confronti delle minoranze e, come ha affermato l'Ambasciatore irlandese Richard Ryan, ad assumersi "la responsabilità di assicurare delle elezioni pacifiche, democratiche ed inclusive".

Croazia: ancora reazioni al filmato sui crimini dell''Operazione Tempesta'

15/10/2001 -  Anonymous User

Non si sono ancora sopite le polemiche riguardanti la proiezione in Croazia i primi giorni di ottobre del documentario di Bozo Knezevic sui crimini croati commessi durante l'operazione Tempesta. Il sociologo Drazen Lalic ha dichiarato che anche lui, come il 75% degli spettatori che quel giorno erano davanti alla televisione, si è sentito corresponsabile per quei crimini. Non tanto in quanto croato ma come persona umana che non è stata in grado di impedire che tali atrocità fossero commesse. E' vergognoso, ha inoltre dichiarato, che persone come Maja Freundlich e Zeljko Olujic continuino a relativizzare su atti criminosi così gravi e documentati (Slobodna Dalmacija, 6.10).
In questi giorni sono state inoltre molte le dichiarazioni di solidarietà al direttore della radiotelevisione croata Mirko Galic ed al direttore della trasmissione durante la quale il documentario è stato trasmesso, Denis Latin. Alle richieste di rimozione e dimissioni fatte dai rappresentanti dell'HDZ hanno risposto con la loro solidarietà il sindacato dei giornalisti, l'Associazione dei giornalisti e il Forum 21 (Vjesnik, 6.10). Drago Pilsel, Presidente del Forum 21, ha dichiarato che le richieste dell'HDZ rappresentano una minaccia all'ordine costituzionale della Croazia e sono contrarie alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo delle Nazioni Unite.

Bosnia-Ervegovina: Jelavic rieletto presidente dell'HDZ

10/10/2001 -  Anonymous User

Ante Jelavic è stato riconfermato presidente del HDZ, il partito nazionalista croato della Bosnia Erzegovina.

Presidente della RS in visita alla comunità serba di Bocinja (FBiH)

04/10/2001 -  Anonymous User

Il Presidente della Republika Srpska, Mladen Ivanic, ha visitato il 21 settembre scorso la comunità serba residente nel villaggio di Bocinja, nella Federazione BiH. Prima della guerra vi vivevano circa 3000 serbi. Fuggiti durante le ostilità ne sono ritornati solo 300 che ora si trovano ad affrontare condizioni di vita difficili. "Solo 21 delle nostre case sono state ricostruite grazie a fondi del Governo olandese" hanno denunciato ad Ivanic. Le altre rimangono distrutte, come distrutta è la scuola elementare locale tant'è che i bambini nel villaggio non stanno frequentando alcuna lezione. Tutto questo con un tasso di disoccupazione molto alto e con pochi investimenti fatti sul settore agricolo, quello dal quale la maggior parte delle famiglie di Bocinja trae i pochi mezzi che garantiscono loro la sussistenza.
Anche la sicurezza di questa piccola comunità è spesso messa a repentaglio e la permanenza di sette famiglie di Mujahedins nel villaggio certo non aiuta ad abbassare le tensioni. Sono stati denunciati infatti più volte attacchi ed intimidazioni da parte di questi ultimi alla minoranza serba.
Ivanic ha però voluto rassicurare i cittadini di Bocinja. "il Governo della Republika Srpska provvederà a finanziare la ricostruzione di 10 case - ha assicurato - e ritornerò il prima possibile, questa volta accompagnato dal primo ministro della Federazione BiH Alija Behmen e da rappresentanti della Croce Rossa Internazionale, per vedere cosa si possa fare per garantirvi maggiori diritti e condizioni migliori di vita".
Il Presidente della RS ha inoltre concordato sulla necessità che, per evitare ulteriori incidenti, le famiglie dei Mujahedins lascino il villaggio (Glas Srpski, 22-23/09).

L'integrazione europea vista dalla Serbia

01/10/2001 -  Anonymous User

Though, in principle, the decision to the dilemma seems quite obvious, since staying out of where all the rest are heading is equal to political suicide and economic disaster, there are still dissenting voices in the country. The recent open clash with most western governments over Kosovo has made some of the population additionally xenophobic. One cannot expect majority of people to get too inspired with the idea of democracy and values common to major western powers (most of which are European) after experiencing cruise missiles and smart bombs as heralds of the very democracy. In view of that fact, an average Serb can be even described as pretty tolerant: here one should remember the words of the American ambassador to Belgrade, Mr. William Montgomery, who recently stated he never actually believed an American would be able to freely walk in the streets of Belgrade so soon after the bombings ended. Since Americans top the list of villains in the eyes of the common folk, then Europeans are in a still better situation. No European, even a German, traditionally (and sometimes unfairly) seen as a long-time enemy of the Serbs, has had any particular problems with the citizens of Serbia, even those most radical ones.

