Weimar

Nonostante la riuscita della destra radicale, i partiti del blocco democratico dopo le elezioni parlamentari avranno la possibilità di formare il governo e di continuare le riforme interrotte un anno fa.

30/12/2003 -  Željko Cvijanović Belgrado

Il risultato delle elezioni parlamentari anticipate in Serbia ha mostrato che il turbolento blocco dei partiti democratici molto probabilmente si riunirà di nuovo nel futuro governo, altrimenti dovrà a breve andare a nuove elezioni, alle quali gli ultranazionalisti potrebbero guadagnare una maggioranza relativa ancora più convincente.

Il blocco filo-democratico, che comprende quattro partiti - il conservatore Partito democratico della Serbia (DSS, che ha ottenuto 53 seggi sui 250 complessivi del parlamento), il partito principale del governo finora esistente, Partito democratico (DS, con 37 seggi), il riformista G17 Plus (34 seggi) e la coalizione monarchica del Movimento serbo per il rinnovamento (SPO) e Nuova Serbia (NS) che insieme hanno ottenuto 34 seggi - già il giorno dopo le elezioni si è confrontato con le richieste dell'Occidente di formare una coalizione e impedire l'ascesa al potere dell'ultranazionalista Partito radicale serbo (SRS), che ha vinto le elezioni conquistando 81 seggi in parlamento.

Ciò, tuttavia, non sarà facile, tenendo presente che questi partiti, eccetto l'SPO, facevano parte dell'Opposizione democratica della Serbia, DOS, la coalizione che ha sconfitto Slobodan Milošević nel 2000, ma che più tardi si è sciolta a causa di una serie di conflitti reciproci.

Tenendo conto della inimicizia all'interno di questo blocco, la prima mossa dopo le elezioni l'ha fatta Tomislav Nikolić, che alla guida del SRS ha preso il posto Voijslav Šešelj, accusato di crimini di guerra e dalla fine del febbraio scorso rinchiuso all'Aia.
Quindi, Nikolić ha offerto la coalizione a Voijslav Koštunica, leader del DSS, il quale durante la campagna elettorale si è impegnato anche per mostrare la discontinuità verso il regime di Milošević, di cui ha fatto parte anche il Partito radicale, oltre che nei confronti del potere personificato dal DS.

"Il nostro invito al DSS è motivato dal desiderio che la Serbia abbia quanto prima un governo. Forse noi radicali abbiamo tempo per aspettare, ma la Serbia non ce l'ha", ha detto Nikolić.
Egli ha proposto a Koštunica di appoggiarlo come mandatario del nuovo governo.

Benché dal DSS fino a lunedì non sia giunta risposta, cosa che dovrebbe fare fra qualche giorno il Comitato direttivo di questo partito, gli analisti considerano che ci sono poche possibilità che si arrivi ad una coalizione Koštunica-Nikolić.
Perché tale governo si troverebbe sicuramente sotto forte pressione dell'Occidente, non avrebbe una lunga vita, e Koštunica come altri partner di governo rischierebbe che 700.000 suoi elettori alle prossime elezioni si possano dividere tra i radicali e i partiti del blocco democratico.

Un'altra probabile possibilità riguarda la coalizione composta da DSS, DS, G17 Plus e SPO-NS.
Sono pochi, però, quelli che credono che un tale governo possa restituire una certa stabilità sulla scena politica, perché fra i singoli partiti che vi farebbero parte vige l'ipoteca piuttosto pesante dei conflitti reciproci.

Da un lato Koštunica, dopo l'uscita dalla DOS due anni fa, è stato il più esacerbato rivale del governo guidato dal DS e nella campagna elettorale si è dichiarato contrario ad un'alleanza con tale partito.

Allo stesso tempo, il G17 Plus, portando alla luce numerosi scandali di corruzione, secondo il parere di molti ha costretto il governo a indire le elezioni un anno prima della data prevista.

Infine, il nuovo leader del DS Boris Tadić nella campagna ha detto che non verrà presa in considerazione alcuna alleanza con l'SPO.

