Bucarest, Romania © Gabriel Pahontu/Shutterstock

Bucarest, Romania © Gabriel Pahontu/Shutterstock

Il recente rapporto del Dipartimento di stato americano evidenzia casi di violazione della libertà di stampa e di espressione in Romania. Nella classifica appena pubblicata da Reporter senza frontiere la Romania è al 49-esimo posto al mondo su 180 paesi

03/05/2024 -  Mihaela Iordache

La libertà di stampa, come è noto, rappresenta uno dei pilastri della democrazia. La libertà di stampa insieme alla libertà di espressione garantiscono infatti l’accesso dei cittadini alle informazioni, agevolando il dibattito pubblico sulle azioni delle istituzioni e dei leader politici. Quando questo pilastro è debole, l’intero sistema ne soffre.

I limiti alla libertà di stampa possono essere imposti dalla censura, dall'interferenza politica, dalle pressioni economiche, nonché dagli abusi all’indirizzo dei giornalisti.

Per ricordare ai governi il loro dovere di rispettare e promuovere la libertà di stampa, ogni anno, il 3 maggio c’è la Giornata mondiale della libertà di stampa, istituita dalle Nazioni Unite nel 1993.

Tuttavia nell’attuale contesto internazionale, fare il giornalista può rivelarsi spesso difficile. I media possono subire pressioni politiche, si possono verificare attacchi ai giornalisti, mentre il trasferimento di fondi pubblici destinati ad alcuni media rimangono oscuri.

Questo accade anche in Romania che nella classifica di Reporter senza frontiere occupa il 49-esimo posto al mondo su 180 paesi per quanto riguarda la libertà della stampa. L’ultimo posto è occupato dalla Corea del Nord.

Eppure la memoria collettiva romena dovrebbe ricordare i tempi del regime comunista, quando la censura e l'assenza di una stampa libera erano le principali caratteristiche imposte ai media. Una stampa con giornalisti marionetta che dovevano scrivere solo quello che il partito passava. Era una stampa di propaganda comunista. In un regime democratico come oggi, la stampa dovrebbe invece essere il cane da guardia della democrazia.

Che in Romania le cose non vadano così bene per la libertà di stampa lo si legge in vari rapporti, tra cui anche nell’ultimo rapporto rilasciato dal Dipartimento di Stato Americano.

Libertà di espressione

Dall’inizio il rapporto ricorda che “la costituzione prevede la libertà di espressione, anche per i membri della stampa e degli altri media”, ma aggiunge che “il governo ha parzialmente rispettato questo diritto”. Inoltre , “le organizzazioni dei media indipendenti hanno notato un'eccessiva politicizzazione dei media, meccanismi di finanziamento corrotti, nonché politiche editoriali subordinate ai partiti politici e agli interessi dei proprietari”.

Il Dipartimento di Stato americano rileva che giornalisti e rappresentanti della società civile hanno affermato che la loro libertà di espressione è stata condizionata dall’accesso limitato, o a pagamento, alle informazioni di pubblico interesse rilasciate dal governo e dalle istituzioni pubbliche, comprese spese, contratti o offerte che coinvolgono fondi pubblici e documenti accademici di funzionari pubblici. Ed è per questo che reporter e ONG hanno spesso dovuto citare in giudizio ministeri, agenzie o enti locali controllati dallo stato per accedere alle informazioni pubbliche.

Pertanto, “alcuni giornalisti in tutto il paese sono stati molestati, denunciati o minacciati dalle autorità su cui indagavano o dai loro rappresentanti”.

Violenza e molestie contro i giornalisti

Il rapporto del Dipartimento di Stato Americano sui diritti dell’uomo in Romania ricorda che il 24 ottobre, la Procura della Corte d’Appello di Bucarest ha chiuso le indagini su presunte molestie, minacce, ricatti e violazioni della privacy subite dalla giornalista investigativa Emilia Șercan.

Șercan ha riferito di aver ricevuto molteplici minacce e tentativi di ricatto dopo aver pubblicato nel 2022 un articolo in cui si accusava l'allora primo ministro Nicolae Ciucă di aver plagiato la propria tesi di dottorato.