Opinion Polls

Asked whether they believe integrating into Europe would be the best solution for the country, a majority of those taking part in the polls have said yes (the figures reached 91% according to the Markplan marketing agency). However, when asked which country Serbia should turn to as a long-term ally, dissenting voices could be heard. Most elderly people and former regime supporters would pin point Russia, although historians often remind the population here that Russia's affinity to Serbia has long been just a tempting myth of Slavic unity and that this country has never actually sided with Serbs when it was needed most. Out of the EU countries, France is often described as "the biggest disappointment" due to its very active support of the hardline policy against Serbia in the years behind us. As already mentioned, Germany is traditionally seen as an "occupational" force, and its recent active role in support of Slovenia's and then Croatia's independence is also often pointed out. However, some (a minority) believe cooperation with Germany has always been historically productive, and there is a number of intellectuals and, especially businessmen, led by prime minister Djindjic, who have been working on close ties with this country. Italy is seen as much more tolerant of Serbian mischiefs in the previous years, but it is also not considered very influential in key decision making. Finally, smaller EU countries, such as Greece or Portugal are perceived by the population as very friendly, but with no influence whatsoever on major issues in the EU. As for the 'Balkanite integrations', that is the idea that there should be a 'Balkan union' first which would then collectively be integrated into EU one day, most Serbs are skeptical. Apart from the elderly again, who incorrectly view this as a revival of the idea of the former Yugoslavia, most people are wary. Although the common answer on the street is that "no Croat or Slovene would ever agree to any kind of reunion" it seems that this is only a pretext which hides the Serbs' equal reluctance to reunite, even only economically. Economic interests are, however, dominant and there have been numerous visits by businessmen from the neighbouring countries (Croatia included) and initial contacts have been made so far in order to make Balkans a "customs free zone". Not much, but, knowing the situation, a good start.

Parties' Opinions

When asked when they believe Serbia (or Yugoslavia if it remains united) would enter the EU the answers in a last year's poll ranged from optimistic (5-7 years, around 20% of the subjects), through reasonable (about 10 years, 47%) to pessimistic (at least 20 years or more, 33%). Since this research is a bit outdated, it would be fair to connect today's support of the parties and coalitions on the Serbian political scene with the voters' view of European integrations. Socialist Party of the former president Milosevic is said to be supported by around 10% of the voters today. Alongside this party, today's opposition also comprises the hardline Serbian Radicals and the uninfluential Yugoslav Left. Together, they are supported by 16% of the population, most of whom share their well-known views of Serbian foreign policy, described as "cooperation - yes, surrender - no", which implies the notorious North-Korea-like fear of world conspiracy, stern anti-Americanism and the appeal for sovereignty in the 19th century sense of the term.
The results of such a policy are well known, so, luckily, most Serbian voters today see the future of their country in Europe, rather than in Russia, China or India. Among these, around 30% support Democratic Party of Serbia of president Kostunica. This party is seen as moderately nationalistic, and it seems this attitude is still dominant in most Serbs. Its foreign policy program reads "... Serbia must fight for its national and state interests with no confrontation with the world, but without accepting unnecessary concessions which would hinder its national and state interests..." This could be seen as a rigid view, although not hardline - at least open confrontation is to be avoided. But, since DSS's program defines Serbia as a national state, too obvious inclination towards the EU is not to be found in their policy. Democratic party of prime minister Djindjic and its allies in the ruling DOS coalition are today supported by around 15% of the voters (although their real influence in the country is crucial, which is the source of wrangles in DOS every now and then). They are clearly in favour of a new Serbia within the EU: "... The Democratic Party sees the future of the Serbian people and all the citizens of our country only in the European integrations...", its program says. By this they mean economic integration primarily, and this is what younger and more educated Serbian voters favour. Finally, within DOS coalition there are even more radical supporters of this tendency, lead by the Movement for Democratic Serbia, whose president is a former Yugoslav Army general, who believe Serbia should enter Partnership for Peace as soon as possible (incidentally, the Federal Government last days decided to consider applying for this program). In addition, the New Democracy party, a centrist one lead by police minister Dusan Mihajlovic has more than once insisted that Serbia should enter NATO outright - the sooner the better. But this kind of hurry is not seen as either commendable (having in mind the most recent history) or rational (knowing that any country cannot enter NATO just because it wants to right away).

