A Belgrado UNMIK ed autorità federali yugoslave raggiungono un accordo per la partecipazione della comunità serba alle elezioni. Tra il malcontento dei partiti albanesi.

07/11/2001 -  Davide Sighele

Lunedì scorso Hans Haekkerup, a capo della missione ONU in Kossovo, era a Belgrado assieme a Neboisa Covic, che, per conto del Governo federale yugoslavo si occupa della "questione Kossovo". Oggetto delle discussione la posizione delle autorità serbe in merito alla partecipazione o meno delle comunità serbo-kossovara alle prossime elezioni politiche in Kossovo, programmate per il 17 novembre. Da parte serba venivano richieste garanzie affinché queste elezioni non fossero un primo passo verso l'indipendenza della regione, i contenuti della risoluzione ONU 1244 (emessa al termine delle ostilità nel 1999) venissero confermati e specificati in chiave autonomista e non indipendentista, l'impegno della comunità internazionale nei confronti del ritorno delle minoranze in Kossovo fosse chiaro ed esplicito. Per non correre il rischio di legittimare, invitando la comunità serba del Kossovo ad andare a votare, il distacco definitivo, che da sostanziale diverrebbe anche formale, della "provincia serba".
L'UNMIK dal canto suo dialoga con le autorità di Belgrado perché non può promuovere un processo verso l'autogoverno ed una progressivo demandare poteri e responsabilità agli abitanti del Kossovo senza che vi sia un perlomeno minimo od apparente rispetto per i diritti fondamentali delle minoranze. E poi oramai la Federazione Jugoslava è un soggetto accettato ed in parte reintegrato nella comunità internazionale e risulta impossibile per tutti continuare rapidi su quell'autostrada (sicuramente non priva di insidie) verso l'indipendenza che i bombardamenti NATO nel 1999 sembravano aver aperto.
Interessante indagare sui contenuti dell'accordo dove non ci si limita a ribadire le previsioni della risoluzione 1244 delle Nazioni Unite ma si va oltre. Innanzitutto affermando che l'UNMIK si impegna ad affrontare in modo deciso le cause delle "giustificate preoccupazioni della comunità serba del Kossovo"; si sancisce poi che nessuna decisione in merito al futuro status del Kossovo potrà essere presa dalle Istituzioni Provvisorie di Autogoverno e che in questo campo l'UNMIK ribadisce i contenuti della risoluzione 1244 dove il Kossovo viene presentato come parte della Federazione Jugoslava; si affronta inoltre il diritto al ritorno e la necessità di garantire efficaci misure di sicurezza a protezione delle minoranze; si affrontano poi anche questioni più specifiche ma non meno rilevanti quali ad esempio la necessità di aumentare il numero di giudici internazionali in modo da sbloccare un sistema giudiziario attualmente non certo esempio di imparzialità; si prevede inoltre che solo partecipando alle elezioni la comunità serba potrà contribuire alla creazione di un Kossovo multietnico.
Da parte albanese l'incontro a Belgrado è stato percepito come un pericoloso rallentare sulla strada dell'indipendenza sulla quale nessun partito albanese, dal più moderato al più estremista, transige. Per questo le reazioni sono state dure. Innanzitutto i leader dei partiti albanesi hanno disertato il giorno successivo all'accordo una riunione del Consiglio amministrativo provvisorio (Iac). Anche Rugova era assente, al suo posto aveva inviato un proprio vice. La maggior parte dei partiti non hanno però ancora formalmente condannato l'intesa. Ha già parlato invece Hashmin Thaqi affermando che "Questo accordo viola la risoluzione 1244 delle Nazioni Unite: tutti devono capire che il Kossovo e' ormai il Kossovo e non tornerà' Kossovo e Metohja'', espressione usata dai serbi per indicare la provincia.

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