A causa di tutto ciò la mossa è lasciata a Koštunica, il quale dovrà decidersi per l'alleanza con uno dei due rivali: o con l'ultranazionalista SRS o con il DS.

Ma sembra che anche lui abbia la sua idea: Koštunica, da quanto si può sentire dai circoli del suo partito, è più vicino all'opzione di un governo di minoranza, nel quale ci sarebbero il DSS, il G17 Plus e l'SPO-NS, e che verrebbe appoggiato in parlamento dal DS.

In questo modo riuscirebbe a formare il governo, ma senza entrare in stretta alleanza con uno qualsiasi dei suoi rivali.

Questa idea non è strana nemmeno per il leader del DS Boris Tadić, il quale ha detto che potrebbe "a determinate condizioni" appoggiare un governo di minoranza.

La quarta ed ultima possibilità riguarda la formazione di un governo di unità nazionale, al quale parteciperebbero tutti i partiti in numero proporzionale ai deputati in parlamento.

Il primo test per sapere se il governo sarà formato accadrà non prima di un mese dopo le elezioni, ossia entro il termine previsto per la formazione del nuovo parlamento.

Nel momento dell'elezione del presidente del parlamento e dei suoi consiglieri si vedrà quali sono i partiti che sono riusciti a raggiungere un accordo.

Ma, se un tale accordo dovesse mancare, saranno indette nuove elezioni parlamentari alle quali i radicali potrebbero guadagnare ancora più seggi e danneggiare ancora più seriamente di adesso il blocco democratico.

La maggior parte degli analisti, tuttavia, considera che il governo sarà formato dalla rosa dei partiti democratici, ma che la paura di un radicalismo non li concilierà e solidificherà in modo durevole.

"Il nuovo governo non sarà stabile e difficilmente si occuperà delle importanti questioni statali", afferma l'analista politico Ðorđe Vukadinović.

Tali questioni, che la DOS ha sollevato, ma che non è riuscita a risolvere e che, secondo l'opinione degli analisti, sono foriere di radicalismo, riguardano il Kosovo, i rapporti tra la Serbia e il Montenegro, i rapporti con il Tribunale dell'Aia e la Costituzione della Serbia.

"Se un'eventuale governo democratico dovesse cadere sulle proprie gambe, di nuovo ci sarebbero elezioni anticipate con una destra più forte che mai", afferma l'analista Dušan Pavlović.

A causa di questa minaccia, per definire l'attuale situazione politica in Serbia, tra la maggior parte degli osservatori è entrata in uso l'espressione "il futuro di Weimar".

Per Ðorđe Vukadinović un governo di minoranza o di unità nazionale è meglio di un governo di maggioranza che non va d'accordo, il quale avrà di fronte a sé i fortissimi radicali.

Sembra però che alla Serbia attenda una delle tre ultime possibilità, dove in ogni caso si tratta di una coalizione molto eterogenea.

Nonostante ciò, incoraggia il fatto che i radicali non devono il loro grande successo al grande spostamento di voti del blocco democratico, ma alla divisione dei voti dentro il blocco dei partiti filo-Milošević, di cui sono diventati i leader inattaccabili.

Per questo l'analista Vladimir Goati afferma che non ci sono tanti motivi di preoccuparsi, perché la Serbia è ormai "senza ritorno sulla strada europea" e "ci sono poche probabilità che in quella direzione qualcosa cambi".

"La questione era se queste elezioni potessero significare la grande rivalsa storica di coloro che hanno perso le elezioni del 2000. Secondo tutto ciò di cui siamo a conoscenza adesso, la risposta è chiaramente negativa", afferma Goati.

Sulle elezioni in Serbia vedi anche:

Risultati preliminari delle elezioni in Serbia

Elezioni in Serbia, alcune cifre

La Serbia non ritorna a Milosevic

Elezioni in Serbia: il mese delle promesse


Hai pensato a un abbonamento a OBC Transeuropa? Sosterrai il nostro lavoro e riceverai articoli in anteprima e più contenuti. Abbonati a OBCT!