NGOs' Opinions

NGOs in Serbia work on the idea of European integrations as well. Although projects directly aimed at launching Serbia into the EU very soon are practically nonexistent, it would be fair to notice that, in a more general way, the long term goal of all NGO activities in the country today is to make Serbian civil institutions live up to the European standards, and therefore, make the country capable of joining the integrations in the near future. Solving refugee problems, integrating them into the new environment, working on human rights issues (including ethnic minorities, but also women, children, the disabled etc.), organizing schools for democracy and workshops cherishing tolerance - all these activities help the country develop standards long respected in the democratic world.
There are some programs, however, which can more directly be seen as aiming at the integration process. The Committee for Civic Initiative in Nis, an NGO gathering University professors and assistants in humanistic sciences, has launched a couple of projects in this direction. The approach is by definition piecemeal. The program School for Democracy, organized in cooperation with Fund for Open Society, consisted of a series of 52 lectures whose purpose was to introduce basic concepts of a democratic society to the population. 'Politics from A to Z' was a project whose aim was to give basic training to young political party members from the local boards. They were taught dialogue conducting, rhetoric, basic logic and specialized English. A similar project is pending in which young journalists from numerous local TV and radio stations should be trained in the view of changing conditions in society. Modern politicians and journalists are perhaps a key to a near future in which public activities will be conducted in the democratic spirit, and in accordance with the principles and values of the European Union.
However, the most important project currently planned is the School of Social Sciences, where in cooperation with the Faculty of Philosophy in Nis a specific kind of studies, primarily aimed at social science postgraduates, would be introduced. It would comprise compulsory courses in societies in transition (privatisation, reform, political parties, trade unions, civic society, social policy) and multiculturalism (culture, multiculturalism, interculturalism, models of cultural policy in the CEE countries) and some optional courses in the realm of human rights. The idea is that the serious education of young people in the area of values mostly cherished in Europe today would in the long run help the entire country live up to the standards imposed by the EU and thus be accepted one day as a full-fledged member of the European community of nations. This project is still in need of funders.
It seems, finally, that the tendency to develop Serbia in such a way as to make it closer to the European integrations is obvious. It also seems there is a general agreement in the population that this is necessary. However, how this will be done, and how much time and hard work it will take, is still not quite clear.

L'integrazione europea vista dalla Bosnia Erzegovina

01/10/2001 -  Anonymous User

Tra gli eurocrati di Bruxelles c'è una lobby che crede sia meglio per l'Europa favorire l'integrazione dei Balcani, anziché ghettizzarli ai propri margini. E' vero che il Patto di Stabilità non ha ancora fatto granché, ma è incoraggiante già solo il fatto che l'Europa inizi ad occuparsi di questo problema. In Bosnia Erzegovina il pensiero più diffuso riguardo all'integrazione è che sarà un percorso molto lungo e molto lento, e che i paesi balcanici entreranno in Europa come paesi singoli anziché tutti insieme su base regionale. Così la pensa ad esempio Maria Todorovna, nota sociologa bulgara, in un'intervista
rilasciata il 10 agosto scorso a Slobodna Bosna.

Ma la gente comune si augura che non sia proprio così, cioè che la strada per l'Europa sia meno lunga e che si riesca ad entrarci assieme, o per lo meno prima della (attuale) Jugoslavia e non dopo la Croazia. La nuova/vecchia competizione prosegue...

Il Consiglio d'Europa, almeno...

Proprio in questi giorni doveva giungere la risposta alla richiesta della Bosnia di entrare nel Consiglio d'Europa. Ma la persona incaricata di scrivere il rapporto sulle condizioni del paese per l'entrata nel Consiglio d'Europa, Laslo Surjan, non ha potuto partecipare alla riunione del 3 e 4 settembre a Tbilisi. Il suo rapporto perciò è pronto, ma non è ancora stato presentato ai membri
della 'giuria' e sembra addirittura che la decisione definitiva si possa avere solo nel gennaio del 2002. Nel frattempo, tutti i tre presidenti della Bosnia, il Presidente del Consiglio dei Ministri e i Presidenti dei Parlamenti faranno una dichiarazione scritta, nella quale si assumeranno la responsabilità di garantire tutte le condizioni imposte dal Consiglio d'Europa.