Nella sua denuncia, Șercan ha affermato che la polizia incaricata delle indagini ha fatto trapelare ai media sue foto private. Diversi gruppi nazionali e internazionali per la libertà dei media, guidati dal consorzio europeo Media Freedom Rapid Response, hanno sottoscritto una lettera congiunta in cui hanno condannato la decisione della procura e hanno notato diverse mancanze e violazioni procedurali nelle indagini.

Inoltre, la testata online indipendente Hotnews media ha affermato che le molestie contro Emilia Șercan sono state ordinate e forse dirette da rappresentanti del Partito Nazionale Liberale (PNL) al governo.

Hotnews ha affermato che ai membri del PNL è stato ordinato di attaccare la Șercan durante le interviste rilasciate ai media e di insistere sul fatto che volesse "una vendetta politica" e avesse "cattive intenzioni".

A gennaio, due articoli denigratori su Șercan sono stati pubblicati su Facebook e su due siti di notizie. La piattaforma di debunking Misreport ha analizzato i post e ha affermato che erano stati pagati da un'agenzia pubblicitaria, registrata presso l'Autorità elettorale permanente, che aveva contratti con il PNL durante le campagne elettorali del 2020. Șercan ha affermato di essere stata vittima di una ben documentata “campagna diffamatoria orchestrata dal governo”.

Alla voce “Violenza e molestie” nel rapporto USA si legge che “i giornalisti, a causa dei loro servizi, sono stati sottoposti a molestie e intimidazioni da parte delle autorità”.

La giornalista investigativa freelance britannica Crina Boros ha affermato che il personale del ministero dell'Ambiente, delle Acque e delle Foreste l'ha sottoposta a due ore di interrogatorio aggressivo durante una riunione del 18 maggio scorso. Boros stava tentando di documentare le accuse di disboscamento illegale, estrazione mineraria e distruzione dell'habitat.

Nell'ambito della sua indagine, nell'agosto 2022, Boros ha presentato una richiesta di accesso alle informazione per i dati sui permessi di disboscamento e sui taglialegna. La giornalista britannica ha affermato che un partecipante all’incontro ha cercato di farle pressione affinché smettesse di indagare e l’ha accusata di rappresentare “oscuri interessi politici”. L'International Press Institute ha invitato l'allora ministro dell'Ambiente Tánczos Barna a denunciare pubblicamente le azioni del suo staff e a fornire i dati richiesti da Boros.

Il rapporto aggiunge anche il terzo esempio in materia di libertà di stampa e ricorda che la Corte d'Appello di Bucarest ha esaminato il ricorso del gruppo mediatico investigativo Rise Project e del suo giornalista Ionuț Stănescu contro due sentenze emesse nel luglio 2020 e nel marzo 2021 da altri due tribunali che si sono pronunciati a favore di Ramona Mănescu, ex ministro dei Trasporti ed ex ministra degli Affari esteri, nonché membro del Parlamento europeo.

Tra il 2017 e il 2019, Rise Project ha indagato sulle accuse secondo cui conoscenti di Mănescu avrebbero guadagnato illegalmente 31 milioni di euro da transazioni immobiliari, di cui 4 milioni di euro sarebbero andati alla famiglia di Mănescu.

L’ex ministra ha vinto due processi contro Rise Project in cui i giudici hanno ritenuto che i giornalisti non avevano dimostrato il collegamento tra l'ex funzionaria e le rispettive transazioni immobiliari. L'8 giugno 2023 la Corte d'Appello di Bucarest ha respinto le affermazioni di Mănescu secondo cui la testata non dimostrava alcun collegamento con i rispettivi affari immobiliari e ha stabilito che Mănescu doveva pagare ai giornalisti un risarcimento di 8.000 euro e le spese processuali di 18.000 lei (3.600 euro). 

Il rapporto del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti sottolinea che, sebbene il governo abbia adottato misure per punire i funzionari che hanno commesso abusi, in alcuni casi le azioni sono state insufficienti e i colpevoli sono rimasti impuniti. Vengono inoltre menzionati anche numerosi casi di corruzione negli ospedali, nelle dogane e nelle forze di polizia.

 

Questa pubblicazione è stata prodotta nell'ambito del Media Freedom Rapid Response (MFRR), cofinanziato dalla Commissione europea. La responsabilità sui contenuti di questa pubblicazione è di Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa e non riflette in alcun modo l'opinione dell'Unione Europea.

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