A questo proposito sembra che un passaggio molto importante sia stato compiuto pochi giorni fa. Dopo vari tentativi, infatti, il Parlamento ha approvato una nuova legge elettorale, condizione essenziale per potersi candidare al Consiglio d'Europa. Certo, non tutti sono rimasti soddisfatti, alla fine ha vinto il compromesso, ma quello che conta è soprattutto il risultato: l'approvazione della legge elettorale. Questo, per quanto riguarda le istituzioni politiche e il loro impegno.

Cosa ne pensa la gente?

Ma la gente in Bosnia, cosa pensa dell'integrazione? Si interessa soprattutto dei risvolti pratici e
non vede l'ora che cadano le tante barriere ancora esistenti. "Quello che ci disturba sempre di più - dicono i cittadini bosniaci - sono i visti. E' una umiliazione: devi andare a fare la fila per 200 metri, aspettare giorni e giorni, e poi chi sa se te lo danno, il visto. Prima, nel periodo di Tito potevamo viaggiare in tutta l'Europa senza il visto. Oggi ci sentiamo così piccoli!". E poi c'è la rabbia perché, ad esempio, con il passaporto croato si può entrare nei paesi Schengen senza visto, mente con quello bosniaco serve il visto.

La difficoltà di muoversi crea molti altri problemi, anche economici. Gli imprenditori di tutti i paesi entrano in Bosnia Erzegovina senza problemi, mentre un imprenditore bosniaco fatica ad uscire dal paese per realizzare i suoi affari. In questi ultimi mesi, poi, la situazione è peggiorata. I pochi consolati (come quello italiano) che, ancora un paio di mesi fa, non erano così rigorosi, ora lo sono
diventati. "Ti chiedono l'impossibile" si lamentano i cittadini.

Certo, la gente pensa alle cose pratiche. E per questo ci vuole l'Europa: per non essere allo sbando, per non sentirsi isolati. I paesi ex jugoslavi sono stati devastati dalla guerra ed hanno un'economia a terra. Oggi per la gente di qui Europa significa soprattutto benessere, prospettiva, vita normale. E' quello che manca. Ma il viaggio verso l'Europa per i Bosniaci è ancora molto lungo. E non dimenticate il visto, vi prego!

Transizioni post-coloniali e post-socialiste. I Balcani e le integrazioni

01/10/2001 -  Anonymous User

Sunto dell'intervento alla Conferenza "Di-Segnare l'Europa. I Balcani tra integrazione e disintegrazione", Padova 5 maggio 2001.

"Transizione" è una parola che è tornata in uso dopo la caduta del Muro di Berlino, per caratterizzare la cosiddetta transizione post-comunista. Prima di ciò il termine era stato usato per descrivere le transizioni dalla dittatura alla democrazia. Tale parola risulta comunque non ben definita, e di solito ha in sé una certa dose di trionfalismo per la restaurazione del capitalismo occidentale.
Vorrei parlare più dell'integrazione europea all'interno del contesto della globalizzazione, che della sola transizione post-comunista che è veramente un¹espressione limitativa per varie ragioni. Lo è non solo perché il Muro è caduto da entrambe le parti e non solamente da una, ma anche perché la dicotomia della guerra fredda Est-Ovest, Capitalismo-Comunismo, ha ricevuto un colpo e non si può dire che il Comunismo sia fallito da solo: si è rotto l¹intero equilibrio di vasi comunicanti. Il termine ³¹transizione² è limitativo anche perché l¹integrazione dell¹Europa deve essere vista nel quadro più grande della globalizzazione nel suo insieme, sia quella di Davos, sia quella di Porto Algre nel 2001.

Il mio lavoro sul post-colonialismo in alcuni paesi, sulla divisione del subcontinente indiano e sulle divisioni comprate, mi ha convinto che le transizioni post-coloniali assomigliano alle transizioni post-comuniste, o comunque che le difficoltà di sviluppo del Terzo Mondo assomigliano sempre di più a ciò che noi vediamo in alcuni paesi dei Balcani e dell'Europa dell'Est, se non in tutti i paesi dell¹Europa centro-orientale. Possiamo allora imparare qualcosa da quell'esperienza.



Rada Ivekovic - University of Paris-8;

La Croazia dopo l'11 settembre 2001

18/09/2001 -  Anonymous User

Un veloce resoconto del nostro corrispondente da Zagabria sulle reazioni croate all'11 settembre. Sdegno generalizzato e paure per le ricadute economiche negative.